È uscita la nuova commedia di Massimiliano Bruno: "Viva l'Italia".
Di tutto rispetto il cast degli attori, tra i quali ricordiamo Michele Placido, Raoul Bova, Alessandro Gassman, Ambra Angiolini e Rocco Papaleo.
"Viva l'Italia" sarà presente nelle sale italiane in più di 500 copie. Intento di Massimiliano Bruno è mostrare, nella sua seconda opera da regista, l'Italia attuale, quella reduce dal berlusconismo, in cui il lavoro è carente per tutti, ma in modo particolare per i giovani, un'Italia che si manifesta come un Paese in cui la meritocrazia è divenuta ormai una vaga idea, di cui poco si conosce.
Con Massimiliano abbiamo avuto la fortuna di trascorrere alcune ore realizzando, tra le altre cose, l'intervista che segue.
D. Quello con Massimiliano Bruno è per noi un gradito incontro. Abbiamo conosciuto l'attore, sceneggiatore e regista diversi anni or sono, proprio negli uffici dell'Unione Italiana dei ciechi e degli Ipovedenti. Cosa facevi allora Massimiliano? Vuoi raccontarlo tu?
R. In primo luogo voglio esprimere la mia più sincera gioia di essere oggi insieme a voi. Nel lontano settembre del 1997 io facevo l'obbiettore di coscienza, avevo scelto di non fare il militare, ritenevo fosse più utile dare il proprio apporto in attività di carattere sociale. È stato così che mi sono ritrovato presso la sede centrale dell'Unione Italiana dei Ciechi.
Mi auguro di aver dato un valido apporto.benché io fossi un po' un fannullone…
D. Non lo sei mai stato, infatti, grazie alla tua presenza presso di noi, tra le altre cose hanno visto la luce alcuni validi filmati…
R. Sì, è vero. Realizzammo ad esempio "Non così ma così", facemmo tre filmati per l'Unione Italiana dei Ciechi e poi ho fatto davvero molte altre cose: registrazioni di testi, duplicazioni di riviste e libri, predisposizione delle etichette Braille per le allora audiocassette. Mi sono avvicinato a questo mondo. Per me è stata un'esperienza estremamente formativa, positiva, ho compreso che la vostra è davvero una grossa organizzazione. Allora ero molto giovane, torno qui oggi dopo diversi anni, rivedo gli stessi uffici, le stesse persone, rincontro te… è un tuffo al cuore per quanto mi riguarda…
D. Già allora ti dedicavi al teatro, svolgevi già in quei tempi una intensa attività artistica. Come si è evoluta poi la tua carriera. Vuoi tracciare per i nostri lettori il tuo percorso, fatto davvero di numerosi successi. La tua è, peraltro, una personalità poliedrica, sei attore, ma anche sceneggiatore, autore di famosi programmi televisivi, di fiction, di testi per comici affermati, scrivi per il teatro e sei anche regista.
R. Ho iniziato nei piccoli teatri romani, alla fine degli anni '80, facevo delle piccole cose. Nella mia compagnia c'erano attori come Paola Cortellesi, Claudio Santamaria, Sergio Zecca, Valerio Aprea, lo stesso Valerio Mastandrea, insomma eravamo un gruppo di ragazzi che facevano piccole cose nei piccoli teatri. Da allora ho realizzato ben due spettacoli in coppia con Paola Cortellesi; la fortuna ha voluto che Paola abbia fatto una carriera splendida a livello televisivo, poiché fu presa dapprima da Gianni Boncompagni, per fare una trasmissione che si chiamava Macao e quindi dalla Gialappa's Band per fare "Mai dire goal". Io sono diventato il suo autore, quindi ho virato la mia carriera di attore su quella di autore, ho iniziato a scrivere per le fiction televisive, ho scritto molte cose, ad esempio "Non ho l'età", "I Cesaroni "; ho scritto programmi televisivi: "Quelli che il calcio" nell'edizione condotta da Simona Ventura, scrivevo i testi per Max Giusti, quando faceva le diverse imitazioni io ero uno dei suoi autori, insieme al grande Riccardo Cassini. Ho scritto anche diversi programmi per LA7. Al principio degli anni 2000 mi sono avvicinato al cinema ed ho avuto un esordio fortunato come autore, ho scritto la sceneggiatura di "Notte prima degli esami", che fu un grosso successo, per la regia di Fausto Brizzi. Si è trattato di un film che ha fatto epoca, ha vinto anche il David di Donatello come migliore opera prima.
