Con altri occhi
Ci sono persone speciali, che non si stancano di esplorare vie nuove e non restano aggrappate al rassicurante già noto. Il nostro amico Francesco Fratta, improvvisamente e prematuramente scomparso, era senz’altro uno di loro. Tante volte, anche attraverso questa rivista (di cui era un autorevole redattore) ci ha stimolati a usare al meglio le nostre risorse (il tatto, l’udito, l’intelligenza, l’ironia) per esplorare la complessità del mondo, senza paura di tuffarci in esperienze inusuali e solo apparentemente impossibili. Perché, come ci ricorda Saint-Exupéry, “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Pensiamo che il modo migliore per onorare la memoria di Francesco sia proseguire nel suo impegno e rendere ancora più intenso il nostro lavoro. Tra i contributi di questo numero, le esperienze di tre studentesse universitarie con disabilità visiva: storie che, quanto a tenacia e forza d’animo, non hanno bisogno di commenti.
La redazione
Comitato di Redazione
UICI/011
Direttore Responsabile
Franco Lepore
Redazione
Sandra Giovanna Giacomazzi
Flavia Navacchia
Hanno collaborato
Silvia Battaglio
Christian Bruno
Alessia Lanatà
Mara Laverde
Alessio Lenzi
Titti Panzarea
Caporedattore: Lorenzo Montanaro
Per scrivere alla redazione:
ufficio.stampa@uictorino.it
Il Comune di Torino avrà un Disability Manager
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ha segnato un cambiamento epocale, culturale e politico, finalizzato a sostenere ogni azione utile alla promozione dei diritti delle persone con disabilità e della loro piena partecipazione alla vita attiva della propria comunità. La disabilità è un concetto in evoluzione: la Convenzione ONU sottolinea che la condizione di diseguaglianza è configurabile non tanto nella persona in quanto “disabile”, ma è il risultato dell’interazione tra la persona e le barriere ambientali, attitudinali e culturali, che ne impediscono la piena ed efficace partecipazione nella società, su una base di parità con le altre persone.
In Italia si sta concentrando una notevole attenzione sul tema del disability management. Tuttavia non sempre la materia viene trattata in modo corretto, anche perché attualmente non esiste una specifica legislazione.
Preliminarmente occorre far presente che il Disability Manager non è una professione, ma è un insieme di competenze che si inseriscono in una professionalità di base già consolidata, che può spaziare dall’architettura all’ingegneria, dalla giurisprudenza alle risorse umane. Tale figura può avere grande importanza sia nella pubblica amministrazione che nelle aziende private.
Nelle amministrazioni comunali, il Disability Manager ha il compito di vigilare affinché l’attività degli uffici rispetti prima di tutto la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Inoltre questa figura innovativa ha un ruolo di supervisione sulle politiche dell’amministrazione comunale in ogni ambito: dall’accessibilità degli spazi al tema della mobilità, dall’inclusione scolastica all’inserimento lavorativo.
In buona sostanza, il Disability Manager deve operare affinché tutti gli attori istituzionali, quando pianificano, decidono e agiscono, tengano in considerazione anche l’effetto che il loro operato avrà sulle persone con disabilità. A tale funzione di controllo si aggiunge poi quella propositiva che si attua mediante il suggerimento di possibili linee di intervento. Per quanto possibile, in questo complesso di azioni bisognerebbe tener conto anche delle esigenze di economicità, efficacia e efficienza richieste per il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. In definitiva, il Disability Manager si adopera per facilitare il rapporto in rete al fine di connettere cittadini, dipendenti dei vari uffici, associazioni e amministrazione comunale.
Vista la crescente importanza della figura in esame, alcuni comuni italiani si sono già dotati di un Disability Manager. In queste settimane è in approvazione la delibera che introdurrà questa figura anche a Torino. In particolare, con questo importante provvedimento, l’amministrazione comunale si impegna a creare le condizioni affinché vengano rimosse quelle barriere fisiche, sensoriali e culturali che, a tutt’oggi, impediscono ancora a molte persone con disabilità di accedere e fruire pienamente di quanto offre la città in termini di servizi.
Tra i compiti del Disability manager di Torino ci sarà l’elaborazione di un piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche, nonché la promozione di iniziative di sensibilizzazione e dell’esercizio dei diritti all’accesso e alla fruizione dei servizi comunali nei settori del lavoro, casa, formazione, cultura, assistenza, tutela della salute, istruzione, mobilità, sport, etc. Particolarmente innovativa sarà inoltre la predisposizione del Vai (Valutazione Accessibilità Inclusione), una scheda di verifica di coerenza degli atti deliberativi con le linee guida definite e aggiornate dal Disability Manager.
In futuro, l’introduzione della figura del Disability Manager in diversi ambiti potrà giocare un ruolo importante nell’auspicata inversione di tendenza all’approccio dell’inclusione sociale delle persone con disabilità.
