Diario  di una giornata  trascorsa   tra Palazzo Chigi  e il  carcere di  Regina  Coeli, di  Carlo  Carletti

Nel lontano  1979, con la legge  382  ,    l’Unione guidata  dal Presidente  Giuseppe  Fucà, aveva
conseguito per  i  ciechi civili assoluti  l’equiparazione dell’indennità di accompagno     a  quella percepita dai ciechi assoluti  per causa di guerra, che ne  ha  determinato  ,  un  considerevole   incremento economico.  Dopo circa 2  anni,  vi fu un  ulteriore aumento  dell’indennità dei ciechi   di guerra, ma  nonostante che  la  legge  lo  prevedesse ,  non vi fu  il conseguente e   analogo aumento anche  per  i  ciechi civili. Tale ingiusta  situazione impegnò i  dirigenti  dell’Associazione in  estenuanti  quanto inutili  incontri con i  Dirigenti  del  Ministero del  Tesoro,   dell’Interno  e   con i  gruppi  parlamentari. Pertanto, nel  corso di una riunione informale  di   dirigenti  sezionali  nazionali  Con l’allora  Presidente Nazionale     Roberto  Kervin,  fu deciso di  affidarmi  l’incarico  di    effettuare per il giorno  22  ottobre  1982, una  manifestazione   per sollecitare  direttamente   la  Presidenza  del Consiglio dei  Ministri. Il mattino del giorno convenuto   giunsero a  piccoli gruppi,  presso   Piazza  Colonna, davanti  al  Palazzo  del  Governo, circa 1.000  disabili visivi provenienti   dalle  Sezioni del  Lazio e  da altre  Regioni.  Come già   convenuto  , ho guidato    una   delegazione, che   fu ricevuta dal  Sottosegretario  alla  Presidenza  del  Consiglio  on. Vittorio    Olcese,     il quale,  ritenendo fondate  le ragioni       della nostra richiesta relativa all’equiparazione dell’indennità di accompagno, assicurò    che avrebbe    sollecitato, il giorno stesso,  i  Ministeri  competenti   per la piena   attuazione      della legge    .   .Soddisfatti  per il risultato conseguito, ringraziando  tutti     lasciammo  gli uffici  della  Presidenza  del Consiglio. Appena fuori, mi   recai  presso una cabina telefonica  per  informare dell’esito dell’incontro, il  Presidente  Kervin, che  attendeva presso il suo ufficio di via Borgognona.     Pur dicendosi soddisfatto   , ma forse un po’  incredulo  al cospetto di tanta inattesa  disponibilità,  mi consigliò di ritornare    alla Presidenza del  Consiglio, per   chiedere la diffusione  di un  comunicato stampa  che  avrebbe  rassicurato  tutti .   L’on  Olcese,  chiamato  al telefono, si espresse  favorevolmente  e mentre  mi   avviavo verso l’ingresso di  Palazzo  Chigi per ritirarne una copia, fui avvicinato dal Commissario di  Polizia dott  Stella, il quale mi intimò  di  sciogliere con immediatezza  la manifestazione. Pur avendolo informato   che ero atteso per acquisire     il comunicato stampa contenente l’accoglimento  delle richieste  avanzate dai   ciechi, che  avrebbe  automaticamente   posto fine alla  manifestazione, non volle sentire ragioni. Ebbi  solo il tempo di  dire  al  Presidente della  Sezione di  Latina  Giuseppe  Bernardi, di  rassicurare i  manifestanti  sull’andamento positivo  dell’incontro e    soprattutto di mantenerli a  distanza  dal cordone di polizia,    che il  Commissario ordinò  agli agenti, fra lo stupore  dei presenti, il mio  immediato arresto,   in quanto responsabile  della manifestazione   non autorizzata   .   