A politici e a confessionali: una ipocrisia tutta italiana, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Come per tutti gli articoli pubblicati nella sezione “Contributi dei lettori”, vale anche per il presente pezzo la regola che si tratta dell’opinione personale dell’autore.

La redazione

 

In tanti Statuti o regolamenti di ONLUS o ONG, si trova la frase: “a politici e a confessionali”. Qualche volta, in modo più attento, ma non meno ipocrita, si scrive: “a partitici e a confessionali”.
Credo che questi due principi siano difficili da sostenere perché si negano da soli.
La “a” privativa è una negazione e non si può affermare un principio che parte da una negazione.
Poi, in una organizzazione sociale che voglia dirsi e essere democratica, ci devono essere regole condivise e questo comporta delle scelte e quindi: scegliere è fare politica.
Facciamo politica quando scegliamo un mezzo di trasporto piuttosto che un altro, quando per cibarci acquistiamo prodotti della filiera corta o di un qualsiasi supermercato.
A chi dice che questo è fare politica ma non essere partitici, rispondo che ogni scelta si può identificare con questa o quella linea di questo o quel partito o questa o quella coalizione.
In una società dove gli ISMI, crescono a dismisura, dovremmo tutti riprenderci il diritto di fare politica e riportare al centro dell’organizzazione sociale i partiti così come li avevano visti i padri costituenti.
Cedere il passo ai burocrati o ai grandi strateghi dell’immagine è stato un grave errore che, purtroppo ha commesso la sinistra o, per meglio dire, certa sinistra.
Il primo errore di questo genere viene da lontano ossia da quando Bassanini realizzò la Legge di riforma degli enti locali.
Ridimensionare le assemblee e dare potere ai tecnici ha creato delle sacche pericolose di potere che non rispondono ai cittadini.
Nel mondo del sociale sia quello legato alle categorie come l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, sia quello legato alle Organizzazioni non governative, si dovrebbe ripartire e avere il coraggio di scegliere una linea politicamente visibile per dare un nuovo impulso alla vita democratica delle organizzazioni, delle comunità, dei comuni e dello Stato.
In questi giorni si nota, sia sul dibattito referendario sia sulla elezione statunitense, che poco contano i contenuti reali e sono convinto che dopo il 5 dicembre, nessuno avrà vinto e nessuno avrà perso.
Coltivo una speranza: l’uomo è custode di grandi risorse e saprà ripartire anche quando avrà raggiunto il livello più basso possibile.
Io credo che più in basso di così non si possa andare e allora mi auguro che vi sia al più presto un moto di orgoglio tutto umano e si riprenda a combattere politicamente e partiticamente.

Massimo Vita