Franco Lepore
Presidente UICI Torino
Donne con disabilità, tra doppia discriminazione e grandi potenzialità
Il 9 Marzo (in occasione della festa delle donne), nella sala Viglione di palazzo Lascaris, con il patrocinio della Regione Piemonte e del Comune di Torino, si è svolto un convegno organizzato dall’UICI, in particolare attraverso il Comitato Pari Opportunità, e dedicato alla condizione delle donne con disabilità. Essere donne è, di per sé, discriminante. Quando a questa discriminazione di carattere sessuale si aggiunge la disabilità, è facile comprendere che gli ostacoli da superare sono molteplici e l’integrazione, ovvero l’inclusione lavorativa e sociale, rischia di diventare un miraggio.
Dopo il saluto delle autorità, la parola è passata alle cinque relatrici protagoniste del convegno, cioè Maria Cristina Pesci (medico e psicoterapeuta), Maria Giulia Bernardini (ricercatrice in Filosofia del Diritto presso l’Università di Ferrara), Patrizia Campo (coordinatrice dei Centri antiviolenza della Città di Torino) Laura Stoppa (psicologa, coordinatrice dei progetti dell’Associazione Verba) e Titti Panzarea (vicepresidente UICI Torino, nonché referente del Comitato Pari Opportunità). Pur spaziando su ambiti molto diversi, tutte le relazioni hanno evidenziato quanti ostacoli e quante fatiche le donne con disabilità debbano affrontare nella società contemporanea.
Uno fra gli aspetti più interessanti, toccato da varie relatrici, riguarda la cosiddetta “intersezionalità“, ovvero l’identità composita che si forma a partire da diverse appartenenze. C’è la componete di genere, legata all’essere donna, c’è la componente della disabilità (fisica, talvolta anche psichica), con tutte le conseguenze che essa comporta. E naturalmente c’è una personalità unica e irripetibile, che deve confrontarsi con quella delle altre donne, disabili e non.
Serve dunque un percorso non semplice (e spesso doloroso) perché una donna con disabilità possa raggiungere la piena consapevolezza di sé ed essere pronta per conquistare i propri obiettivi: dignità, autostima e piena integrazione sociale.
Si colloca in questo contesto la relazione della “nostra” Titti Panzarea, che ha affrontato un tema finora un po’ sottovalutato, ossia quello della piena valorizzazione della propria femminilità da parte delle donne con disabilità, come mezzo di rafforzamento della propria autostima e come fattore di una maggiore integrazione.
Le donne disabili riescono ad amarsi? Riescono a vedersi belle? Il loro corpo può talvolta diventare oggetto di derisione, di bullismo, di vere e proprie cattiverie. L’insicurezza è ancora maggiore se la disabilità è acquisita nel corso della vita a causa di incidenti o di malattie: in questi casi non ci si riconosce più, il corpo non è più quello di una volta e non risponde alla propria volontà, che invece è rimasta la stessa e, soprattutto, delude le proprie aspettative a causa del presunto diverso gradimento da parte di chi lo guarda e lo giudica. Diventa quindi di fondamentale importanza la fase di ricostruzione della propria autostima attraverso la valorizzazione della propria bellezza interiore e, perché no, anche di quella esteriore. L’UICI di Torino, proprio per sopperire a queste necessità, organizza da tempo corsi di autonomia personale, ma anche corsi di cosmesi ed estetica, per aiutare le donne non vedenti a prendersi cura di sé, sentendosi più belle per se stesse e per gli altri.
L’ultima parte del Convegno è stata riservata ad alcune testimonianze di donne non vedenti, sorde e con disabilità motoria.
Al termine dei lavori è emerso con chiarezza che, se vogliamo per il futuro una società realmente-+ giusta, solidale ed inclusiva, dobbiamo, prima di tutto, avere chiaro il significato della parola diversità e della ricchezza che essa racchiude. La diversità non è un limite, un ostacolo, ma un’opportunità, fonte di arricchimento reciproco, che può realizzarsi solo attraverso un dialogo aperto, sincero e scevro di pregiudizi.
Flavia Navacchia
Comitato Pari Opportunità UICI Torino
Le TV che parlano
Da quando, nel 2010, si è passati dal vecchio sistema di trasmissione analogico al più moderno digitale terrestre, i televisori sono divenuti dei veri e propri centri per l’intrattenimento domestico.
Infatti, non si utilizzano più solamente per guardare le normali trasmissioni televisive, ma anche per riprodurre contenuti da internet e video dell’utente, oltre che per eseguire applicazioni di ogni genere.
Questi apparecchi televisivi dalle mille funzionalità, detti smart TV, stavano diventando quasi inutilizzabili per le persone non vedenti o con problemi visivi.
Da qualche tempo, finalmente, il mercato ci è venuto incontro ed oggi abbiamo a disposizione televisori abbastanza accessibili, dotati di una voce che ci guida nelle varie impostazioni ed applicazioni.