Erano le ore 12.30, quando fui prelevato  dagli   Agenti che mi portarono   nell’atrio  di Palazzo  Chigi, consegnandomi  al        Comandante  Migliorini ,  del   nucleo di polizia   presso la  Presidenza del  Consiglio,  il quale   cercò  di tranquillizzarmi  dicendomi  che  l’accaduto  aveva dell’incredibile, perché  il tutto si era svolto  nella massima   correttezza , della quale  poteva  esserne testimone. La notizia del mio  arresto arrivò  ai manifestanti, i  quali   non   credendo  vera la notizia    dell’esito positivo  dell’incontro con il  Governo, si mostrarono  più rumorosi  e  agguerriti, tanto  che  il Dirigente  dell’UICI  della  Sicilia  Alfio  Polizzi,  munito di megafono ,  li invitava all’occupazione   di Palazzo    Chigi. L’amico Bernardi, che  aveva il compito  di evitare  il contatto  tra i  ciechi e  gli agenti di polizia, si trovò  nel bel mezzo  prendendo spintoni  e  calci dall’una  e  dall’altra parte.  Il suo dimenarsi fu  notato dal  Commissario  Stella  che  ne  ordinò l’arresto  e  anche lui  fu portato dentro palazzo  Chigi.  Impegnato nel contenere  i  manifestanti  non si capacitava  delle ragioni del  suo  arresto  e  tentò di   protestare  per l’ingiusto trattamento, ma  Due agenti   gli portarono le braccia  dietro la schiena  e gli misero  le manette ai polsi. Continuò  a  protestare e  fu  colpito dal  Commissario  Stella  con  un pugno allo   stomaco. Bernardi  dal dolore  si piegò  in avanti  e   ricevette anche una ginocchiata al basso ventre  che lo stordì, riducendolo  al silenzio. Le  manette gli furono messe male e gli  sanguinavano i polsi.  Nel frattempo  nella piazza  gli animi  si fecero sempre più tesi ed entrò in azione  il  Presidente della Sezione di  Frosinone, un cieco assoluto  di grande stazza, che   individuata la giusta  direzione  verso il portone , con i  suoi  circa 170 chili,    si diresse  di corsa verso il  palazzo. Gli agenti  si  scansarono  e  altri aprirono del tutto il portone semichiuso. Durini   arrestò la sua corsa  dentro l’atrio del palazzo e ansimante  per lo   sforzo, chiese dove  fosse finito. Avvertito che  era nel palazzo, affermò di volerlo   occupare, ma  intervenne ancora una volta il   Commissario Stella, che   comunicò anche  a  lui lo stato di arresto. Dopo  aver accertato le nostre identità,  fummo  fatti salire  sul   furgone della polizia e  portati al Commissariato del  primo distretto di  Roma. Dopo una  sosta per   ulteriori accertamenti,   erano le ore  15,quando  fummo tradotti  al carcere di  Regina  Coeli,  dove ci attendeva il  Comandante delle guardie carcerarie  dott. Marino,  il  quale vedendosi consegnare un cieco  assoluto e  due  mezzi accecati quali eravamo io e  Bernardi, mostrando si  sorpreso  e a    disagio   , fu molto  comprensivo nei nostri  confronti e  non fece  mancare  espressioni di   disappunto   sull’operato del  Commissario  Stella. Nell’ambiente del carcere  vi era molta  agitazione, perché lo stesso giorno  era stata arrestata  la terrorista ligas e  altri   appartenenti  alle  Brigate rosse. Da  una porta  socchiusa , ci  fu possibile  ascoltare una  telefonata  del  Comandante delle Guardie del Carcere  , che   rivolgendosi al  Commissario  Stella  lo  rimproverava di averlo messo in grande difficoltà consegnandogli tre  non vedenti.  Gli disse: non  ti sei accorto che sono ciechi  e  che anche volendo non potrebbero  scappare? ,  li stai trattando  come  se  anche loro  fossero brigatisti.  Da  alcuni  Agenti   fummo fatti accomodare  in una cella   di sicurezza,   poi ci portarono in una stanza dove un fotografo  immortalò le nostre  facce sia   di fronte  che  di profilo.  