Alcune lettere della corrispondenza privata di Braille sono state recentemente scoperte per noi italiani dal Prof. Gianluca Rapisarda negli archivi dell’Institut National des Jeunes Aveugles di Parigi (2011). Nello stesso anno, lo scrivente ne ha curato la traduzione in italiano per conto dell’Università di Catania (Edizione Bonanno).
Nel 2009 l’Institut National des jeunes aveugles, allora diretto da Gérard Gonzalez, ha pubblicato, grazie all’interessamento dell’archivista Zoubeïda Moulfi, la trascrizione, in duecento esemplari, dei facsimili di alcune lettere di Louis Braille e del fratello Louis-Simon scritte di proprio pugno, dettate a uno scrivano o scritte al rafigrafo. La scoperta di queste lettere veniva a colmare una lacuna già ravvisata dal maggiore biografo di Braille, Pierre Henri, che nel 1952 sottolineava come l’assenza di corrispondenza privata aveva fino ad allora impedito l’approfondimento della personalità del personaggio. Queste lettere, quindi, hanno gettato nuova luce su Braille e, come tali, diventano un documento essenziale per tutti coloro che si interessano alla storia dei ciechi e alla loro condizione nelle società del passato.
Ora, grazie alla traduzione di cui sopra, anche noi Italiani abbiamo avuto finalmente l’opportunità di ricavare un’immagine nuova, più intima di Louis Braille, che, senza togliere niente alla sua inestimabile e preziosa attività svolta a favore dei non vedenti, ci fa conoscere un Braille un po’ meno simbolo ed emblema, ma un po’ più uomo in carne ed ossa.
Questo volume è nato dalla collaborazione fra l’Istituto per ciechi “Ardizzone Gioeni” di Catania, l’Institut National des Jeunes Aveugles di Parigi ed il Centro di Studi Storici sulla Disabilità’ di Catania ed ha inaugurato anche la prima Collana dedicata interamente agli studi storici sulla disabilità. Se, infatti, ormai consolidati sono gli studi sul mondo dei poveri e dei marginali, ancora pochi sono gli studiosi che hanno lavorato sulla disabilità e sulla cecità in particolare. Con questa pubblicazione, realizzata anche in Braille e su supporto audio, si è inteso quindi da un lato cominciare a fornire un contributo a un filone della ricerca storica finora, soprattutto in Italia, fin troppo esiguo, dall’altro permettere, anche ai non vedenti, una maggiore conoscenza e comprensione storica della condizione dei disabili che “furono”.
Tali “Lettere inedite” si possono sostanzialmente dividere in tre gruppi: le lettere scritte di proprio pugno dallo stesso Braille tra il 26 agosto 1831 ed il 1 ottobre 1835; quelle dettate a degli scrivani tra il 2 gennaio 1832 ed il 2 ottobre 1833; quelle scritte al raffigrafo da Braille tra il 14 giugno 1842 ed il 25 febbraio 1851.
Le epistole scritte di proprio pugno dallo stesso Louis Braille sono dieci e sono indirizzate tutte al Direttore dell’Institut, Monsieur Pignier. Ognuna di esse fu scritta dalla cittadina natale di Coupvray nel periodo compreso tra i mesi di agosto ed ottobre, quando Braille si recava per trascorrere le vacanze dopo la fine dell’anno scolastico e per rimettersi in salute. Da questi documenti si palesa la devozione e l’amicizia del giovane Braille per il suo direttore, al quale il mittente si rivolgeva con rispetto (le lettere si chiudevano quasi sempre con la formula «mi onoro di essere il suo rispettoso ed affezionato allievo»).
Le epistole evidenziano, inoltre, il grande attaccamento di Braille per la sua famiglia e un rapporto ambivalente con il suo luogo di nascita. Nell’agosto del 1831, ad esempio, scriverà: «a Coupvray mi ritornano tristi ricordi ai quali non posso sottrarmi», ma già due mesi dopo non esita a comunicare che «la campagna è il mio unico luogo specifico» o ancora, due anni dopo parla dei «piaceri della campagna durante le belle giornate d’autunno». Il desiderio di Parigi resta comunque forte: «occorre che la mia famiglia e la mia salute mi siano molto care per resistere al desiderio che avevo di ritornare a Parigi» scrive infatti il 29 settembre del 1834.