Ho firmato anche la sceneggiatura del seguito "Notte prima degli esami oggi" e, sempre per Brizzi, ho scritto "Ex", che era un film sulle storie d'amore finite, è stata quindi la volta di "Maschi contro femmine" e "Femmine contro maschi". Ho quindi pensato di dovermi emancipare e provare la via della regia, ho esordito quale regista di cinema con un film dal titolo "Nessuno mi può giudicare", scritto sempre da me insieme ad Edoardo Falcone, con protagonista Paola Cortellesi, che è la mia amica da vent'anni, con la quale ci siamo ritrovati anche nel cinema. Nel cast vi erano anche un grande Rocco Papaleo, Raoul Bova, che era il bello del film. È un film che è andato molto bene, sia al botteghino che come critiche. Con "Nessuno mi può giudicare" ho vinto il Nastro d'Argento come miglior commedia, ormai due anni or sono, ciò mi ha consentito di fare il mio secondo film, "Viva l'Italia", dal 25 ottobre al cinema. Anche in questo caso mi sono trovato ad avere un grande cast, infatti ho avuto la fortuna di lavorare con attori del calibro di Michele Placido, Alessandro Gassman, Rocco Papaleo, Raoul Bova, Ambra Angiolini ed anche con una grande del passato come Isa Barzizza, che ha recitato nelle grandi commedie di Totò. Nel film vi è anche Maurizio Mattioli. Si tratta di una commedia molto divertente, ma anche amara, sulla situazione del nostro Paese. Ogni tanto, Luisa, ho fatto anche l'attore, poiché mi diverto anche a fare l'attore.
D. In quali fiction, ad esempio, vogliamo ricordarlo?
R. Ho fatto, a parte diverse cose in televisione insieme a Paola Cortellesi, quali "Nessun dorma", trasmissione satirica in cui interpretavo personaggi buffi, una serie televisiva "La omicidi", con Massimo Ghini, in cui ero il suo braccio destro e, ad un certo punto, mi sparavano pure; nell'ultima puntata mi hanno sparato, però mi sono salvato. Ho lavorato anche ne "L'Ispettore Coliandro", scritta da Carlo Lucarelli. Si trattava di gialli molto sofisticati, carini e divertenti, ambientati in una Bologna multietnica. Interpretavo un agente di polizia, Borromini, ed avevo uno spiccato accento calabrese. Ho quindi fatto una serie televisiva per Sky dal titolo "Boris", che è diventata un piccolo cult tra gli amanti di Sky, perché era la storia di questa troupe scalcinata di una fiction televisiva che si chiamava "Gli occhi del cuore". Io interpretavo un cabarettista becero, Nando Martellone.
D. Un più o meno velato riferimento al famoso telecronista di calcio?
R. Esattamente. Il nome del personaggio era ispirato proprio a lui. Ho fatto anche un po' di cinema, nel senso che ho recitato in qualche mio film, in "Maschi contro femmine", ho interpretato uno psicologo un poco sui generis, che offendeva i pazienti, insomma mi sono divertito. Però chiaramente la mia strada è quella della regia e della sceneggiatura.
D. Come ci si pone per iniziare a scrivere una sceneggiatura? Quanto è complesso e cosa ti piace di questo lavoro?
R. Beh, io sono una persona molto curiosa, a cui piace molto parlare con le persone, ascoltare la radio, guardare la TV, leggere il giornale, i libri, andare a teatro, al cinema, insomma vivere pienamente il tempo in cui ci troviamo. Questo mi facilita nel lavoro. Quando qualcosa mi colpisce, immediatamente mi viene un'idea per un film. Così come è stato per "Notte prima degli esami", che parlava dell'esame di maturità ma anche degli anni '80. Mi sembrava maturo nel 2005 parlare degli anni '80, come del resto negli anni '80 fu fatto da chi realizzò "Sapore di mare", che era incentrato sugli anni '60.