Il sistema funziona più o meno come un programma di lettura schermo presente su un computer o su uno smartphone e ci permette di muoverci agevolmente nei menù, gestire tutte le impostazioni, conoscere il nome del canale sul quale siamo sintonizzati e, se presenti, avere le informazioni sul programma che è in onda al momento.
Non tutti i televisori in commercio sono dotati di tali tecnologie ma, attualmente, solo 3 grandi produttori hanno deciso di investire in questa direzione. I marchi di riferimento sono Samsung, LG e Sony. Vi sarebbe anche un quarto produttore, Panasonic, ma da qualche anno si è fermato con lo sviluppo e, al momento, le prestazioni non sono tali da poter essere consigliate.
Nei prossimi paragrafi, si farà una piccola disamina di ogni marca, citando i punti a favore e quelli a sfavore.
Samsung. I modelli dotati di tecnologia pienamente accessibile sono quelli dalla serie J in avanti (le serie precedenti dispongono di una guida vocale ma alcuni ambiti di funzionamento non sono coperti). Con tali apparecchi è possibile impostare tutte le funzioni del televisore, consultare la guida ai programmi ed utilizzare, anche se in modo molto rudimentale, le applicazioni come Youtube o la navigazione internet. Inoltre si possono vedere contenuti presenti su chiavette o dischi di rete.
LG. Sono compatibili con la funzionalità di audio guida tutti i televisori smart di LG che montano il sistema operativo Web OS. In pratica, tutti gli attuali modelli in commercio. Anche qui è possibile gestire le varie funzionalità proprie della TV e, come per Samsung, avere un supporto per le app (ad esempio Youtube e Netflix). Una caratteristica importante è che LG produce TV smart anche di piccole dimensioni, tipo 24 pollici, mentre Samsung e Sony sono disponibili solo di grandi dimensioni.
Sony. con android. Questo tipo di apparecchi meritano una disamina un po’ più approfondita. Infatti, su questi televisori, si trova il sistema Android che viene comunemente utilizzato sugli smartphone di ultima generazione, cosa che li rende in tutto simili a uno smartphone od un tablet. Di conseguenza, è possibile installare un gran numero di applicazioni e il livello personalizzazione è molto elevato.
Questi televisori si utilizzano attraverso lo screen reader Talkback, che è lo stesso dei telefoni o tablet, quindi la loro accessibilità da un punto di vista multimediale è decisamente avanzata.
Ad esempio, possiamo utilizzare benissimo Youtube, Netflix e molte applicazioni presenti sulla piattaforma Google Play.
Se da un punto di vista multimediale questi televisori sono molto accessibili, altrettanto non possiamo dire per le funzioni più strettamente legate alla visione della classica TV. Infatti, una delle funzionalità più importanti, la risintonizzazione dei canali, non si riesce a fare e, se vogliamo avere le informazioni sul canale che stiamo visualizzando, dobbiamo agire manualmente su un tasto. Vi sono anche altre marche che prevedono TV con Android, come Philips o Sharp, ma la loro accessibilità è decisamente peggiore rispetto a Sony.
Concludendo questa piccola carrellata, possiamo affermare che, se l’interesse maggiore è quello di guardare la TV, i modelli migliori sono quelli di Samsung o LG, mentre se quello che ci interessa maggiormente è l’aspetto multimediale, sicuramente i televisori Sony con Android, sono la scelta migliore.
Alessio Lenzi
Referente Comitato Informatico UICI Torino
L’autopromozione perpetua dei consulenti informatici
Circa 15 anni fa, nella scuola dove insegno, fu introdotto il registro elettronico. Credo che fossimo una delle prime scuole in Italia a sperimentare tale tecnologia. Il programma era di una semplicità esemplare: bastava un passaggio per effettuare molteplici operazioni. Tant’è vero che, entro pochi anni, l’hanno fatto sparire. Per la serie: quando qualcosa va bene, bisogna eliminarlo.
Fu sostituito da un altro programma che aveva dei criteri opposti: per ogni singola operazione servivano più passaggi. Per di più, c’erano molte cose che funzionavano male o non funzionavano affatto. E così abbiamo passato alcuni anni a segnalare ciò che non andava, per migliorare il programma. Insomma, fungevamo da Beta Testers per le aziende produttrici. Solo che anziché essere pagati per un servizio che rendevamo loro, il ministero pagava profumatamente queste aziende per le loro incapacità e il loro disservizio.
Nel frattempo io ho perso la vista: da allora sono obbligata ad usare questi programmi o con la sintesi vocali per i programmi di Windows, o con Voice Over per l’l-Pad di Apple. Naturalmente ogni volta che si risolveva qualche problema del programma, non necessariamente la risoluzione era compatibile con le sintesi.
