STEAM e Coding inclusivi? Il pensiero computazione nell’educazione? Iniziamo a parlarne?
Gli interrogativi che si presentano nel momento in cui si lavora con interesse e passione e con la volontà di potersi contaminare con più saperi sono alla base di questa nota di riflessione comune. Sono temi inerenti all’educazione delle persone in età pediatrica e specificatamente a coloro che presentano una disabilità visiva, che mi appassionano e sulle quali mi farebbe piacere aprire un polo di interesse.
I risultati delle azioni che ho intrapreso sono sicuramente molto positivi, trasversali e ricchi di momenti inclusivi, altra spinta a condividere qui alcune possibilità operative future considerando la costante implementazione scolastica di queste tematiche didattiche.
Solo per fare un pochino di chiarezza, come sicuramente saprete, con STEAM, acronimo di Science, Techology, Engineering, Art, Mathematics, si intende un metodo di apprendimento interdisciplinare sviluppato dal 2000 negli Stati Uniti con l’obiettivo di avvicinare gli studenti di ogni provenienza sociale alle discipline matematiche e scientifiche.
Il Coding agisce nella formazione del pensiero computazionale, ovvero la costruzione di un approccio analitico e di problem-solving alle situazioni reali, simili a quelli utilizzati nella programmazione. Questo tipo di pensiero si concentra sulla capacità di scomporre un problema complesso in passaggi più piccoli, identificare schemi e sviluppare algoritmi per risolvere situazioni in modo efficiente.
Come è noto sono in costante espansione, vista anche la bontà del metodo e la attualità dei risultati ottenuti, diverse attività sull’allenamento del pensiero computazionale e sulla facilitazione dei processi di apprendimento delle materie scientifiche. Anche in relazione all’aumento preoccupante del “vuoto di pensiero come pericolo sociale” e anche come avviamento a “mestieri che ancora non esistono”.
Proprio per questo durante l’estate del 2023 all’interno di un soggiorno estivo gestito dall’IRIFOR regionale Emilia Romagna e condotto dall’Istituto F. Cavazza di Bologna abbiamo potuto giocare e sperimentare alcune di queste attività con ragazze e ragazzi in età evolutiva adolescenziale.
In questa estate 2024 all’interno di un progetto IRIFOR Nazionale “GESTI (Gioco E Sperimento Tutto Insieme) per crescere 2024″ sviluppato dall’IRIFOR Toscana e dal Centro di Consulenza Tiflodidattica “A. Quatraro” di Firenze, dal titolo “Movimentati!” abbiamo giocato anche con bambine e bambini, e anche con i loro genitori.
Le proposte didattiche tipiche delle STEAM e del Coding possono fornire risposte educative preziose nelle situazioni di disabilità visiva. Presentano una buona accessibilità e possono essere decisamente inclusive, consentendo una preparazione per il futuro. Imparare a programmare è una competenza chiave nel mondo moderno, garantendo alle bambine e ai bambini ciechi e ipovedenti opportunità future nell’informatica e nelle tecnologie. Arrivando a garantire la possibilità di fare parte di comunità online di programmatori ciechi e ipovedenti che offrono supporto e risorse per l’apprendimento.
Le attività del Coding e legate alle STEAM possono influenzare positivamente lo sviluppo delle life skills (competenze per la vita) in vari modi. Possiamo aumentare le capacità nella risoluzione di problemi nella vita quotidiana; incentivare un pensiero critico aumentando anche la creatività per pensare in modo innovativo e trovare approcci creativi alle situazioni. La persistenza che richiede pazienza e perseveranza, può risultare utile nella collaborazione necessaria nei lavori in team e nelle abilità sociali.
Incentivare le abilità tecnologiche, utilizzando la tecnologia legata a compiti quotidiani tende a rafforzare le autonomie aumentando il senso e la ricerca dell’indipendenza.
Ma oltre a quanto esposto come possibili obiettivi e vantaggi, rimane da sottolineare fortemente l’ottima possibilità che questa formazione didattica offre; ovvero l’estrema versatilità ad una somministrazione ludica delle proposte.
Non solo il tutto viene lanciato come un gioco ma anche, analizzando i report delle domande rivolte alle ragazze e ai ragazzi, la percezione di quello che si è vissuto risulta essere “solo” un momento ludico. E ovviamente questo, oltre a farci estremamente piacere, rinforza una serie di considerazioni sull’apprendimento decisamente assodate.
Alla luce di quanto sopra esposto avrei piacere, se qualcuno dei lettori lo ritiene interessante e opportuno, avere uno scambio di pareri, un piccolo pacato dibattito e scambio di esperienze su questi temi che immagino appassionino chi si occupa di educazione in generale e in particolare di quella delle persone con disabilità visiva in età evolutiva.