D. Ti sei forse anche ispirato alla canzone di Antonello Venditti, o non ci hai pensato affatto?
R. Sì sì, sicuramente la canzone di Venditti mi è parsa un gran titolo ed inoltre l'abbiamo proprio utilizzata nel film giacché abbiamo chiamato i personaggi proprio con quei nomi. Ricordi? "Claudia non tremare, non ti posso far male…" Il personaggio femminile, interpretato da Cristiana Capotondi, l'abbiamo chiamata così, Claudia. Anche l'attualità mi colpisce molto: ad esempio "Nessuno mi può giudicare" parla di una escort e, un paio di anni fa, questo mi sembrava un argomento molto caldo… Mi piace stare attento a quanto accade, per poter poi descrivere il Paese a modo mio, sempre con comicità ovviamente.
D. Generalmente quando scrivi e dove scrivi?
R. Ho cambiato diversi posti: di solito beh, posso scrivere anche a casa, ma la cosa migliore secondo me è avere un metodo, quindi uscire la mattina, andare in uno studio, adesso ho uno studio, lavorare, perché la scrittura è sì creatività, però è anche metodo. È indispensabile stare dieci ore al giorno davanti al computer, produrre molto, in modo tale che si possa anche gettare nel cestino quel materiale che non va bene.
Bisogna dunque lavorare tanto ed avere una qualità, quella, cioè, di essere poco indulgenti con se stessi, avere il coraggio di dire, quando hai scritto una cosa che non va bene, "non va bene, debbo migliorarla". È per questa ragione che è necessario lavorare molto, perché probabilmente, il 90% di ciò che produci in quel mese di lavoro finisce per non essere idoneo, il 10% che va bene lo tieni e, dopo quattro, cinque, sei mesi di lavoro, hai tirato fuori un bel film.
D. Preferisci scrivere da solo o lavori anche insieme ad altri?
R. Per il cinema preferisco scrivere insieme ad altri, perché credo sia fondamentale quella fase che si chiama brainstorming in cui si chiacchiera, magari per un paio di mesi, insieme agli altri collaboratori; ho scritto tanti film con Fausto Brizzi e Marco Martani, adesso sto scrivendo con Edoardo Falcone. Essere almeno in due ti dà quella forza per cambiare idea, ti aiuta a creare gag divertenti. Per il teatro, invece, scrivo da solo, poiché scrivo cose sicuramente divertenti, ma più intime, più meditate. È come scrivere un libro, per me, il teatro. Ho bisogno di scrivere la sera, di avere quale sottofondo il mio Chet Baker, piuttosto che Tom Waits, insomma musica che mi piace e che nel contempo mi rilassa.
Ultimamente sto anche scoprendo musicisti più giovani…. metto queste cose che mi rilassano, viaggio con il cervello. Abito in un posto che è un po' fuori mano, ma estremamente creativo, visto che la finestra di fronte alla quale lavoro affaccia sul parco di Veio, ho quindi questa meravigliosa boscaglia che mi ispira moltissimo. Sullo sfondo vedo la Castelluccia, che è questo quartierino che si illumina di notte, insomma mi piace molto stare a casa e scrivere di notte per il teatro, cosa che purtroppo faccio raramente, poiché, al cinema pagano e a teatro no. Dunque scrivo più per il cinema e scrivo di giorno.
D. Quando scrivi già immagini quali attori reciteranno quanto vai scrivendo e in qualche modo commisuri ciò che componi ed i ruoli agli attori che ne saranno gli interpreti o ti astrai totalmente e ci pensi in un secondo momento?
R. Sono stato fino ad ora molto fortunato rispetto a questo argomento, poiché ho sempre avuto prima l'idea degli attori che dovevano interpretare quei ruoli, anche perché in teatro spesso scrivo per me e quando non ho scritto per me stesso sapevo quali attori avrebbero interpretato quelle parti, penso a Paola Cortellesi, a Rolando Ravello… sapevo che avrei scritto per loro. Quest'anno arriva a Roma un mio spettacolo dal titolo "Ti ricordi di me?" con Ambra Angiolini ed Edoardo Leo ed è una cosa che ho cucito addosso a loro. Quando si scrive per il cinema è un poco più complesso sapere prima chi sono gli attori. Nel caso dei film che ho scritto per Brizzi non sapevamo chi avrebbe interpretato quelle parti, mentre quando ho scritto "Nessuno mi può giudicare" sapevo che pretendevo che l'attrice fosse Paola Cortellesi, questa è l'unica richiesta che ho fatto alla mia produzione e l'ho avuta. Questo film, invece, l'ho scritto pensando ad alcuni attori e, invece, me ne sono ritrovati altri.