Tra l’altro, va osservato che, anche se questi nuovi programmi e piattaforme fossero perfettamente performanti al loro esordio, per chi non vede, cambiamenti così radicali della geografia delle pagine costringono comunque a buttar via tutti gli automatismi messi nel magazzino della memoria e dover cominciare da capo a creare delle nuove mappe mentali di tutto. Per chi vede, basta buttarci l’occhio per cercare l’operazione che serve. Per noi è necessario ascoltare ogni singola cosa e spesso, prima di trovarla, con tutto quel bla bla bla nelle orecchie, non ricordiamo neanche più quello che stavamo cercando.
Comunque, dopo tre anni di aggiustamenti e modifiche, finalmente il programma si poteva usare. Non dico che fosse semplice e lineare come quello di 15 anni fa, ma se non altro tutte le funzioni necessarie si potevano eseguire.
E invece, che cosa scopriamo quando rientriamo in servizio a
settembre? Avevano cambiato completamente la piattaforma, in pieno contrasto con la massima “se non è rotto, non ripararlo”. Oramai, quando le cose vanno bene, è proprio in quel momento che bisogna temere il peggio.
Non so se trovare consolazione o ulteriore sconforto nel fatto che questi problemi non riguardano solo la scuola pubblica italiana, né esclusivamente il settore pubblico, o l’Italia. Riguardano le aziende pubbliche e private a livello mondiale.
Tutto questo fa sì che gli insegnanti, gli infermieri, i medici e oramai quasi tutti i professionisti, passino la maggior parte del loro tempo ad arrampicarsi sugli specchi amministrativi-elettronici, anziché coi loro studenti, pazienti o clienti.
Questo ci fa ricordare la famosa frase di andreottiana memoria: “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. I consulenti informatici non avranno trovato così un modo di perpetuare il loro lavoro all’infinito?
C’è solo da sperare che, prima o poi, un mal comune così globale, porti qualcuno a ribellarsi.
Sandra Giovanna Giacomazzi
Il cinema da ascoltare: visitatori bendati esplorano la mostra SoundFrames
Si sviluppa lungo la rampa elicoidale dell’Aula del Tempio della Mole Antonelliana, luogo affascinante appartenente al Museo Nazionale del Cinema, la mostra SoudFrames, che indaga il rapporto tra la musica e le immagini in movimento provenienti da molteplici forme artistiche. È in questo contesto che si inserisce la collaborazione dell’UICI e dell’associazione Tactile Vision con il museo, finalizzata alla valorizzazione dell’ascolto, attraverso l’interpretazione solo uditiva della mostra. Dopo avere indossato gli auricolari che permettono ai visitatori di ascoltare i contributi audio di SaundFrames, i visitatori vengono bendati. Parte così il viaggio alla scoperta delle fasi che hanno contraddistinto il rapporto tra la musica ed il cinema. La guida, un membro del Comitato Autonomie e Mobilità dell’UICI torinese, introduce, facendo avanzare lentamente le persone, le sezioni della mostra. Lungo questo percorso i partecipanti incontrano le varie forme in cui si declina il rapporto cinema-musica, dai film muti sino ai giorni nostri. Ai visitatori viene data la possibilità di ascoltare i contributi audio, permettendo non solo di indovinarne i protagonisti degli spezzoni proiettati, ma contestualmente di creare un connubio con le informazioni fornite dalla guida.
Questa iniziativa, che sta riscuotendo notevole interesse, si prefigge di condurre le persone a concentrarsi sulle spiegazioni fornite da chi le accompagna, facendole approdare, attraverso l’impossibilità di vedere le immagini, ad una elaborazione personale della mostra, dettata meramente dall’immaginazione, dai ricordi e dalle suggestioni che la musica mette in moto. Giunti a 25 metri di altezza, i partecipanti vengono sbendati, riacquisendo la possibilità di accedere anche ai contributi video forniti dalla mostra, che possono, facendo il percorso a ritroso, stuzzicare ulteriormente la mente, attraverso l’incontro tra la parte visiva e quella audio ascoltata in precedenza.
SaundFrames si inserisce in un contesto museale che da sempre ha coltivato l’accessibilità intesa come richiamo corale all’inclusione. Perché è proprio dall’inclusione che anche un museo trae vantaggio, distribuendo poi i risultati tra tutti i fruitori, compresi quelli non disabili. Infatti gli accorgimenti adottati per le persone disabili si rivelano importanti anche per loro.
Christian Bruno
Comitato Autonomie e Mobilità UICI Torino
Saluto a Francesco Fratta
Oltre ogni barriera
Martedì 20 marzo è improvvisamente e prematuramente mancato Francesco Fratta, una persona che si è impegnata a fondo per la nostra associazione, ma prima di tutto un carissimo amico.
Attualmente faceva parte della direzione nazionale UICI, dopo aver lavorato a lungo nel Consiglio Provinciale di Torino, con cui tuttora collaborava attivamente, sia attraverso questa rivista, sia attraverso le tante iniziative culturali che seguiva.
In un momento così doloroso, siamo vicini alla famiglia di Francesco e a tutti i suoi cari. E più che mai sentiamo l’impegno di portare avanti le battaglie che Francesco ha sostenuto e i grandi ideali in cui ha creduto.
