In tema di riparto di giurisdizione, il dibattito intorno al riconoscimento o meno di un diritto soggettivo (con conseguente pronuncia a favore della giurisdizione del giudice ordinario) oppure di un interesse legittimo del minore disabile in tema di sostegno scolastico (con giurisdizione affidata al giudice amministrativo) è sempre ancora attuale.
In merito segnaliamo la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 25011/2014 del 25 novembre 2014 che, non è solo pregevole per la forma espositiva e la tecnica motivazionale, ma è molto importante e condivisibile nel merito, in quanto ha stabilito che spetta al giudice ordinario la giurisdizione sull’assistenza del minore disabile a scuola, perché il diritto all’istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione della persona umana con disabilità.
La sentenza arriva dopo che un genitore ha presentato ricorso contro le amministrazioni statali e comunali, che avevano assegnato al figlio minore, affetto da handicap grave certificato dalle competenti commissioni mediche ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992, 15 ore di Aec, non garantendo il rapporto di 1 a 1, un numero di ore non equivalenti all’intero orario di frequenza.
La Corte regolatrice della giurisdizione, dopo un excursus sulla normativa vigente nazionale e internazionale in materia, argomenta partendo dalla legge 1° marzo 2006, n. 67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), che nel promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali, traccia all’articolo 2 una rilevante distinzione tra due possibili forme di violazione di tale parità (la discriminazione diretta e la discriminazione indiretta), e, all’articolo 3, affida al giudice ordinario la competenza giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti discriminatori, richiamando le nuove norme sulla tutela antidiscriminatoria previste dall’articolo 28 del Dlgs n. 150/2011.
La stessa Corte ha altresì richiamato quanto già disposto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 215 del 1987, in cui è chiarito che la frequenza scolastica è, «insieme alle pratiche di cura e riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia», «un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull’altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalità».
Pertanto, una volta che l’istituto scolastico abbia adottato un piano educativo individualizzato o uno strumento equipollente, non c’è alcuna discrezionalità da parte dell’amministrazione nell’assegnare le ore di sostegno, che debbono essere comunque assicurate in misura pari al piano educativo già deliberato.
La Corte di Cassazione (Sentenza n. 25011/2014 del 25 novembre 2014, delle Sezioni Riunite) ha chiarito che questa materia non attiene alla mera erogazione di un servizio pubblico (riservata al giudice amministrativo) ma è parte integrante del riconoscimento dei diritti della persona, e della garanzia che ai disabili sia garantita l’inclusione sociale.
L’Amministrazione dunque non ha margini di discrezionalità nel modificare l’attribuzione delle ore di Sostegno scolastico quale è stabilita, dal “Gruppo di lavoro per l’integrazione degli handicappati”, con il Piano Educativo Individualizzato. Dunque in tale materia, non esiste la giurisdizione esclusiva (in materia di servizi pubblici) del giudice amministrativo.
Il piano educativo individualizzato per il sostegno scolastico dell’alunno in situazione di handicap, una volta elaborato con il concorso degli insegnanti e degli operatori della sanità pubblica, comporta l’obbligo dell’amministrazione scolastica – priva di potere discrezione a rimodulare la misura del supporto integrativo in ragione della scarsità di risorse disponibili per il servizio – di apprestare gli interventi corrispondenti alle esigenze rilevate.
Le problematiche economiche, quindi, non possono legittimare l’omissione o l’insufficienza della misura del supporto integrativo che è lesiva del diritto dell’alunno disabile ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, determinando – in assenza di una corrispondente contrazione dell’offerta formativa per gli altri allievi – una discriminazione indiretta, per la cui repressione è comunque competente il giudice ordinario.