D. Ti hanno piacevolmente sorpreso o sei rimasto deluso?
R. No no, sono piacevolmente sorpreso ed ho scoperto che gli attori che ho preso per questo film sono migliori di quanto pensassi. In questo mio nuovo film "Viva l'Italia" c'è un Alessandro Gassman strepitoso, Michele Placido che credo non sia mai stato così bravo in nessun altro film come in questo, lui che già è un attore straordinario, Ambra Angiolini, Raoul Bova, insomma, a volte ti sorprendono…
D. È veramente una brava attrice Ambra Angiolini?
R. Ambra, lo vedrete, in questo film è una attrice molto brava ed è una attrice anche comica, nel senso che nel film fa molto ridere; credo che forse sia il personaggio che fa più ridere nel mio film. Interpreta una attrice "cagna", con la zeppola, con quella particolare esse. Ha un padre politico che l'ha raccomandata e lei lavora moltissimo, ma non è in grado…
È come se mi mettessero a giocare a calcio con la nazionale italiana, io, che peso 100 kg, sicuramente non sarei un bravo centravanti. Lei in questo film interpreta questa attrice non brava che con questa esse dice "state a sentire", tutti la odiano, è molto buffa, divertente. Nel film, ovviamente, avrà poi un cambiamento, una presa di coscienza, muterà, migliorerà.
D. È preferibile fare il regista di un film che si è anche scritto o è più interessante quando il film è stato pensato e sceneggiato da altri?
R. Per ora ti dico che io i film li scrivo da solo, quindi non riesco a concepire l'idea di fare la regia di un film che non sia scritto da me; però, però… in futuro non si può mai dire, ad esempio Clint Eastwood, un grande attore, mentre scriveva un suo film ha ricevuto una sceneggiatura così, giunta sulla scrivania del suo ufficio, si intitolava Gran Torino, ed era una sceneggiatura scritta da altri. Lui l'ha letta, se ne è innamorato ed ha deciso di mollare letteralmente il film al quale stava lavorando ed ha detto "voglio fare questo". Fece questo film che, se non erro, gli fruttò anche candidature all'Oscar. Era un gran film.
D. L'attore italiano che ti piace di più e quello straniero…
R. Tra gli stranieri mi piace molto Javier Bardem, l'attore spagnolo, credo sia in questo momento a livello internazionale l'attore che mi emoziona di più. Un film come "Mare dentro" è qualcosa che davvero mi è rimasto nell'animo, nel cuore, inoltre lui è davvero bravo. È un attore che riesce a lavorare in Francia, in Spagna, negli stati Uniti, è estremamente poliedrico. Se parliamo di attori americani trovo più difficoltà a rispondere, nel senso che trovo difficoltà proprio sui film americani: vi sono divi che fanno dei film talmente lontani dalla nostra cultura, trovo davvero difficoltà, inoltre è anche difficile capire se ti piace un attore quando lo senti doppiato, ma non in lingua originale. Vi sono, però, taluni attori che sanno sempre sorprenderti, e sono i divi che conosciamo così. In Italia abbiamo tantissimi bravi attori. Ritengo sia pure arrivato il momento di staccarci da questa mentalità un po' esterofila da un lato, ma anche conservatrice secondo la quale eh, certo una volta c'erano Mastroianni, Sordi, adesso basta: abbiamo Pierfrancesco Favino, Elio Germano, un sacco di attori bravi, che hanno la stessa "identica" dignità di Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni ed altri. Il nostro problema è che si tende sempre a dire che prima era meglio. È un po' come quando noi quarantenni diciamo: quando eravamo piccoli… non come sti ragazzetti di vent'anni che non capiscono nulla. Purtroppo i ventenni di oggi faranno altrettanto tra vent'anni! Credo che sia tempo di smetterla con considerazioni di questo genere. Così come è tempo di smetterla di dire la grande commedia all'italiana…. sì, ok, c'è stata, negli anni '50 '60 '70, vi è stata la grande commedia all'Italiana: adesso vi è un tipo di commedia sicuramente più superficiale, che, però, è un tipo di commedia. Secondo me sta per tornare in voga una sorta di commedia sociale italiana e bisognerà, per me, dire, la Nuova Commedia Italiana, senza fare paragoni di sorta con la vecchia commedia. In questo panorama (e rispondo alla tua domanda) uno come Pierfrancesco Favino, ad esempio, è un grande attore, così come lo è Elio Germano. Vi sono anche grandi attori che stanno migliorando, Valerio Mastandrea visto recentemente in tanti film, indubbiamente, è un attore molto migliorato. Kim Rossi Stuart è un bravissimo attore. Tra le attrici abbiamo personalità che ti emozionano sempre come Vittoria Mezzogiorno, Margherita Buy, secondo me vi è un panorama artistico italiano a livello di attori, molto farcito di talenti. Forse sugli autori ed i registi siamo più in difficoltà… Non ci sono grandissimi sceneggiatori in Italia rispetto agli anni precedenti e si incontrano difficoltà; forse si è un po' annacquata la creatività con la fiction, con i film americani, un pochino pecchiamo di originalità, dobbiamo rimboccarci le maniche.