Fondamentale è stato il suo impegno per la cultura accessibile, cui ha dedicato gran parte della vita, lavorando con passione e rigore. Nessuna forma d’arte – questo era il suo pensiero – può definirsi preclusa “a priori” alle persone con disabilità: si tratta solo di trovare la giusta chiave, la mediazione più efficace. Forte di questa consapevolezza, Francesco ha saputo abbattere tante barriere fisiche e culturali, contribuendo anche a costruire una preziosa rete di associazione ed enti.
Durante la cerimonia di saluto, svoltasi a Pinerolo venerdì 23 marzo, i familiari di Francesco hanno voluto leggere un brano, tratto da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. In quello stesso libro si legge che «l’essenziale è invisibile agli occhi». Grazie, Francesco, per averci aiutato a comprendere quanto questa frase sia vera. Non dimenticheremo il tuo esempio. Ti portiamo nel cuore.
La Via Crucis di tutti e per tutti
Pubblichiamo, di seguito, il testo che Francesco Fratta ha scritto per introdurre l’esposizione “Metti la tua mano. Sulla via della croce con il cuore e le mani…”, ospitata nelle scorse settimane presso il Santuario della Consolata di Torino. E’ un progetto che Francesco aveva personalmente seguito e che, come sempre, ha raccontato con grande entusiasmo
La Via Crucis di Emilia Pozzo La Ferla, realizzata in terracotta non dipinta in altorilievo, colpisce per diversi aspetti, come le prospettive insolite che caratterizzano alcune sue stazioni, come il leggero stacco delle figure rispetto al piano di terra su cui poggiano, o come alcuni gesti o posture di questo o quel personaggio che indicano in modo semplice – ma estremamente intenso ed efficace – una data condizione interiore, emotiva e spirituale, che potrebbero a tutta prima risultare un po’ spiazzanti rispetto all’iconografia tradizionale.
Tuttavia, l’estrema essenzialità delle immagini, composte sempre con pochi e precisi elementi e mai sovrabbondanti di dettagli, gli inconsueti angoli visuali in cui vengono presentati talvolta i personaggi e le situazioni, ed eventuali altre piccole anomalie tecniche adottate per meglio rendere leggibile al tatto ogni momento ed aspetto dell’opera, non ne disturbano affatto la pura visione, ed anzi la sollecitano a non disperdersi e a rimaner concentrata sui pochi particolari significativi, ad alto valore simbolico, che ciascuna raffigurazione immancabilmente offre all’esplorazione delle mani quanto allo sguardo.
Così, per fare solo alcuni esempi, la veemenza dei tre uomini che col volto alterato dalla rabbia puntano gli indici ben evidenti contro Gesù nella prima Stazione, veemenza alla quale Gesù non oppone altro che uno sguardo raccolto e silenzioso; o, al momento della prima caduta, lo sforzo deciso per rialzarsi subito e riprendere il cammino, espresso dalla posizione dei piedi, delle ginocchia e delle mani, e di un corpo inarcato che non vuol cedere alla fatica, posture che cambiano nella seconda e nella terza caduta, col progressivo cedere del corpo che riesce ad opporre sempre minor resistenza al pesante fardello e deve ogni volta accrescere lo sforzo per rialzarsi e proseguire, a significare la dedizione e la fatica che ci vogliono per compiere fino in fondo il proprio dovere.
E la tenerezza e lo struggimento materno rappresentato nella quarta Stazione, tutti racchiusi in quei volti così vicini che si guardano negli occhi e simboleggiati così potentemente dalla mano di Maria che accarezza la guancia di suo figlio e dalla lacrima che le scende sul volto…
…e la Veronica, rappresentata come una giovane donna, e come tale capace di slanci puri e sinceri che sfidano il divieto delle guardie per andare a detergere il volto di Gesù che gli insulti e la sofferenza hanno lordato e intriso di sudore, e che non avendo a disposizione altro che il proprio manto, se lo leva dal capo e ci mostra che aver cura della dignità di una persona è molto più importante che l’attenzione dedicata a un nostro oggetto personale.
E poi, il corpo di Gesù che si contorce dal dolore (11a Stazione) dopo che gli è stato piantato il primo chiodo nel polso sinistro, ci rappresenta insieme una sofferenza indicibile e la freddezza di chi si accinge a rinnovarla ancora, preparandosi a conficcare un altro chiodo in quel corpo già tanto martoriato, e lo strazio di Maria al momento della sepoltura, simboleggiato dal suo corpo prostrato e sorretto da Giovanni (14a Stazione).
Furore accusatorio, pietà, tenerezza e struggimento, umiliazione e dolore tormentoso, generosa cura della dignità, fatica e sforzo indicibile, strazio inconsolabile per la morte di un figlio, ognuno di questi sentimenti umani è rappresentato in questa Via crucis con pochi ma straordinariamente emblematici particolari che l’artista sa far “vedere” anche a chi non possiede il dono della vista.
