La nostra associazione ha contribuito fattivamente a creare la cultura dell’accessibilità per i non vedenti, stimolando studi e promuovendo i percorsi tattili, che peraltro non sono la panacea delle B. A.
Interpretare la normativa e le leggi e i regolamenti attuativi, in modo corretto ed equilibrato, è dovere etico del nostro Ente, per non scaricare sul progettista tutta la responsabilità di possibili mancanze, in un campo in cui solo le persone che hanno esperienza della disabilità visiva, possono fornire adeguati consigli. Le regole tecniche sono più chiare in ambiti di b. a. legate a disabilità motorie.
Nessuno può ridarci la vista, anche progettando al meglio delle conoscenze e pratiche attuali.
L’autonomia anche da parte di persone anziane e non solo giovani o in età lavorativa, è una conquista che si ottiene in primo luogo attraverso percorsi complessi, di motivazioni personali, dipende dal tipo di cecità e patologia e ipovisione.
Tanto per fare un esempio nel caso di alcune degenerazioni retiniche, l’eccessiva illuminazione è deleteria, come per altri tipi lo è il contrario.
Il progettista deve essere e diventare un alleato dei cittadini non vedenti, non sentirsi responsabile della loro patologia.
Gli accorgimenti richiamati genericamente dalla norma, per rendere accessibile un luogo, sono svariati e spesso non sono facili da capire per i tecnici, in quanto non esiste una formazione costante e a livello pre laurea.
La nostra esperienza, unita alla competenza dei tecnici, la nostra responsabilità nel fare applicare in modo ragionevole le normative, la responsabilità dei tecnici di fare il possibile per avvicinarsi ad un risultato soddisfacente e ottimale, sono obiettivi che si possono e debbono raggiungere con il tempo.
Già ora molti uffici, responsabili della realizzazione di molte infrastrutture hanno al loro interno le competenze tecniche per rendere un buon servizio ai viaggiatori e fruitori non vedenti.
I costi di queste politiche di accessibilità, non sempre riescono ad essere coperti da fonti di denaro pubblico sicuri, che vengono utilizzati per emergenze, equilibri di bilancio imposti da regole di contenimento del debito. ecc.
Il privato inoltre deve ottemperare a numerose incombenze e rispetto delle norme, ed è importante far capire quando e se conviene spendere soldi e come spenderli sulle barriere senso percettive.
La mera declinazione standard di regole che valgono sempre e comunque non conviene a nessuno, spesso crea “cattedrali nel deserto” ove un cieco assoluto non si avventurerebbe mai da solo, in nome di una autonomia di tipo formale e nominale doverosamente esplicitata dalla legge, d’altronde non è possibile che una norma non estenda la propria virtuale e ideale influenza in tutti i luoghi previsti dalla vita umana.
Ma sappiamo, in primis noi ciechi e ipovedenti, che non è possibile ragionare in termini assoluti, un po’ come pretendere un ospedale ad ogni angolo di strada.
Insomma, stazioni, metropolitane, banchine delle linee di trasporto, ospedali e altre strutture, un minimo di segnali che avvisino del pericolo durante gli attraversamenti è doveroso pretenderlo.
Ma in altri ambiti bisogna puntare sulla formazione e l’assistenza, come prassi di accessibilità, al pari di un percorso tattile a terra.
L’interpretazione barocca e fuorviante della norma, brandire sentenze di fatti gravi e incresciosi, ancorché fortunatamente rari, non è una prassi saggia.
Se un cieco si fa male per mancanza di accorgimenti, teoricamente non dovrebbe più uscire di casa.
Abbiamo la responsabilità di guidare con razionalità e con una corretta comunicazione, cosa che peraltro avviene già da anni, i Comuni e i privati ad acquisire sempre di più nozioni di accessibilità, ne è uno dei tanti esempi un corso organizzato dal Consiglio regionale del Piemonte dell’UICI, in collaborazione con l’Ancip.
Questo ha prodotto sul territorio piemontese più consapevolezza e contatto, e richieste di consulenza da parte nostra, in occasione di riqualificazioni e progetti.