Successivamente  fummo portati  alla rilevazione delle impronte digitali, l’uno dopo l’altro  fummo invitati  a  premere le dita su un piano di gomma- piuma  intriso di inchiostro  e   poi su un foglio bianco. Vicino  era posto uno straccio per ripulirci dell’inchiostro che aveva impregnato le nostre dita. Durini, cieco  assoluto,  al suo turno, eseguì  il tutto , ma nessuno   lo avvertì che si poteva pulire   la mano   sporca di inchiostro,  che   si  passava sul  viso  e  sui vestiti. Quando  gli dicemmo  che  , così imbrattato,       era   irriconoscibile e sembrava  un negro  proveniente dall’Africa e  non il ciociaro  proveniente da  Frosinone.     Accolse  il  fatto con   qualche battuta di spirito.  Nonostante  l’accaduto e  il  luogo in cui eravamo  riuscimmo  a  mantenere una certa tranquillità,  aiutati anche   dagli agenti di  custodia , che ci dicevano  di non preoccuparci  troppo  perché  sarebbe  arrivato un  Magistrato,  che dopo  il  nostro interrogatorio,   avrebbe sicuramente deciso  il nostro rilascio. Verso le ore  19,  fummo  avvertiti  che il  Magistrato  non era  stato rintracciato  ed essendo  di  Venerdì,  avremmo dovuto attendere  nella cella di  sicurezza del  braccio2  fino  a  prossimo lunedì. A  questo annuncio,  una forte preoccupazione     cominciò ad   invadere la mia mente.  Sentivo  di essere stato un irresponsabile per  aver lasciato mia  moglie  e   i  miei figli  senza  alcuna notizia. Anzi, il mattino quando ho lasciato casa, pensando  ad una  normale  e  tranquilla giornata  non li avvertii nemmeno che  sarei andato  ad una  manifestazione.      Il fatto che non  avevo più la  possibilità  di  comunicare  con   loro per   spiegare l’accaduto  e  per rassicurarli, contribuì ad  aumentare   il mio  senso di colpa..  In un attimo  scomparve quel senso di goliardia  che   accompagnava   le  nostre manifestazioni. Ormai rassegnati,     Accompagnati dagli  agenti ci  avviammo verso la nuova cella  e ci avvertirono che  saremmo  restati anche  senza cena perché la nostra presenza  non era prevista .  Arrivati  in  prossimità della nuova  destinazione,     con  sorpresa e  sollievo , fummo richiamati  perché  era arrivato   il  Magistrato che ci  avrebbe interrogato. Quando  accedemmo  alla stanza   dell’interrogatorio,   mi venne incontro il   sostituto   Procuratore  dott. Gianfranco  Ferro, che avevo  conosciuto in  altre occasioni, in quanto   avevo già  frequentato  le aule dei   Tribunali  per  altre manifestazioni  non  proprio  regolari.   Il Magistrato   mostrando  meraviglia, per  doversi occupare  ancora una volta di me,      affermò che  delle        mie manifestazioni  ormai    conosceva   tutto, ma  le offese  e le   violenze  a  pubblico ufficiale,   delle quali    risultavamo accusati    rappresentavano una    grave e  spiacevole novità.           Raccontai tutto l’accaduto, mi assunsi la responsabilità della manifestazione   e  gli dissi  che   Bernardi e  Durini   non erano  colpevoli di nulla , se  non di aver partecipato  alla manifestazione della quale ero io  l’unico  responsabile. Dal momento che eravamo  accusati anche  di  violenza  a  pubblico  ufficiale   invitai  il dott. Ferro  a  costatare  le ferite  provocate dalle  manette  e  dai colpi ricevuti da  Bernardi,  lo invitai a  mettersi  in contatto  con il dott. Migliorini,  Comandante  del nucleo di polizia della  Presidenza  del Consiglio.  .    Dopo  l’interrogatorio  di  Bernardi con   ai polsi   evidenti  ferite  e  quello  di Durini,    il  Magistrato  si allontanò per circa 30 lunghissimi minuti,  e  quando rientrò  nella stanza , si    mise a scrivere,       ma   fu interrotto dallo  squillo  del    telefono  e   rivolgendosi all’interlocutore  lo  sentimmo dire:  si  , sto ancora facendo  gli accertamenti e    la  informerò  subito dopo, ma  non credo  che   possano   emergere particolari rilievi  e  complicazioni.    