Con quest’opera anche i ciechi potranno dunque vedere immagini che, per la loro nettezza ed incisività, si fisseranno nella loro mente come altrettante icone. E non credo che le cose andranno molto diversamente per chi queste tavole le vedrà con gli occhi anziché con le mani. Ed anche questo, cioè il rendere accessibile in pari misura l’opera a chi vede e a chi non vede, credo sia un altro indiscutibile merito di questa Via Crucis.
Francesco Fratta
Alla scoperta dei tram storici
Breve viaggio fra tecnica e gusto
Lo sapevate che Torino è stata la seconda città al mondo, dopo Melbourne, ad avere un tram ristorante? Questa è solo una delle tante curiosità che abbiamo imparato durante l’incontro con l’ATTS (Associazione Torinese Tram Storici). Questa meritoria realtà, composta da volontari, si dedica da anni al recupero delle splendide vetture tranviarie che in passato hanno fatto parte del parco circolante e che oggi sono preziosi cimeli.
Su invito del Comitato Autonomie e Mobilità, venerdì 2 marzo un gruppo UICI Torino è salito a bordo di un tram storico per un viaggio nel cuore di Torino. Mentre la vettura percorreva i viali alberati e le piazze auliche per poi costeggiare il Po, i volontari ATTS, con grande competenza e passione, ci raccontavano storie e aneddoti legati ai tram storici: modelli, funzionamento, metodi di guida, mestieri oggi scomparsi (come quello del bigliettaio). Siamo stati anche al deposito GTT di corso Tortona, dove abbiamo potuto visitare diverse vetture. In un clima giocoso e amichevole, abbiamo potuto esplorare tattilmente gli interni e i posti di guida di diversi tram, così da renderci conto della posizione dei comandi. Il pomeriggio si è concluso con un gustoso aperitivo a bordo del tram ristorante RistoColor.
Desideriamo ringraziare l’ing. Roberto Cambursano (presidente ATTS), i suoi collaboratori, l’ing. Guido Bordone (disability manager GTT) e tutti coloro che hanno reso possibile questa bella esperienza. Speriamo di riproporre la visita nei prossimi mesi.
Carlotta Gilli nuova stella del nuoto
Cinque medaglie d’oro e una d’argento ai mondiali paralimpici di Città del Messico
A 16 anni ritrovarsi catapultata in una competizione di livello mondiale, dare il massimo, superare difficoltà e paure. E vincere. Sembra la sceneggiatura di un film, un po’ in stile “Momenti di gloria”. Ma non è un film. E’ l’esperienza di una giovanissima campionessa, è una storia in cui il confine fra talento naturale e forza di volontà si fa sottile, quasi impercettibile. Ai mondiali paralimpici di nuoto, disputati a Città del Messico nel mese di dicembre, Carlotta Gilli, atleta torinese, ipovedente (iscritta alla nostra sezione UICI Torino), ha conquistato ben cinque medaglie d’oro e una d’argento. Un risultato straordinario, soprattutto considerando che Carlotta era alla sua prima esperienza in una competizione di questo livello.
E’ stata una partecipazione travagliata, segnata anche da imprevisti e momenti non facili. I mondiali infatti erano stati fissati a fine settembre, ma sono stati rinviati a causa del drammatico terremoto che, proprio in quei giorni, ha sconvolto il Paese centroamericano. Le squadre erano già arrivate a Città del Messico da diverse settimane, per potersi allenare. «Al momento della scossa – ricorda Carlotta – eravamo nel collegio che ci ospitava per la notte. Tanta paura, ma nessuno di noi si è fatto male». Poi il pensiero alle vittime, la tristezza per una città in ginocchio e il ritorno, precipitoso, in Italia. «Ma quando, meno di due mesi più tardi, siamo tornati, abbiamo trovato un ambiente molto diverso: la maggior parte di strade ed edifici erano già stati riparati, segno di una tenace volontà di ripresa, da cui credo dovremmo trarre insegnamento».
Ed ecco, finalmente, l’inizio delle tanto attese gare. «Sulla carta le posizioni c’erano. Ci avevo lavorato tanto – riflette la campionessa, che a Torino nuota per la società sportiva Rari Nantes – Però ovviamente nulla era scontato». C’era, tra l’altro, una pesante incognita. «Città del Messico si trova a 2.400 metri sul livello del mare. Gareggiare a quell’altitudine è una sfida che mette a dura prova il fiato e la resistenza». Ma evidentemente allenamento e forza di volontà hanno prevalso. L’avversaria che faceva più paura? «L’americana Rebecca Meyers, 23 anni, che fino a quei mondiali aveva sempre vinto tutto», ma che ora ha dovuto cedere il passo alla giovane torinese. Competizione sì, ma sana: «Fuori dall’acqua è nata anche un’amicizia. Tuttora ci sentiamo». La gara più impegnativa? «Difficile rispondere. Forse la prima: i 100 metri dorso. Non è la specialità in cui mi sento più forte. Temevo di sbagliare. E invece quel primo successo mi ha dato la spinta per andare avanti».
