Mi scuso con il presidente Stilla per la parafrasi del suo titolo. Non lo faccio per spregio, anzi lo ringrazio per aver suscitato un problema stuzzicante, anche se partendo da analisi esattamente opposte alle sue.In primis mi permetto di affermare che il parere sullo statuto di un candidato presidente anche di notevole caratura vale esattamente 1 su 280, cioè esattamente quanto quello del più sconosciuto dei delegati. Non si tratta di una macroscopica offesa, si tratta di semplice evidenza della norma statutaria, poiché lo statuto lo approva il congresso e un candidato presidente ha il diritto di esprimere la sua opinione esattamente alla pari con tutti gli altri delegati. Dirò di più. Se per ventura il congresso approvasse uno statuto che non piacesse per nulla al presidente eletto, questi non potrebbe fare altro che attuarlo scrupolosamente, con buona pace delle sue opinioni personali, pena il palese rifiuto di aderire alle prescrizioni statutarie e congressuali, con conseguenze facilmente immaginabili. Se non erro, il candidato Stilla chiama a dimostrazione del suo assunto di una deriva presidenzialista le nuove norme per le elezioni sezionali. Anzi dipinge a tinte fosche il tentativo di mettere un uomo ed una squadra al comando come tradimento della democrazia rappresentativa. Qualche malalingua ha già sbottato che tali osservazioni non risultano ne dai lavori di commissione o di consiglio nazionale, ove pure Stilla era presente. Deploro vivamente questi commenti, perché ritengo del tutto legittimo che il presidente Stilla possa cambiare idea, o farsene una più precisa, lo dica pubblicamente e senza remore, come già accaduto nel 2014 su altro tema .Respingendo quindi tutti i commenti che non portano espressioni razionali, mi affretto a proseguire. Personalmente,1 su 280 anch’io, ritengo positiva la nuova modalità per eleggere il presidente sezionale. Ci lamentiamo da anni della disaffezione che i soci mostrano rispetto alle assemblee sezionali e non si capisce perché renderle più cogenti debba essere un vulnus alla democrazia rappresentativa. Non comprendo infatti cosa possa esserci di più rappresentativo e democratico della possibilità che sia l’intero corpo sezionale a decidere chi dovrà guidarlo. Uomo solo al comando? Dittatore in pectore? Ma il consiglio sezionale non è stato abolito! Anzi, qualora si manifestino tendenze strane è in grado , tramite dimissioni, di mandare a casa dittatorelli e affini. Contrariamente , se permettete, a quanto accaduto fino ad oggi, con lo statuto attuale presentato come campione di tradizione democratica, che per garantire un minimo di ricambio dirigenziale ha dovuto stabilire per norma un limite di 3 mandati. Siamo proprio sicuri che le più che ventennali presidenze sezionali sparse per tutta Italia siano stati chiari esempi di democrazia rappresentativa? Rappresentativa di cosa?. Mi permetto di affermare che in troppi casi si è trattato invece di presidenzialismo reale, di permanenza al vertice ad ogni costo, cioè esattamente un uomo solo al comando con una piccola squadra di emuli, cioè esattamente quel che il presidente Stilla vorrebbe evitarci. Non vi sto raccontando favole. Nomi e città sono nella memoria di tutti noi. Malgrado tutto questo, arrivo a dire che se il congresso non approvasse le nuove procedure non griderei allo scandalo o al tradimento perché ritengo questo tema una parte ridotta dell’intera impalcatura descritta dalla bozza del nuovo statuto. La bozza va però valutata nella sua interezza senza far assurgere un singolo particolare a parametro unico di giudizio. Secondariamente, riprendendo le mie frasi iniziali, aggiungo che non voterò certo un presidente nazionale basandomi sul fatto che sia favorevole o meno alla elezione diretta del presidente sezionale: è materia di congresso non di decisione presidenziale e tutte le opinioni sono quindi ugualmente rispettabili con l’aggiunta che un presidente nazionale dovrà mettere in atto anche le disposizioni che personalmente non gli piacciono. Quel che però mi colpisce particolarmente nell’articolo del presidente Stilla è la palese difesa di alcuni comportamenti che vengono definiti “legittimi”; tra questi sicuramente il più estroso è la legittimità da attribuirsi al fatto che il territorio, leggi regione, desideri inviare in consiglio nazionale “persone di fiducia”. Fiducia di chi? Del presidente regionale, di una maggioranza consiliare? Questa è democrazia rappresentativa? Soprattutto, perché i regionali hanno necessità di avere ciascuno il proprio fiduciario all’interno del consiglio nazionale? Non vi sono già i presidenti come membri di diritto? Per caso qualche presidente regionale ha la convinzione che se non riesce a portare in consiglio nazionale un certo numero di fiduciari la sua regione sarà penalizzata rispetto alle altre? O magari qualcuno è convinto che avendo suoi rappresentanti diretti in consiglio sia possibile avere qualche rappresentante di propria fiducia in direzione, permettendo così di indicare propri conterranei alla direzione di questo o quello, pena il voto contrario a provvedimenti proposti da altri. Democrazia rappresentativa anche questa o spartizione correntizia degli organi direttivi e degli enti collegati?Ma tutte queste sono solo mere ipotesi vero? Nella tradizione democratica garantita dallo statuto vigente non è mai accaduto nulla di simile, vero? Sulle altre “legittimità” pretese non mi soffermo neppure, perché delineano sinceramente un quadro ove è facilissimo trovarsi davanti ad un pantano di accordi, consorterie, mercatini, che possono accadere o non accadere, ma che il presidente Stilla non può ignorare e che troppo spesso affiancano le legittime ricerche di voti senza che nessuno faccia nulla per contrastarle. Dimenticavo! Tra i comportamenti legittimi mi piacerebbe sapere se si inseriscono anche la distribuzioni di 12 tipi di tredicine diverse da votare per delegazioni, al solo scopo di eludere la norma statutaria che salvaguardia le minoranze nel consiglio nazionale. Nel 2010 al congresso era presente anche il presidente Stilla e mi auguro che in omaggio alla democrazia rappresentativa non abbia distribuito quei foglietti. Mi chiedo e vi chiedo: è questa la tradizione democratica che dobbiamo salvaguardare per non essere sommersi da “un uomo e una squadra”, magari dichiarate apertamente, trasparentemente dotate di un programma esposto preventivamente al Congresso? Questa credo sia la sfida vera. La tradizione democratica contrapposta al presidenzialismo UICI l’ha superata decenni fa, facendo troppo spesso vincere talora una forma di presidenzialismo come attaccamento al potere, tal’altra una democrazia dichiarata assoluta e poi negata nei comportamenti. Non facciamoci intrappolare da generiche affermazioni di filosofia politica, guardiamo ai fatti. Tutti, possibilmente.
Giovanni Taverna
Democrazia fittizia e presidenzialismo reale, di Giovanni Taverna
Autore: Giovanni Taverna