L’Unione che vorrei: la mia candidatura al Consiglio Nazionale, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Caro Presidente e carissimi amici,
il calendario segna Giovedì 27 Agosto 2015 e ciò significa che l’estate sta finendo ed insieme a lei pure le vacanze. Adesso è tempo di Congresso Nazionale!
Proprio per tale motivo, ho appena compilato il modulo on line di partecipazione al nostro grande appuntamento di Chianciano. Contestualmente ho letto nell’invito che tu c’hai inviato che, dal 1° Settembre p.v., chiunque vorrà candidarsi alle cariche associative nazionali potrà spedire all’indirizzo e-mail della tua Segreteria un proprio sintetico documento programmatico.
Ecco, io non mi voglio sottrarre dal farlo anche perché avevo già maturato la “pazza” idea di candidarmi al Consiglio Nazionale qualche mese fa, subito dopo la lettura sul nostro Giornale on line del bellissimo e toccante articolo del mio amico Stefano Tortini, con il quale Stefano fa un appello a tutti noi perché si sostenga con forza la tua elezione a Presidente Nazionale, che ovviamente condivido in toto.
Ricordo ancora come fosse ieri, quando circa una decina di anni fa, io, Stefano Tortini e Mario Mirabile, componenti lo scorso Comitato Giovani dell’UICI, nel nostro piccolo sognavamo in grande un’Unione finalmente più democratica, più moderna, più trasparente. Ed improvvisamente, tutto ciò con te oggi diventa “REALTA’.
Un’Unione più democratica significa che esprimere un’opinione diversa dai Vertici associativi e pensarla diversamente da loro non è un “peccato di Lesa maestà”, né un “attentato” terroristico od un tentativo di “golpe”, come certi vecchi (e fortunatamente pochi) dirigenti ritengono ancora.
La difesa dell’Unità associativa che anche per me è un “valore” assoluto, non può e deve però essere Unanimismo.
Fino a prova contraria, da che mondo è mondo, il dibattito è stato sempre fonte di crescita e sviluppo. Oggi, invece, nell’ambito dell’UICI accade ancora troppo spesso che il “dibattito associativo” non sia fondato su una diversa interpretazione del ruolo della nostra Unione nel nuovo Millennio, ma dettato solo da bisogni di “visibilità” personale, riducendo erroneamente gli scontri a semplici fatti personali e soffocando ed impoverendo il dialogo al nostro interno.
La scorsa primavera ha visto il corpo associativo impegnato nel rinnovo dei consigli regionali e provinciali, le cose non sono andate sempre proprio per il verso giusto, ed in alcune realtà la lotta per il potere, si fa per dire, ha avuto la meglio sullo spirito di servizio.
Ciò non deve più accadere! L’UICI che io sogno e voglio deve da subito valorizzare i giovani, favorire la candidatura delle donne, non lasciare fuori dalla porta interi gruppi di ciechi, anche cospicui, ed invece confrontarsi con loro.
Ora però che l’assetto organizzativo è stato definito, che le passioni si sono placate, ora che l’estate sta per finire, è tempo di dedicare mente e cuore alla causa del XXIII Congresso Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, alle sue strategie, alle linee portanti del suo progetto per il futuro dei ciechi di domani.
Di tutto ciò, d’altra parte, s’è già parlato all’inizio dell’estate nelle ben 6 assemblee precongressuali volute fortemente dal nostro Presidente Mario Barbuto.
Durante tali straordinarie occasioni di confronto democratico, il livello del dibattito è stato piuttosto alto, ed ha rivelato una classe dirigente orgogliosa della propria storia, recente e passata, ma nello stesso tempo consapevole del fatto che la marcia nel deserto del popolo dei ciechi continua e che a nessuno di noi è dato fermarsi sulla riva del fiume senza essere travolto dalla corrente.
A Chianciano dobbiamo necessariamente riprendere il filo conduttore del dibattito culturale avviato in quelle sedi sui grandi temi associativi, sulle idee portanti e sui “profondi” valori della nostra Unione quali l’inclusione scolastica, le pari opportunità, il lavoro, l’accessibilità, la riabilitazione dei ciechi pluriminorati, la prevenzione della cecità e forse, anzi certamente, lo stesso Nicola Stilla ritroverà con il Presidente Barbuto molti più punti in comune che elementi di disaccordo.
Un’Unione più moderna significa modificare lo Statuto non per “questioni di bottega” o per particolarismi, ma per semplificare la struttura organizzativa delle nostre sezioni, adeguandole ai tempi e soprattutto ai cambiamenti imminenti a cui stiamo assistendo a seguito dell’istituzione delle “città metropolitane”
Ancora oggi abbiamo troppi organi associativi che sono tra l’altro troppo burocratizzati. Bisogna renderli “a tutti i costi” più agili nella struttura e meno pletorici nel numero dei componenti, facendo si che non solo i nostri “consigli” ma anche i Presidenti e Vice Presidenti sezionali e regionali siano eletti direttamente dalla base e dalle Assemblee dei soci.