D. Hai citato le fiction. tanto per pensare al passato: un tempo la televisione di stato produceva dei grandi ed importanti sceneggiati televisivi di un certo spessore. Oggi il panorama delle produzioni televisive anche tratte da romanzi è assai diverso. A cosa imputare questo divario con il passato?
R. Gli sceneggiatori sino a trenta-quaranta anni fa non avevano fatto una scuola di sceneggiatura. Oggi gli sceneggiatori provengono da scuole, o da letture di libri, per cui hanno in mente la divisione della storia in tre atti, che deve essere strutturata in un certo modo; ci siamo uniformati ad un format, quindi hai degli editor, quando lavori per Mediaset, o per la RAI, che sono molto legati al format. Il pubblico ha appreso il format, quindi, tu stessa, mediamente, saprai, che quando al principio di una fiction vedi un uomo ed una donna che non si stanno simpatici già capisci o capirai piano piano che loro si conosceranno ed innamoreranno.
Vi sono dei must, dei target, che non vengono superati. A volte, però, ci riusciamo. Io ho anche visto delle belle fiction negli anni scorsi, mi ricordo di essermi emozionato molto nel guardare quella dedicata a Borsellino, vi sono cose fatte bene. Purtroppo credo che chi dirige la fiction a grandi livelli, abbia un po' meno stima del pubblico, rispetto a quella che, invece, nutriamo noi autori. Quindi sei un po' portato a scrivere in un certo modo. Mi ricordo che proprio in una grande rete televisiva, durante una conferenza una persona importante, che poi è divenuta Presidente del Consiglio, disse che dovevamo scrivere le fiction pensando che il pubblico medio era simile ad un bambino di undici anni, del sud,che andava male a scuola. Per costoro il popolo televisivo era dunque da paragonarsi ad un bambino undicenne del sud che andava male a scuola, dunque,secondo loro, un poco ignorante.
D. Date queste premesse: come valuti il livello della televisione italiana?
R. Ha il livello adatto ad un bimbo di undici anni. Il livello è basso poiché, politicamente, si è voluto questo. È un disegno ben preciso mantenere basso il livello culturale della popolazione. se tieni basso il livello culturale, annichilisci anche la mente delle persone ed è più semplice compiere manipolazioni ed indurre la gente a votare quello che, più o meno, si vuole. Di fatto chi ha preso il potere è stato un personaggio che è apparso più degli altri. Apparire significa essere, per qualcuno che è, se così si può dire, più semplice; votare una persona che appare di più, che conosci con nome e cognome, che magari ha fatto passare un'immagine di sé vincente, per taluni è preferibile, piuttosto che votare qualcuno che si conosce meno, che ha minor visibilità. Dietro alla cultura vi è sempre un disegno politico. Il livello culturale, in Italia, si è abbassato rispetto a trent'anni fa, ma anche a livello di censura. una volta, negli anni '70 si potevano dire in televisione delle cose che adesso non si possono più dire, poiché ti censurano.
D. Ovviamente chi è a ciò preposto fa sembrare che così non è…
R. Ma lo è. Loro per propaganda dicono che non è così, ma uno come Beppe Grillo ne ha pagato le conseguenze; Grillo è uno che è uscito fuori dalla televisione perché diceva certe cose, poi per sua "Tigna personale", secondo me, adesso, poiché dal mio punto di vista vive nel rancore, cerca ora politicamente di realizzare il suo sogno: andare al posto di quelli che lo hanno cacciato trent'anni fa. Questo è tutto un gioco di potere: la cultura purtroppo è l'arma in più per cercare di vivere in un Paese più civile possibile. Se loro te la nascondono, facendoti vedere il più possibile "Il grande fratello", "L'Isola dei famosi", "Amici", trasmissioni in cui, signore di cinquant'anni vanno lì a dire la loro sulle corna del marito si finisce per essere annichiliti con stupidaggini. Tu quel tempo che potresti dedicare alla lettura di un grande classico, di Shakespeare, piuttosto che alla visione di un bel film di Michelangelo Antonioni, lo dedichi alla visione di una cosa stupida, la stupidità è contagiosa, quindi vedere una cosa stupida rende meno intelligenti e, se ci si fa vincere si perde.
