Il campo estivo dell’I.Ri.Fo.R. di Siena quest’anno aveva come titolo “Teatrando”. Era fine maggio, quando ho condiviso con poca convinzione insieme al gruppo degli operatori, l’idea di mettere in scena un adattamento del Mago di Oz. Dalla proposta della storia è iniziato un fermento, il quale è andato al di là di qualsiasi previsione di buona collaborazione: fin da subito sono state condivise idee, cercati e ritoccati possibili copioni, finché giunti a pochi giorni dall’inizio del campo, ci siamo messi intorno ad un tavolo ed abbiamo tirato fuori il testo definitivo. È nato così un nuovo copione, aderente alla vicenda originale descritta nel libro di Baum e nel film di Fleming, ma con qualche battuta buffa in più, legata a vini toscani, alla cecità, a cartelli che non si riescono a leggere, ad un tiflomago in nome del quale si assegnano addirittura lauree in “pensierologia”.
Poi il campo è iniziato sul serio, dal solito cerchio della condivisione delle aspettative, si è fatto spazio l’annuncio dell’obiettivo finale dei giorni insieme, la realizzazione della recita del Mago di Oz. Sono state assegnate le parti, con qualche perplessità per alcuni e molto entusiasmo per altri, neanche fosse un cast di Holliwood. Martina è stata la nostra Dorothy, come zii ha avuto Rino e Pia. Una volta atterrata nel regno di Oz, Martina-Dorothy ha incontrato la strega buona Glinda Lucia e la strega cattiva Kushi, quindi è stata la volta di conoscere lo spaventapasseri Alessandro, il leone Enrico, l’uomo di latta Federico, fino ad arrivare alla città di Smeraldo, dove ad accogliere la truppa c’erano addirittura tre custodi, Giacomo, Andrea e Roberta, i quali, dopo qualche resistenza vinta, hanno condotto i visitatori al cospetto del misterioso Massimo mago di Oz.
Dopo una prima lettura del copione tutti insieme, è giunto il momento di dividerci i compiti: chi aiuta a provare e suggerire le parti, chi si dedica alle scenografie, scegliendo materiali e colori. Con l’immaginazione si comincia a vestire ogni personaggio, prima di prepararlo l’ultimo giorno con l’abbigliamento accuratamente scelto, a pochi minuti dall’inizio della recita. Passato il primo entusiasmo, si affacciano anche le difficoltà: in certi momenti si respira la fatica delle prove, la stanchezza di chi suggerisce e di chi non si ricorda, di chi sbaglia, di chi ha fretta e non aspetta il suo turno, la noia di chi deve disegnare i dettagli della foresta, del castello. A conclusione di ogni giornata però, risuona e si diffonde la leggerezza delle note di “Oltre l’arcobaleno”, colonna sonora adattata per l’occasione e cantata sempre di più, anche da chi all’inizio non la conosceva. Con questa melodia in testa, accennata quasi inconsapevolmente già dal mattino quando ci si riuniva, è iniziata la memorizzazione sempre più sicura delle parti. Nel frattempo si è colorato il castello del mago e il cielo con un meraviglioso arcobaleno, una passata decorata è diventata la criniera del leone e cartoni rivestiti di carta stagnola hanno circondato l’omino di latta. Ecco anche la paglia per imbottire lo spaventapasseri ed una scopa per la strega cattiva, fino ad un morbidissimo cane di peluche ad interpretare Toto, l’inseparabile amico della protagonista Dorothy e un paio di immancabili scarpette rosse piene di magia. Ogni giorno qualcuno portava o costruiva un pezzettino, per completare costumi ed ambienti del favoloso regno di Oz.
Con l’emozione di ogni prima volta, è giunto il momento dello spettacolo. Ci lasciavamo alle spalle una prova generale del giorno prima fatta in presenza dell’assessore alle politiche sociali del comune di Siena venuta con diverse incertezze, quando il sipario si è socchiuso ed è partito il nostro Mago di Oz. La narrazione della storia introduce la prima scena, che finisce in un attimo, lasciando il palco a laboriosi cambi di oggetti e scenografia e alle disposizioni più attente da fare, per chi tra gli attori non può salire e muoversi con l’aiuto degli occhi e delle sue gambe, ma ci deve essere con la forza della voce e dell’interpretazione più emozionante e partecipata. Tra chiusure ed aperture del sipario si sono quindi srotolate le otto scene, sfondo costante della storia era la sintonia e la sicurezza di chi provava insieme da giorni. Con molta semplicità abbiamo voluto mostrare come uno spaventapasseri può scoprirsi pieno di ingegno, un uomo di latta con un cuore grandissimo, un leone che non credeva di averlo ricco di coraggio, perché la magia è credere in se stessi. E allora anche un mago un po’ imbroglione si può perdonare e può farci capire attraverso la voce della piccola Dorothy, che nelle nostre radici, nel tornare a casa c’è sempre una gioia nascosta ed una forza da attingere. Quella forza che ci fa volare, come ha cantato tutto il coro degli attori nel finale oltre l’arcobaleno, dove le mie difficoltà non saranno più nulla e dove i sogni si realizzano con il lavoro di squadra, quella del campo estivo UICI Siena di quest’anno. Una squadra unita che a me che non posso più vederlo, l’arcobaleno l’ha fatto toccare e decorato di ricordi dolcissimi, di canzoni e poesie scritte appositamente dal nostro presidente. Così la nostalgia, che pure resta, di non poterne apprezzare i colori, viene messa in secondo piano da questo miscuglio di emozioni e memoria che plasma un arcobaleno molto più brillante.
Irifor Siena – Quando l’arcobaleno si lascia toccare, si può anche volare oltre le difficoltà, di Elena Ferroni
Autore: Elena Ferroni