Una piccola ma significativa questione riguarda pure il tesseramento dei nostri iscritti. Facciamo sovente i “conti” con numeri incerti e discutibili, risultato e frutto solitamente della logica dei “bollini” facili solo in prossimità dei rinnovi delle varie cariche associative, piuttosto che di una “seria” campagna d’iscrizione soci che sia invece più costante nel tempo, più sistematica e trasparente.
Un’Unione più trasparente significa anche adottare criteri di merito nella selezione e nomina dei candidati più “competenti e preparati” ai “posti di comando” del nostro “glorioso” sodalizio.
Per tale motivo, saluto molto favorevolmente la novità già annunciata da Mario Barbuto di voler realizzare un’apposita sezione del nostro sito istituzionale dove, chiunque vorrà candidarsi al Consiglio Nazionale, potrà inserire il proprio curriculum ed il proprio programma (cosa che io sto facendo con la presente).
Grazie a Mario Barbuto forse si sono finalmente esauriti i tempi delle elezioni nazionali frutto solo di logiche di lottizzazione e spartizione da vecchio e becero ”manuale Cencelli” e dettate dai “diktat” dei vari capi area!
Il recente “trionfo” di Mario in occasione della Finanziaria e (specialmente per me in qualità di giovane Consigliere della Federazione) l’epilogo positivo del Centro polifunzionale di ricerca ed alta specializzazione per ciechi pluriminorati di Roma dimostrano e confermano che la sua passione, il suo impegno e la serietà del suo agire quotidiano hanno già iniziato a “contagiare” i nostri politici ed amministratori, e contribuiranno senz’altro a rendere più “facili” le loro decisioni su delicate materie di stretta attualità associativa come la “buona scuola, il nuovo Isee, il nuovo nomenclatore, il jobs act ecc…, proiettandoci verso sempre più rilevanti e prestigiose conquiste di civiltà.
Ma soprattutto, lo Tsunami Barbuto s’è abbattuto su di noi, avvincendoci e convincendoci che all’Unione non c’è un io od un tu, ma più semplicemente solo un NOI.
Questo è il “grande” insegnamento Barbutiano: soltanto lo spirito di gruppo, l’unità d’intenti e l’”idem sentire” potranno farci vincere le difficili sfide del nuovo millennio e dell’inclusione sociale. Uniti si vince, separati si perde inesorabilmente.
Io ritengo che la lezione che dobbiamo trarre dal successo del Centro per ciechi pluriminorati di Roma è che la cooperazione, la condivisione ed il lavoro di squadra tra l’UICI ed i suoi vari Enti collegati (Federazione, IAPB, BIC, IRIFOR ed UNIVOC) dovranno essere le “ricette” ed armi vincenti dell’Unione che verrà, sin dal prossimo Congresso di Chianciano. Non a caso, lo scorso 21 Febbraio, Mario Barbuto, ben consapevole di ciò, ha “riesumato” e fatto rinascere il famoso “Coordinamento degli Enti collegati all’Unione, scelta lungimirante sulla quale ovviamente occorre insistere anche per il futuro. Basta con le gelosie ed invidiucce del passato, ancora una volta la capacità di collaborare, nella chiara distinzione delle competenze e delle funzioni, senza sconfinamenti in campi altrui e nel solo primario interesse della nostra UICI, dovrà risultare preminente e fondamentale per il nostro riscatto sociale.
Diceva Lavelle : “Il bene più grande che puoi fare ad un’altra persona non è dargli la tua ricchezza, ma rivelargli la SUA”.
Ebbene, il grande “miracolo” Barbutiano sta proprio in questo e cioè nel farci riscoprire tutti un po’ più ricchi dentro, nel farci sentire tutti principali artefici e protagonisti del futuro destino dei ciechi e degli ipovedenti italiani indipendentemente dall’età, dalla classe sociale, dalla professione e dal nostro ruolo associativo. L’unica cosa che conta è l’UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI!!!
Caro Presidente, per questo io sottopongo alla tua attenzione ed a quella di tutti i congressisti la mia candidatura al prossimo Consiglio Nazionale.
Mi candido, perché la tua “trascinante” capacità di accendere il nostro entusiasmo, di individuare bisogni e prospettare soluzioni m’ha letteralmente contagiato, persuadendomi che persino un “nanetto” come me possa contribuire positivamente alla causa della nostra Unione.
Una cosa è certa, con un timoniere “visionario” come te, capace di “vedere” oltre e di prospettare all’UICI scenari ed orizzonti fino a pochissimo tempo fa addirittura impensabili, noi minorati della vista italiani “toccheremo con mano” sempre più importanti traguardi e SUCCESSI!

Gianluca Rapisarda