Fortunatamente, negli ultimi anni, gli atleti paralimpici stanno iniziando a uscire dal cono d’ombra che per anni li ha nascosti. Così, le vittorie di Carlotta hanno richiamato l’attenzione di vari media, anche a livello nazionale. Non solo. Tornata dai mondiali, l’atleta paralimpica, insieme a tanti altri sportivi di valore, è stata premiata dal Presidente del Consiglio col Collare d’oro al merito sportivo, massima onorificenza conferita dal Coni. Risultati incredibili, possibili anche grazie a un ottimo spirito di gruppo. «A città del Messico ero la più giovane, la “mascotte” del team azzurro. Non solo i compagni di squadra, ma anche i membri dello staff sono stati, in quei giorni, quasi una famiglia». E ripensando ai tanti successi «desidero ringraziare la società Rari Nantes e le Fiamme Oro, il mio allenatore Andrea Grassini, il CT della nazionale Ricccardo Vernole, insieme a tutte le persone che mi hanno seguita e sostenuta».
Grazie a te, Carlotta, per le emozioni che ci hai regalato.
Lorenzo Montanaro
La voce dei soci
Per questo numero della rubrica “La voce dei soci” abbiamo scelto un contributo corale, tutto al femminile. Abbiamo infatti chiesto a Silvia Battaglio, Alessia Lanatà e Mara Laverde, giovani vincitrici delle borse di studio UICI Torino destinate a studenti meritevoli, di raccontarci le loro esperienze scolastiche, tra ostacoli e successi.
Ricordiamo che è possibile contribuire a questa rubrica, inviando testi brevi (indicativamente 1.000 caratteri spazi inclusi) all’indirizzo e-mail ufficio.stampa@uictorino.it)
“Il mio sogno? Diventare un’interprete”
Come dice un proverbio africano, “Chi educa un bambino educa un uomo, chi educa una donna educa un popolo”.
Con questa frase vorrei ringraziare l’Unione Ciechi per avermi aiutata con la borsa di studio, un doppio ringraziamento perché sono disabile e donna.
Alle superiori, ho frequentato l’ex Perito aziendale corrispondente in lingue estere: le lingue straniere mi sono sempre piaciute, tuttavia ho voluto scegliere una scuola che mi desse possibilità di lavorare anche solo col diploma, nel caso avessi trovato il lavoro della mia vita…
Adesso sono al terzo anno della Triennale della Scuola Superiore per Mediatori Linguistici.
Il mio sogno è diventare interprete.
Una delle difficoltà maggiori che incontro è il rifiuto categorico delle case editrici di mandare i file di un qualsiasi libro in formato Pdf accessibile, seppur a pagamento, obbligandomi così a scansionarlo o a sperare che qualcuno l’abbia già usato e messo in rete. Oltre a questo ci sono anche dei professori che non hanno ancora capito, dopo un anno o più, che non ci vedo sebbene prima di cominciare il percorso fossi andata a parlare con loro di persona per evitare il peggio.
Nonostante questo devo ammettere che ci sono certi insegnanti, una in particolare, che danno anima e corpo per rendere il materiale accessibile e di conseguenza per trasmettere la passione per la loro materia.
Silvia Battaglio
“L’università: una palestra che fa crescere”
Mi chiamo Alessia, ho 23 anni e frequento l’università di Torino, la facoltà di economia aziendale, marketing. Sono ipovedente e per me la scuola è sempre stata una sfida, una battaglia.
Ho frequentato un liceo scientifico per passione della matematica, ma è stato tutto fuorché facile. L’università, però, è un esperienza totalmente diversa. Nonostante gli studenti universitari siano tutti schedati e abbiano un numero di matricola che li identifica, i professori non conoscono gli studenti e non sanno neanche se ce ne sia uno, o più di uno, con disabilità. Ho dovuto parlare con ogni singolo professore per spiegare la mia disabilità, e il bisogno di avere un formato della prova d’esame adatto ad essa
Per quel che riguarda la mia esperienza i professori veramente disponibili si contano sulle dita di una mano e spesso prima di un esame ciò che ti preoccupa di più è come sarà la modalità dell’esame e non lo studio in sé. Ovviamente le eccezioni ci sono: un esempio è il professore che mi spiegava microeconomia. Questa è una materia molto grafica e il professore mi ha chiesto di andare al suo ricevimento per spiegarmi bene, volta per volta, i grafici. Ma le esperienze negative sono state molte e solitamente, quando chiedi ad un professore di avere un affiancamento durante l’esame, poiché hai bisogno di una persona che ti aiuti a leggere le domande della prova, questo pensa che tu voglia avere dei suggerimenti.
