Così, in una insolita torrida serata della scorsa primavera berlinese, mentre gli schiamazzi dei miei due marmocchi si stemperavano nelle ponderate parole gentili pronunciate dalla giovane piccola donna di casa preoccupata per la verifica sui congiuntivi della mattina successiva, la discussione quasi spontaneamente prese la direzione di una riflessione sulla natura dei sogni…
Così Elena Agudio, storica dell’arte introduce il progetto curato dai suoi amici artisti Nicola Pellegrini e Ottonella Mocellin, in una primavera berlinese.
Ma ora ci addentriamo, quasi in estate, nella città di Palermo che quest’anno vive il sogno di essere per un anno “capitale della Cultura”. Ci addentriamo in piazza Maggione e ci spostiamo verso l’ingresso del Teatro Garibaldi, in uno stand della collezione “manifesta”, (quattordici-diciassette di giugno)una rassegna di progetti e di interpretazioni dell’essere di questa città, fra il cuore grande di ascendenza arabo-normanna, e il cuore piccolo di una mafia che spara e che induce alla fuga il proprietario della “antica focacceria s. Francesco. In questo stand, ci sono in piedi Riccardo e Filippa, Nicola e Ottonella, insieme ai due personaggi che hanno interpretato nel progetto con cui si sono presentati alla mostra e spiegano al pubblico.
Quella sera di questa appena trascorsa primavera berlinese,riprende Elena Agudio, Ottonella, Nicola ed io ci siamo ritrovati a paragonare la figura del sognatore a quella dell’equilibrista:
Il funambolo.
E continua: Così Ottonella e Nicola mi hanno raccontato della loro collaborazione ultra decennale con Santo Graziano e Peppino Re, due amici ciechi dalla nascita. Con loro Mocellin e Pellegrini da circa 12 anni hanno iniziato una alquanto insolita e interessantemente delicata corrispondenza:
una serie di dialoghi e interviste, un diario che raccoglie i racconti dei sogni fatti dai due amici, la peculiarità di una percezione del mondo fatta di immagini non visive, e la qualità della loro materia onirica.
In che modo i sogni di un cieco dalla nascita possono essere popolati di immagini, dunque?
Blind Walk (La Città Negata) è un percorso che Mocellin e Pellegrini hanno pensato esattamente per accompagnarci in questo tipo di esperienza; un esperimento percettivo, poetico e concettuale per aiutarci ad abbandonare la nostra pregiudiziale conoscenza dello spazio e del mondo.
A Palermo, questi interrogativi hanno ora prodotto un itinerario sonoro in cui i due artisti, dal ginepraio di vissuti esposti da noi hanno tratto un testo che finiscono per interpretare sognando, chissà, un colloquio diretto col cuore, capace di saltare le mediazioni.
Ai visitatori incuriositi i due ragazzi presentano la ipotesi di una scena: un percorso da fare, in cuffia, seguendo una mappa ben delineata, visibile connettendosi con il proprio cellulare con il sito “mocellinpellegrini.net”,ascoltando le voci che ti narrano le vicende di due persone che non hanno avuto la vista. Gli interlocutori ci provano, indossano la cuffia, si collegano al sito per trovare la mappa e il testo e partono. Qualcuno dice, ad occhi chiusi, ma non potrà mai essere vero se non vogliono finire vittime degli ostacoli, e così vanno per ballarò, il vecchio mercato, passano da via torino, scavalcano altre traiettorie del pensionato universitario; intanto le voci gli parlano e prendono il corpo di due vicende difficili, in cui devi costruirti le immagini, che non corrispondono sotto le dita a quelle visive, agli spazi che sono tutti da riconoscere a seconda della durezza del terreno, degli odori o maliodori, dei rumori e delle voci che fanno da sonoro; mentre il mondo ti etichetta diverso e finisce per darti più problemi di quelli che ti risolve, con le sue chiusure, con le sue brutture, con i suoi pregiudizi, rendendoti pesanti da vivere perfino i sentimenti, in particolare quelli più forti di amore.
Il ritorno ti dà persone emozionate, meravigliate, forse sconvolte, un poco incredule, e, vedendo gli attori, e poi i personaggi della recitazione, chiedono precisazioni, chiarimenti, attestati di verità, come se.. fossero stati in sogno… “Santo e Peppino”.
Ma, per noi quattro l’enigma non si scioglie e per farlo ascoltiamo altre voci, altri confronti… E allora chissà… ci viene in mente, ci immaginiamo che queste persone possano aver vissuto uno sgomento indecodificabile… Con quella cuffia inforcata, con quei passi da itinerario, con quelle voci seducenti e persuasive, hanno finito con l’entrare nel mondo dei due protagonisti. Camminando sì, ma seguendo quelle voci, vanno cadendo e spariscono i grandi palazzoni della città, i grandi cartelloni pubblicitari, perfino i cumuli di immondizie sistemati nelle strade, e ti appare un mondo sospeso, nel quale, con fatica, devi trovare la tua strada, col tatto coi piedi, col naso, col cuore. Ti appare un altro mondo, senza il frainteso dei rivestimenti,più intimo ma meno squillante. E poi dalla propria fragilità, terribile, la paura… loro ce l’hanno fatta, e io? Per cui il bisogno di riedificare in fretta . i palazzoni, di risistemare i cartelloni, perfino di riporre alla rinfusa i cumuli di spazzatura.
Ma sarà poi così? Ci interroghiamo sorridenti, in cerca di altre prove. Ma poi ci accorgiamo che sono in fondo suggestioni, e che, al più presto saranno sostituite da altre immagini vere e luccicanti.
Peppino Re