Riprese  a  scrivere,  erano ormai le 21,quando consegnò  ad un agente all’ordine  per la nostra scarcerazione   .     Nel salutarci, il  magistrato   ci disse  che  la  nostra  presenza  in quel luogo  era  determinata   da  evidenti  malintesi e da   incomprensioni  e  che   manifestare per le ragioni  come  le nostre   era un  diritto.  Quando gli chiedemmo  quali  potevano essere le conseguenze per essere stati in quel luogo,    ci rassicurò  e ci   salutò    dicendoci  che null’altro ci   sarebbe accaduto.  Fummo accompagnati  fuori dal  carcere  salutati dagli  agenti  di custodia,  che  abbiamo   ringraziato per la loro cortesia  e  attenzione. Ad  attenderci   ,   trovammo   il  Presidente  Kervin con l’autista   Nicodemo, ed altri dirigenti e  soci dell’ UIC. Abbiamo   da loro appreso che dal momento del nostro arresto, tutti si  sono adoperati per  far  intervenire in nostro favore  i  massimi esponenti dei  partiti.  Tomatis  fece intervenire   Bettino   Craxi, intervennero   anche    Rutelli, il  Sindaco  di  Roma  Vetere, e  altri,  ma  fu  determinante       l’intervento sollecitato dal  Presidente  Kervni al   Ministro di  Grazia e  Giustizia   On. Clelio  Darida, quello che aveva telefonato  al  Magistrato, prima per farlo  intervenire  subito  evitandoci il  fine settimana in  carcere e  poi per   conoscere l’andamento dell’interrogatorio. Abbiamo saputo  che molti non vedenti di  Latina e  Frosinone  sono restati  a   Piazza  Colonna fino alle ore  20  in attesa di notizie, poi  hanno dovuto abbandonare  perché i  pullmann  dovevano rientrare .   Con  il  Presidente  Kervin  , con il  Segretario  Merendino, che tanta parte   ha  avuto nella buona riuscita della manifestazione ,  con Di  Maio, Tomatis, Ballardini, Recce, Ciccio  Coppola,  Fortini   Notari, Paglia   e molti  altri, ci siamo  salutati e      siamo stati accompagnati  alle nostre rispettive abitazioni .  Io fui  accompagnato  a  Cisterna, dove  era in corso la riunione del  Consiglio  Comunale del quale  ero  componente.  Entrando nella sala riunioni, avvertii un certo  mormorio e   un compagno di  Partito  mi chiese come potevo  essere li  se la radio e  la televisione avevano annunciato il mio arresto  insieme ad  altri due ciechi.  Preoccupato per  quanto  riferito, mi precipitai  a  telefonare a  mia moglie che  dal mattino non aveva mie notizie  .  La  chiamai  e  le dissi di trovarmi presso il  Comune, che avevo avuto qualche problema  , ma  che  tutto si era risolto bene.  Mia moglie  piuttosto   arrabbiata per  la mancanza di notizie mi riattaccò il telefono.  Quando andai  a  casa, non volle  ne  ascoltarmi ne rivolgermi la parola.  Al mattino  quando  cominciarono  ad arrivare  telefonate dai  dirigenti dell’Associazione  da   ogni parte d’Italia, che chiedevano  mie notizie, e  dopo essere stata informata  di  quanto accaduto,    dall’amico  Di Maio,  cominciò  a  comprendere  che non avevo passato  una grande  giornata.  Si recò  a   comprare   i  giornali  i  quali riportavano  con evidenza  l’arresto di tre ciechi, Carletti , Bernardi e  Durini. Dal momento che  nessun   organo di informazione   aveva dato la  notizia  della nostra  scarcerazione, grande  era  la  sorpresa   di coloro che  mi incontravano nei luoghi  da me frequentati o  che  mi sentivano rispondere  al telefono.  Non  fu certamente  semplice far  comprendere ad  amici, parenti e      a  mio figlio  ,che   può accadere  di  essere  arrestati, senza per questo essere dei   poco di buono.  