Una grande attenzione veniva dedicata alla sua salute e a quella degli altri. Il 2 ottobre del 1831 scriveva a Pignier: «innanzitutto vivere, poi lavorare: la salute è un tesoro di cui non conosciamo il prezzo fino a quando non la perdiamo» e, ancora due anni dopo, il 22 ottobre 1833: «Bodoin è probabilmente ancora come me, ahimè. Poveri ragazzi che siamo, non avremo questa felicità. Quanto a me, non soffro tanto quanto altri della nostra infermità, ma essa non ne è meno grande». Collegata a ciò è la profonda religiosità dell’autore («era quello che mi ero proposto, ma l’uomo ordina e Dio dispone» scrive il 26 agosto del 1831).
Braille, poi, con estremo riserbo, tradisce una certa stima e considerazione per la sorella di Pignier. Presenta infatti i suoi rispetti ed i suoi garbati saluti alla donna praticamente in ogni sua lettera manoscritta ed in una di esse, in quella del 22 ottobre 1833 scrive: «spero di passare piacevolmente ed utilmente il nostro prossimo anno scolastico, soprattutto approfittando della compiacenza della sua buona sorella che mi ha promesso di aiutarmi nei miei studi».
Non manca poi anche di un certo senso dell’umorismo e di una certa impertinenza. Dirà l’11 ottobre 1831: «sono già quindici giorni che non ho avuto l’onore di avere sue notizie. Se volessi fare dello spirito insipido, le direi che sono persuaso che mi abbia scritto e che bisogna anche che reclami la sua lettera alla posta»; o il 20 settembre del 1831: «ho dimenticato di parlarle, prima della mia partenza, di Roustant che potrebbe essere ammesso alla classe superiore se lei lo giudica opportuno. Non mi dica: accidenti a te, chiudi la bocca. Ancora una parola e finisco per parlarle dell’ammissione dei nuovi retori alla classe di storia».
Dalle lettere si evince anche una personalità poliedrica, piena di interessi e premurosa con gli allievi e gli amici (11 ottobre 1831: «mi fanno delle letture, accordo pianoforti, gioco a carte e a scacchi e sto bene”, o il 22 ottobre del 1833 «dò delle lezioni di canto») e il 22 ottobre 1833: «fra otto giorni sarò…fra i miei compagni che mi hanno provato così bene la loro amicizia».
Le otto lettere dettate da Braille ad uno scrivano pubblico tra il 1832 ed il 1833, oltre a confermarci alcuni aspetti già evidenziati (la stima per Pignier, l’interesse per la sorella, la nostalgia dei compagni) ci rivelano altri aspetti della personalità di Braille. In particolare, da questo gruppo di lettere emerge una certa malinconia ed un desiderio di solitudine. Detterà a Coupvray il 23 settembre 1833: «leggo quando scende la nebbia ed il resto del tempo vado nei campi. Evito anche di trovarmi in società per non parlare molto».
Alcune lettere ci informano, poi, su una vicenda che caratterizzò la vita di Braille nel suo soggiorno a Coupvray del 1832: la possibilità, poi fallita, di diventare organista della città di Meaux, capoluogo del dipartimento dove è situata Coupvray. E’ lo stesso Braille che riferisce di questa sua opportunità ed ambizione. A tal proposito, a Lagny, il 6 settembre 1832, dettò una lettera in cui informava Pignier che l’organista di Meaux era morto la settimana precedente. Nelle successive lettere riguardanti quest’affare Braille informerà delle motivazioni che lo porteranno a rinunciare a quell’incarico da cui si evince tutta la sua sagacia. Infatti, nella lettera dettata il 28 settembre 1832 da Meaux faceva scrivere: «il posto di organista è di 350 franchi, un accordatore di pianoforti ha l’intenzione di stabilirsi a Meaux e vi sono davvero poche cattedrali. Dal consiglio dei miei genitori e, conformemente alle sue buone intenzioni per me, ho detto a Monsignore l’abate Pelais che rinuncio al posto. Ho dimenticato di dire che la vita è diventata cara a Meaux…». Il 18 ottobre dello stesso anno, poi, dettava: «permetta, signore, che osi di correggere l’errore del mio precedente scrivano, pregandola di dire ai miei compagni l’esito del mio affare di Meaux perché è giusto che lo conoscano poichè hanno fatto dei voti e dei sacrifici per farlo riuscire; mi parlano ogni tanto ancora di quel posto e mi dicono che la principale fonte di guadagno consista nei balli dei borghesi, di conseguenza, bisogna spesso passare la notte fuori casa nei castelli vicini, condizioni che non possono combaciare con un posto in seminario, ma io ho rinunciato completamente a quel progetto» ed ancora il successivo 30 ottobre: «quello che più ci affligge è che i suoi sforzi e dei suoi amici siano diventati inutili…Tuttavia lei mi avrebbe preso per folle se avessi obbedito alla vanità che voleva farmi fare l’organista a qualunque costo. Quest’affare mancato mi sarà più propizio di quanto lei non pensi nell’Istituzione».