Tuttavia credo che l’università sia un ottima esperienza formativa, perché ti insegna a non avere paura di chiedere ed esigere ciò che è tuo diritto ed è un esperienza che fa crescere e maturare.
Alessia Lanatà
“Credere nelle proprie capacità aiuta a superare tanti limiti”
Alzino la mano coloro che hanno amato o amano studiare. Sono più che convinta che quelli a farlo non saranno poi così tanti. Passare la maggior parte del tempo sui libri scolastici, a parer mio, è più un dovere che una passione. Un percorso da intraprendere, in grado di regalarci quel biglietto da visita, indispensabile per entrare più facilmente nel mondo del lavoro.
Ma cosa succederebbe se ponessi la medesima domanda a qualcuno con disabilità? Probabilmente questa volta non avrei una risposta certa: non si parlerebbe più di pura e semplice voglia, ma di coraggio in se stessi. Ebbene sì, il coraggio è fondamentale per affrontare qualsiasi ostacolo nella propria vita, e lo studio è uno di questi. Molti si arrendono prima di cominciare, perché temono di non farcela. Altri, invece, preferiscono concentrarsi già sull’obiettivo finale: pensare di essere in grado di raggiungere il traguardo prefissato, è la prova certa di potercela fare davvero.
A quale delle due categorie appartengo? Dispiace ammetterlo, ma mi classifico nel primo gruppo. Affrontati i primi due mesi di università, mi sono subito tirata indietro per la paura di non essere pronta a studiare correttamente con la sintesi vocale, strumento che non ho mai accettato pienamente. La decisione è stata più che precipitosa, ma ho preferito fare ciò che sentivo. Tuttavia so di avere molte capacità per affrontare qualsiasi problema. È fondamentale comprende che l’impossibile dipende solo da noi stessi.
Mara Laverde
In breve…
Campagna fiscale 2018
Siamo in pieno periodo di dichiarazione dei redditi. Anche quest’anno la nostra sezione ha attivato uno sportello di consulenza fiscale a tariffe agevolate, in convenzione con il CAF Anmil Torino. Sarà possibile ricevere assistenza per la compilazione dei modelli 730 e Unico. Il servizio a tariffe agevolate è riservato ai soci UICI Torino in regola con il tesseramento e ai loro familiari. Per fissare un appuntamento è necessario contattare la nostra segreteria al numero 011535567.
Il tariffario e l’elenco dei documenti richiesti per la compilazione della dichiarazione dei redditi sono disponibili sul sito www.uictorino.it. Inoltre potranno essere inviati via e-mail o ritirati presso i nostri uffici in formato cartaceo.
“Dai il 5” all’UICI Torino
Con la prossima dichiarazione dei redditi potrai devolvere la quota del 5 per mille della tua imposta sul reddito all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI) di Torino. Offrirai così un importante aiuto economico a quelle attività indispensabili per migliorare la vita di tutti i ciechi e gli ipovedenti, con particolare riguardo ai bambini, alle persone anziane sole e ai giovani pluriminorati.
Metti la firma in uno dei riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione e indica il codice fiscale 80089520011, corrispondente all’UICI Torino: potrai dimostrare che la solidarietà non si compra, non si vende, ma si può solo donare.
Sportello informativo UICI a Settimo Torinese
La nostra sezione UICI Torino desidera essere sempre più attenta alle esigenze dei disabili visivi che vivono in provincia e che spesso sono particolarmente esposti a disagi: basti pensare, ad esempio, ai problemi nei trasporti.
Per questo, dal mese di gennaio, è stato aperto a Settimo Torinese uno sportello informativo UICI, un riferimento anche per i Comuni limitrofi. La sede si trova presso il “punto H”, in via Fantina 20/G. Ogni terzo giovedì del mese, dalle 16 alle 18, uno o più rappresentanti della nostra sezione sono a disposizione dei disabili visivi della zona. Il delegato per il territorio di Settimo è il consigliere Giovanni Laiolo, affiancato nel suo lavoro dal socio Nevio Ferri.
Venaria Reale: Mostra “Genio e maestria”
E’ stata da poco inaugurata, alla reggia di Venaria, la mostra “Genio e maestria”, dedicata a ebanisti e scultori piemontesi dei secoli XVIII e XIX. I visitatori possono ammirare una collezione di mobili e arredi di grande raffinatezza.
Grazie anche all’impegno della nostra associazione, la mostra è molto attenta all’accessibilità. In particolare, per le persone con disabilità visiva, sono presenti modelli da toccare, tavole visivo-tattili realizzate dall’associazione Tactile Vision e dotate di codici Qr per ascoltare le audiodescrizioni direttamente sul telefono.
Tutti i materiali relativi alla mostra sono stati stampati con il carattere ad alta leggibilità EsayReading. Infine è presente uno spazio nel quale i visitatori possono confrontarsi con varie qualità di legno, scoprendone il peso, la struttura e perfino il profumo.
La mostra è aperta fino al 15 luglio. Per maggiori informazioni www.lavenaria.it