Si parla spesso di “persone con particolari necessità”, con questo non si vuole intendere particolari necessità di comunicazione, bensì necessità di speciali mezzi, strumentazioni, servizi e conoscenze per colmare i normali bisogni di comunicazione tra strutture che tutelino le persone.
Il nostro tempo si sta delineando sempre più come il tempo della comunicazione globale: le risorse tecnologiche a disposizione sembrano azzerare i limiti tradizionali delle attività umane.
E’ assolutamente necessario, però, che i vantaggi arrivino a tutti e che tutti possano usufruire dell’abbattimento di tali barriere, e affinché ciò si verifichi occorre uno sforzo di carattere culturale che riconosca pari opportunità per tutti.
E’ dunque necessario definire, in termini operativi, il rapporto tra alcuni tipi di svantaggi ed il possibile aiuto che può derivare da opportuni ausili e azioni, al fine che tutti possano essere raggiunti dall’informazione e dalla formazione. In tal senso vale la pena ricordare il concetto di svantaggio.
Uno svantaggio insorge qualora la disabilità interferisca nelle aspettative della persona condizionando qualche aspetto della vita quotidiana. Nella prevenzione degli svantaggi conseguenti all’anzianità od alla disabilità visiva nel nostro caso, concorrono in modo determinante due fattori esterni:
il miglioramento dell’accessibilità alla cultura della sicurezza e della protezione civile e dell’informazione, tenendo conto delle esigenze imposte dalla disabilità;
l’adozione di appositi strumenti, detti di transcodifica, come la formazione e la conoscenza, che sono concepiti per consentire alla persona che non vede o che vede poco di fare ciò che altrimenti non potrebbe, o di farlo con minore sforzo o dispendio di energia, oppure di farlo in modo più immediato o psicologicamente più accettabile.
Entrambi i fattori offrono un contributo determinante al recupero dell’autonomia intesa come capacità di svolgere attività corrispondenti alle proprie aspettative, aumentando la propria libertà decisionale.
Di conseguenza avendo una chiara conoscenza dei gradi di limitazione funzionale, e quindi delle patologie ad essi riconducibili, occorre esaminare le azioni richieste per gestire determinati azioni in casi di trasformazione del territorio in caso di calamità per la sicurezza individuale.
Gli strumenti di formazione e di nuove ricerche nel settore della protezione civile sono
fondamentali al raggiungimento di due aspetti dell’autonomia personale:
1. la comunicazione tramite la formazione, ossia la possibilità di recepire da altre fonti di informazione;
2. il controllo dei propri strumenti di conoscenza culturale, ossia la possibilità di gestire in base alle proprie decisioni i mezzi d’informazione che occorrono per svolgere determinate attività e per utilizzare il tempo in modo corrispondente alle proprie azioni.
Spesso non è possibile operare una divisione rigida tra i sistemi d’informazione e di comunicazione: in molti casi le due funzioni si integrano ed in ogni caso l’approccio alla conoscenza è identico.
Mettere un soggetto svantaggiato in condizione di integrarsi nella realtà sociale trasformata da una calamità significa non soltanto contrastare una situazione negativa in atto, ma evitare il suo incremento.
Abilitare significa eliminare barriere, semplificare procedure, facilitare, porre il soggetto, con tutti i suoi esiti minorativi, in condizione di espletare un compito che le sue sole forze non saprebbero condurre a termine.
Abilitare non equivale a guarire: la situazione resta qual è ma i suoi deficit possono essere, più o meno brillantemente, aggirati e così superati.
In questo campo della protezione civile per persone con difficoltà qualcosa è già stato fatto ed ancora più verrà realizzato: si tratta infatti di una questione puramente di ricerca ed un sistema di formazione globale che offre, la presenza di un numero cospicuo di questi strumenti conoscitivi.
E’ evidente che, in questo caso non si tratta di “abilitare”, ma bensì di “riabilitare”, ossia di modificare la linea di sviluppo attivando certe competenze da un lato ed evitando la cascata di conseguenze negative dall’altro.
Per questo motivo l’I.Ri.Fo.R. Nazionale ha creduto e puntato sulla ricerca e sulla conoscenza di nuove prassi con il progetto di Protezione civile “Noi e 2.0 e la protezione civile e la natura interattiva” al fine che tali studi e ricerche diventino strumenti attivi per la protezione delle persone che non vedono, dove la loro sicurezza e la loro persona sono tutelati nella piena autonomia e le strutture pubbliche abbiano la conoscenza di buone prassi in un mondo sempre più globalizzato e al passo del nostro tempo.
Irifor – Non c’è più tempo, di Giuseppe Bilotti
Autore: Giuseppe Bilotti