Lettera aperta al nostro Centenario, di Linda Legname

Autore: Linda Legname

Caro Centenario, come stai? Non oso pensare!

Immagina come possiamo stare noi! Non mi sono dimenticata di te!

Non ci siamo dimenticati di te!

Era il tuo anno e lo sarà. Promesso.

Che gran parlare intorno a te! Come sarà, cosa succederà, dove andrà, chi incontrerà, quanto costerà…

Attese, immagini, idee, proposte, riunioni, progetti, ipotesi…

Però mi mancava qualcosa. Sentivo il bisogno di vederti e così, con il tempo, ti ho disegnato con la mente e con il cuore. E alla fine, su un foglio bianco freddo come il marmo, mentre nervosamente dovevo cancellare le date del tour che avevamo organizzato per celebrarti, sei comparso tu.

Eccoti: un vecchietto distinto e arzillo, con un grande cappello in testa e il sorriso generoso sulle labbra.

Gambe solide, ma accipicchia quanta strada hai percorso!

Mani grandi, ansiose di continuare a esplorare ancora il mondo. Braccia lunghe, sempre pronte ad accogliere e avvolgere.

Orecchie acute, pronte a sentire ogni battito di cuore.

Occhi brillanti, capaci di spaziare l’infinito.

Hai preso per mano tanti di noi giorno dopo giorno.

Per noi e con noi hai sostenuto Diritti, garantito opportunità e quando molti volevano sfiduciarti, tu hai trovato la fermezza pacata per tenerci uniti.

Hai vissuto la seconda Guerra Mondiale, la guerra fredda, la marcia del dolore, la Rivoluzione culturale del ’68, lo sbarco sulla Luna… Hai visto tanti governi sorgere e cadere, tante ideologie fiorire e tramontare. Hai incoraggiato l’ingegno e le doti di tanti giovani ciechi e ipovedenti e hai donato una vita e un futuro a moltissimi tra noi.

In questi anni ho imparato a conoscerti, a volerti bene e a vivere accanto a te.

Sei esigente, ma sai donare senza limiti. A volte le chiacchiere a vuoto che ti tocca ascoltare sembrano sommergerti, ma poi sai sempre trovare le parole che servono e che bastano. Amo la vivacità che proviene da tutti i territori dove hai saputo radicare la tua presenza. Ho sentito di volerti bene addirittura all’inverosimile, quando hai volto il tuo sguardo per accogliere con immenso amore, ma con tante incertezze e difficoltà anche le persone con disabilità plurime. Non eri pronto, lo so… Oggi infatti sei ancora alla ricerca di certezze e soluzioni efficaci per loro. Noi ci siamo. Non demordere. Fidati.

A cento anni dalla tua nascita, l’ennesima sfida da sostenere, forse la più grande.

Ma tu non sentirti solo. Noi ci siamo: uniti e compatti accanto a te, con l’orgoglio di chi non vuole tornare indietro e la certezza di un futuro tutto da vivere e costruire insieme.

Eravamo pronti, eravamo partiti. E che partenza, a Catania, il 21 febbraio!

Le risa, le voci, l’allegria e lo stupore dei bambini e dei cittadini rintoccano ancora nel mio cuore, nonostante la stanchezza di quei giorni frenetici. Eravamo splendenti; tu eri splendente. E il sole caldo di quella giornata sembrava quasi aver anticipato la primavera.

C’eravamo e c’erano proprio tutti a celebrarti: il Braille, i cagnoni guida, lo sport, gli antichi mestieri degli istituti per ciechi, l’esperienza al buio, l’arte, i libri tattili, la prevenzione. Persino qualche campione osannato del nostro Calcio aveva mandato la sua maglietta da gioco scritta in Braille per farla ammirare e renderti onore.

Che orgoglio, quanta fierezza, nel raccontare di te… Poi, le prime notizie del virus maledetto, pensavamo fosse un momento pesante, ma breve.

E con fiducia siamo arrivati a Catanzaro e Potenza.

Prima il vento freddo, poi la pioggia gelata, a spalmare sui nostri cuori la paura che da un giorno all’altro potesse fermarsi ogni cosa d’improvviso.

E quella paura, infine, si è fatta concretezza il 28 di febbraio. Dovevamo fermarci. Dovevi fermarti. E a raccomandarlo, sei stato proprio tu, richiamando i valori che da sempre ti contraddistinguono e ci hai insegnato: senso di responsabilità e tutela delle persone. Così ti sei ritirato in un angolino: “non è tempo di festeggiamenti e celebrazioni”.

All’improvviso, la chiusura delle scuole, le zone rosse, il blocco del Paese, l’interruzione delle relazioni sociali.

Non potevamo crederci.

Intanto l’Italia e il mondo intero si piegavano sotto il peso dei tanti morti.

E anche tu hai dovuto piangere tanti figli perduti.

Tu, per tanti giorni sei rimasto in silenzio: le parole distanziamento sociale e annullamento dei contatti umani richiamavano indietro la tua memoria a tempi oscuri e lontani.

Oggi ritorni per infonderci la linfa della fiducia; per sostenerci nel dialogo con le istituzioni; per salvaguardare quei Diritti dei quali i segni indelebili sulla tua pelle testimoniano della faticosa conquista.

Ci guidi nel sensibilizzare la comunità alla solidarietà sociale; ci esorti a rinnovare il nostro impegno e rimanere fedeli ai tuoi valori e alle tue regole. Noi siamo con te. Uniti e vicini.

Nell’attesa della tua celebrazione, cerco di ingannare il tempo ricordandoti con questa breve lettera, tra memoria, futuro e scherzo. Così ho provato indegnamente a darti un volto, un’anima, e a circondarti del calore di chi ti vuole bene.

Ci siamo abituati a considerarti indistruttibile, come i personaggi delle favole che appaiono quando li invochiamo. Ci hai convinti che il nostro sguardo non ha misura e che le nostre dita sono maestre nell’intrecciare cultura, storia, sogni, passioni, speranze.

Tienici sempre per mano… e portaci lontano. Con affetto e devozione