Il puzzle dell’autonomia non si ottiene solo con percorsi tattili, si ottiene con corsi di orientamento, l’uso del bastone bianco in modo corretto, la presa in carico in caso di ciechi dalla nascita, di prassi precoci di motricità e competenze spaziali.
Trasmettere competenze sul mondo materiale e urbano che consentano l’utilizzo delle guide naturali peculiari sul territorio di residenza, fornire risorse e competenze per riconoscere pericoli e fonti di pericolo, indipendentemente dai percorsi tattili.
I percorsi tattili, come le mappe e targhette braille, sono elementi importanti, ma che fanno parte, appunto, di un puzzle ampio e non sempre scontato, che nessun artificio può, fine a se stesso, rendere veramente autonoma una persona cieca.
Molte persone affette da maculopatia, vogliono diventare autonome, e le risorse da mettere in campo per queste persone sono tante e complesse.
Illudersi che gli accorgimenti siano l’unica ancora di orientamento è scorretto e pericoloso.
Spesso, dipende dalle città e dalle stagioni, le foglie secche, la pioggia che crea allagamenti, vento, la neve, lavori in corso, peculiari condizioni urbanistiche, rendono difficoltoso l’incedere della persona disabile visiva, ostruiscono i percorsi tattili a terra. La cosa più importante è investire, tra le altre cose, in corsi di orientamento e mobilità più moderni e attuali, creando operatori preparati.
L’autonomia è sempre mediata dai percorsi, dalla conoscenza pregressa che nessuna mappa potrà mai sostituire, dalle guide naturali, dalla familiarità, dal saper accettare e chiedere aiuto, sia in modo pianificato, che spontaneo.
Non dobbiamo mai negare a noi stessi che siamo e ciechi e ipovedenti, non siamo super eroi come Dark Devil.
Ciò non ci deve far sentire né umiliati né prigionieri della nostra limitazione, ma ci deve far sempre essere realistici, per una vera autonomia, non dettata da falsi miraggi.
La nostra esperienza unita ad una sana e salda alleanza con chi ha competenze professionali sui temi a noi cari è l’unico traguardo possibile, che si raggiunge non solo con una pista tattile, ma con intelligenza e realismo.
Un punto che deve far riflettere è l’utilizzo di sistemi di orientamento, costosi, complessi, quasi elitari, come bastoni bianchi pesanti e passibili di scarsa precisione, potrebbero rendere cattivo servizio all’autonomia, svariati prototipi in varie nazioni, compresa la nostra, sono in commercio o in comodato d’uso, ma non sembrano affatto convincenti.
Sistemi semplici, applicabili a ciò che si utilizza quotidianamente, può e deve essere utilizzato, ma non deve sostituire l’essere umano e la sua libertà di movimento, legata all’esperienza dell’ambiente e all’istinto e al corretto uso dei sensi vicarianti.
Intasare i canali di comunicazione, come udito, tatto, imponendo una concentrazione multi tasking non è auspicabile.
Armature tecnologiche troppo complesse e costose, allontanano dagli obiettivi sopra esposti.
La libertà di scelta è indispensabile per poter fruire della tecnologia, a costi accettabili, una prerogativa individuale, che può diventare patrimonio collettivo, con il tempo; tale prerogativa non è delegabile a nessuna norma.
L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ha una grande responsabilità in questi ambiti ed intende esercitarla, senza dogmatismi e senza concedere monopoli.
I percorsi tattili a terra con i sei codici, peraltro validi solo in Italia, in Europa si utilizzano solo due codici, sono accettati da tempo anche dopo gli opportuni miglioramenti.
Ma sono un piccolo sia pur importante, pezzo del mosaico che porta all’autonomia vera e all’esercizio della nostra libertà. La visione progettuale su questi temi cruciali deve affondare le sue radici nella sostenibilità e ragionevolezza, come giustamente richiama la Convenzione Onu sui diritti delle persone Disabili.
Sergio Prelato