Ritornato  in ufficio presso  la  Banca d’Italia, il giorno lunedì  25  ottobre, con grande sgomento  appresi  di essere  stato sospeso dal  lavoro.   Nel corso  della giornata  ho potuto dimostrare che, nonostante  l’arresto, non risultava  alcun    reato a  mio carico e      con grande  sollievo,  fui  riammesso in servizio  lo  stesso giorno. Nel  pomeriggio , uscito dal lavoro, mi recai  presso la sede  Regionale dell’UIC dove mi raggiunse un giovane agente  di polizia,  presente  al mio ingiusto arresto.      Disse che    Aveva la mamma cieca  ed era originario  di Bagnara  Calabra,  un paese  vicino  a Scilla,  dove era nato Fucà. Mi  raccontò la sua amarezza  per l’accaduto e  che meditava di lasciare la  Polizia.   Lo  ringraziai per  gli attestati di stima  e  per  la disponibilità  a  testimoniare in mio favore  in un eventuale  processo, ma lo esortai   a  non lasciare  quel lavoro , perché  era più opportuno  che quel ruolo lo ricoprisse  uno  come lui e  non uno  che poteva pensarla come il  Commissario  Stella.  Mi disse  che  appena dopo il  nostro  arresto  il  Commissario  aveva ordinato   con  i  tre  squilli di tromba      la carica per lo sgombro della  piazza, ma   gli agenti  si rifiutarono.  Minacciando   gli agenti  che  non vollero  malmenare  i  manifestanti, per meglio  controllare   la  situazione ,  chiese  l’intervento anche  del gruppo degli  agenti della  Celere.    Al cospetto  dei tanti giornalisti, delle telecamere e   dei molti   politici  giunti sul posto, l’ordine di sgombro non fu più ripetuto.    Dopo alcuni giorni  ,  a  seguito dei  numerosi articoli  sulla  stampa e  delle  numerose  interrogazioni   di  parlamentari  appartenenti  a  vari  gruppi politici, delle  proteste  degli  Agenti  e  dei loro sindacati di  categoria,  il  Commissario  Stella fu   trasferito dal  primo  Distretto di  Roma  ad  altro  nella periferia   della  Provincia. Successivamente  nel riprendere l’attività  Associativa, mi   restava  ancora     sospeso  il  richiesto incontro con  il  Sindaco di  Roma Ugo Vetere,  al quale,  per sollecitarlo  inviai il seguente  telegramma: Caro Sindaco, come tu ben sai,  a Via de  la  Lungara ce sta  ‘n  gradino, chi nun sale quelo nun è  romano e   ne trasteverino. Dal momento  che  ormai sono cittadino romano e  trasteverino a  tutti gli effetti, ritengo  che  tu  non  possa  più esimerti  dal volermi incontrare.   Ti  sono  grato per  esserti interessato per    la soluzione  del mio arresto. Il  giorno successivo  fui   accolto molto cordialmente in  Campidoglio   dal Sindaco,  il quale, dopo  una  dissertazione   sul detto  che  si diviene veri cittadini  romani  soltanto   dopo aver  varcato il   gradino del   carcere,  prestò     molta attenzione  alle problematiche    che  gli furono esposte, assicurando  agevolazioni sul trasporto urbano  e  l’assunzione  di due centralinisti.
Con il  tempo  ho potuto  molto riflettere sul fatto  che  quando  organizzai la  Manifestazione  del 22 ottobre 1982, possedevo ancora  un residuo visivo, che  con l’ausilio di una lente  a  contatto,  mi  consentiva una certa autonomia, ma      la cecità totale  mi ha raggiunto dopo alcuni anni, ed anch’io  ho    potuto  usufruire di quella indennità  di  accompagno  ,  per la quale avevo lottato. ,  quando ancora  il problema non mi apparteneva.  L’aver pensato, solidarizzato e  lottato   con i  ciechi  assoluti di allora,  ho, di fatto,   contribuito   anche      alla   mia    miglior   condizione attuale. Erano  presenti alla  manifestazione  anche   altri ipovedenti    che  spero non abbiano avuto  la necessità di  dover ricorrere  a  questo  beneficio.