L’ultimo gruppo di lettere è costituito da quattro epistole scritte al raffigrafo da Braille per il caro Pignier.
Nella prima e nella seconda di esse, scritte il 14 giugno ed il 2 novembre 1842, Braille scrive di un ricevimento di un tale sig. Pasquier, per partecipare al quale, chiedeva a Pignier, con la consueta delicatezza ma anche con una certa insistenza, se gli poteva procurare due biglietti di accesso: ne vien fuori l’immagine di un Braille attratto anche da qualche piacere mondano.
Ma è la terza di tale gruppo finale di lettere che è particolarmente significativa. Essa fu scritta da Braille l’11 ottobre del 1844 a Chamalieres, dove egli si trovava in soggiorno durante i mesi di vacanza dall’Istituzione. In tale epistola, infatti, da un lato, possiamo avere delle conferme al piacere che gli dovevano procurare sia la campagna ed il sole di settembre, che facevano maturare l’uva e lo facevano stare bene, sia la musica, che in quel periodo egli suonava in un trio di pianoforte, voce e violoncello che elettrizzava il vicinato. D’altra parte, nella stessa lettera Braille riferiva pure della tristezza che gli metteva l’avvicinarsi della brutta stagione, che gli annebbiava l’orizzonte del futuro e avrebbe potuto impedirgli di realizzare al ritorno a Parigi il suo ardente desiderio di passare i pomeriggi dalla signorina Pignier, nonché della sua preoccupazione per le condizioni della sua povera madre, che non vedeva da tempo, e per la propria salute, ormai, purtroppo, sempre più instabile per l’aggravarsi della tubercolosi, che sebbene appariva migliorata per via del soggiorno in campagna, era sempre appesa ad un filo (scriveva: «è la corteccia e non l’albero stesso che è divenuta migliore»).
Vi sono, poi, all’interno di questo corpus di lettere, anche due epistole erroneamente attribuite a Louis Braille e che in realtà furono scritte da suo fratello maggiore Louis-Simon. Questi spedirà due missive a Pignier nel 1831: la prima il 30 maggio e la seconda il 3 giugno. Nella prima lo informa delle gravi condizioni di salute del padre e, a nome di quest’ultimo, lo ringrazia delle attenzioni riservate al fratello Louis, raccomandandosi a lui ed alla sorella affinché non abbandonino mai Louis. Nella seconda lettera, dopo il doloroso decesso del padre, parla di tale infausta notizia a Pignier, riferendogli che la partecipazione dello stesso e della sorella all’afflizione di tutta la famiglia Braille per la recente morte del padre era consolatrice. Dunque, non è difficile arguire il profondo legame affettivo reciproco esistente tra la famiglia Braille e i due Pignier, nonché il grande senso di gratitudine e riconoscenza che i familiari di Louis Braille provavano per il Direttore dell’Institution e la sorella per le loro benevole premure verso il loro sfortunato congiunto.
Il Louis Braille che è possibile desumere da queste lettere è una personalità ricca, per certi versi geniale, ma allo stesso tempo articolata: se da un lato l’immagine che se ne ricava è quella di un uomo colto, ricco di interessi e aperto al mondo circostante, dall’altro risulta evidente anche una certa sofferenza interiore derivata dalla sua condizione. Su questa personalità dovette sicuramente influire anche la nuova condizione dei ciechi nella società del tempo: se da un lato i non vedenti beneficiavano dei nuovi processi sociali e culturali che li riguardavano in prima persona, dall’altro doveva ancora completamente avviarsi la loro completa emancipazione. Di tutto ciò queste lettere, che ci restituiscono il clima del tempo e la personalità di Braille, ne sono una preziosa testimonianza.
Le “Lettere inedite di Louis Braille”, di Emanuele Rapisarda
Autore: Emanuele Rapisarda