Napoli: 2 glorie della storia dei ciechi napoletani e, più in generale, di gran parte del sud, l’istituto Martuscelli e l’Istituto Colosimo, sia pure in situazioni diverse sul piano giuridico e per prestazioni di servizi, vivono un momento di profondissimo disagio e, in generale, sono in crisi di identità.
Si tende, oggi, ad attribuire le colpe alle battaglie fatte per l’integrazione scolastica dei ciechi nelle scuole di tutti, alle leggi sullo scioglimento degli enti inutili con i relativi passaggi di questi ultimi ai comuni e alle regioni: ma è proprio vero che tali trasformazioni, avvenute in un contesto sociale e politico in cui fortissime erano le lotte per i diritti, contenessero implicitamente i presupposti per la decadenza di queste importanti e prestigiose strutture? Che cosa ha impedito, ad esempio, al Martuscelli, dotato di insegnanti altamente qualificati negli anni precedenti e successivi alla legge 517, di mantenere, insieme alla scuola dell’obbligo interna, di aprirsi all’intero territorio ed offrirsi come polo di formazione ed aggiornamento degli insegnanti di sostegno, del personale ausiliario e tecnico operante in tutte le scuole della Campania? Perché mai una struttura così bella, ricca di spazi interni ed esterni, così attrezzata in termini di patrimonio librario e tiflodidattico, di palestre, di attrezzature musicali, e, successivamente, di laboratori informatici, non avrebbe potuto diventare un centro polifunzionale di ricerca, di promozione culturale, sociale, educativa e riabilitativa per le disabilità non solo visiva? e allora non sarebbe più corretto chiederci:
cosa abbiamo prodotto tutti noi, impegnati a vario titolo nell’Uici, nella società civile, per bloccare il processo degenerativo del Martuscelli?
Se gli amministratori hanno voluto privilegiare il principio della sopravvivenza con il metodo del tirare a campare, del carpe diem, dell’uso, quantomeno allegro e spigliato delle risorse pubbliche e del patrimonio privato, tutti i nostri rappresentanti, cui competeva vigilare e difendere i diritti dell’utenza, dove, quando e come hanno coinvolto esplicitamente il corpo dell’associazione, e cioè i soci?
Adesso c’è il commissario inviato dal ministero dell’istruzione e auspico che sia fatta chiarezza sulle responsabilità e sia intrapresa una strada per offrire nuove opportunità all’istituto; intanto sarebbe, a mio avviso, indispensabile che l’Uici, a livello nazionale, creasse un gruppo di esperti, costituito da persone già operative in istituti esistenti e in salute e di amministratori per costruire una griglia di servizi standard di base cui queste istituzioni destinate a migliorare la vita dei ciechi ed ipovedenti in ogni campo, debbano attenersi. è ovvio che gli standard vadano tarati sui bisogni emergenti dai vari e diversi contesti, così come è altrettanto evidente che vanno anche garantiti margini di autonomia progettuale.
So che siamo in estate, che da settembre la maggiore concentrazione di energie confluirà sull’imminente congresso, ma credo che nulla più di ben augurante per la scadenza congressuale possa esserci, che far coincidere attività per costruire supporti ai ciechi ed ipovedenti e scadenze di politica associativa.
Mi riservo di fare qualche diversa considerazione sull’importanza del Colosimo che, comunque, è ancora un punto di riferimento per ragazzi ed adulti ciechi ed ipovedenti, ma che, comunque, merita attenzione e interventi di valorizzazione.
Silvana Piscopo
Istituti per ciechi: considerazioni e qualche proposta, di Silvana Piscopo
Autore: Silvana Piscopo