D. I cosiddetti talent, inoltre, fanno passare l'idea che basti davvero poco per diventare famosi…
R. Lo so, spesso questi ragazzi sono quasi dei cloni, che durano una stagione. Mi parlava un amico discografico di un ragazzo che ha vinto Sanremo pochissimo tempo fa e che è già finito. Eppure ha vinto Sanremo, due o tre anni fa. Tentano di spingerlo, senza grandi esiti. Si tratta di fenomeni che il pubblico percepisce televisivamente ma l'anno dopo ne vuole subito degli altri. Questo per la produzione è anche estremamente vincente, perché una cosa è fare una trasmissione in cui hai, ad esempio, otto attori famosi che devi pagare, altro è realizzare un programma in cui i ragazzi non vengono pagati, li fai diventare dei divi, l'anno successivo non tornano, ma ne prendi degli altri. Il pubblico è ormai abituato: vede quello che vince "X factor" dopo un po' passa. Tra questi, ogni due o tre anni, può anche uscire uno che resti, si pensi a Noemi. Ma per una Noemi vi sono che so io 150 altri ragazzi che hanno partecipato a quella trasmissione e non lavorano. Si tratta dunque di trasmissioni un poco illusorie. Io in generale credo che debba esservi quel tipo di trasmissione, però mi devi dare egualmente anche degli approfondimenti su altro: ben vengano, infatti, le trasmissioni che facevano sui libri, su un certo tipo di musica, oppure Saviano. Occorre dare tutto, offrire la possibilità di scegliere. Bella la trasmissione di Fabio Fazio, bella la trasmissione che conduceva Serena Dandini, che oltre a portare sul suo divano un attore famoso, portava anche un premio Nobel. Occorre far comprendere al pubblico che esiste tutto un mondo. È necessario far passare alle persone l'idea democratica che contiamo qualcosa e che, comunque, all'interno del Paese, possiamo avere un peso, perché siamo il 99% delle persone, siamo coloro che possono cambiare le cose. Ma in realtà se tu stesso comunichi che tanto le cose non le puoi cambiare, la gente finisce per crederci e non le cambia.
D. Hai fatto cenno al tuo ultimo film, a cosa altro stai lavorando?
R. Principalmente ho lavorato al film, mi piacerebbe tornare a lavorare per l'Unione Italiana dei Ciechi.
D. Lo farai presto infatti.
R. Sì, vi è un progetto per una cosa da realizzare insieme. Ne stiamo parlando, mi auguro di poter realizzare qualcosa per voi. Per il resto il film e a teatro vi è questa tourneè di uno spettacolo da me scritto, inoltre sto già lavorando alla scrittura di un nuovo film.
D. Puoi anticiparci qualcosa? No naturalmente.
R. No, ancora non posso, altrimenti, come dire, mi tagliano le gambe! Non lo posso ancora dire, debbo lavorarci per poterlo poi presentare alla mia produttrice e capire se le piace l'idea. Già con "Viva l'Italia" mi ha concesso di realizzare una commedia sociale, molto scomoda ma anche divertente. Il film è uno spaccato divertente del malcostume del nostro Paese dove si scherza ma… In qualche modo si presenta una fotografia dell'Italia piuttosto amara.
D. A chi ti senti di consigliare in modo particolare la visione di "Viva l'Italia"?
R. Alle persone che sono indecise su chi votare a marzo prossimo.
Massimiliano Bruno ci saluta con una promessa: non solo lavorare con noi al progetto di due filmati, ma realizzare proprio insieme a lui, la versione audiodescritta per i non vedenti di "Viva l'Italia", di cui egli stesso redigerà e leggerà il commento.
Luisa Bartolucci
“Viva l’Italia” – Intervista a Massimiliano Bruno, di Luisa Bartolucci
Autore: Luisa Bartolucci