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Visto!
Periodico di informazione della sezione di Siena Numero 5 – dicembre 2014
Direttrice responsabile: Susanna Guarino
Registrazione Tribunale di Siena n. 3 del 5/8/2014.
Con il contributo di: ESTRA GAS / LUCE – www.estraspa.it
Nepi: “Fare il massimo spendendo il minimo”
E’ alle prese con una struttura che si vorrebbe smantellare senza sapere bene come sostituirla. Non è un lavoro facile quello che si è sobbarcato Fabrizio Nepi, sindaco di Castelnuovo Berardenga che ha anche l’onore e l’onore di guidare la Provincia.
Presidente, fino a qualche tempo fa la Provincia di Siena era molto attenta anche ai problemi del sociale. Adesso cosa è cambiato?
“Non abbiamo più competenze a riguardo. Per tutto quello che è oneroso dobbiamo cercare la collaborazione di Comuni, Asl e Regione. Per quanto invece non è oneroso facciamo volentieri da coordinamento e punto di riferimento. Purtroppo al momento non possiamo fare di più”.
Uno dei compiti rimasti alla Provincia è quello di provvedere alla manutenzione delle strutture scolastiche. Nella nostra provincia ci sono molti istituti, la maggior parte costruiti anche molti anni fa. Sono adeguati alle norme per l’accesso anche ai portatori di handicap?
“Alcuni adeguamenti sono stati fatti negli anni passati, altri sarebbero necessari e spetterà a questa amministrazione provinciale provvedere. Devo dire che la maggior parte sono comunque a norma, ma in qualche caso si potrebbe fare meglio e di più. Le disponibilità però sono molto scarse e anche nella manutenzione ordinaria facciamo fatica a provvedere. Anche in questo caso è necessario trovare la partecipazione di Comune e Regioni, che mettono a disposizione delle risorse per casi particolari”.
Tutte le Province hanno problemi economici di non poco conto. Quella senese come l’ha trovata?
“Ho trovato una situazione soddisfacente, ma il problema è il futuro. Per il prossimo anno la previsione è di tagli per oltre dieci milioni, che dovrebbero addirittura crescere negli anni successivi. Ci sono delle Province che non avranno assolutamente risorse. Per noi la situazione è migliore ma le difficoltà sono tante e siamo in costante attesa di sapere cosa si vorrà fare in futuro di questi enti”.
Ma lei aveva parlato addirittura di possibili assunzioni…
“Il concetto è stato equivocato. Nel piano di riorganizzazione c’erano risparmi importanti e quindi abbiamo provveduto a fare un piano provvisionale che ci consentisse di rimediare ad alcune situazioni quando se ne fosse presentata l’occasione. Era una previsione di cosa sarebbe servito, non un annuncio di assunzioni nell’immediato. Ed era riservato a figure di dirigente, per le quali è necessario fare un bando che vale sia per gli interni che per gli esterni. Bisogna considerare che nella Provincia di Siena ci sono solo tre dirigenti a tempo indeterminato, mentre in altre Province ce ne sono anche undici. Siamo molto ad di sotto della media regionale. Quelli che abbiamo attualmente sono a tempo determinato e se non cambia nulla, quando scade il contratto, dovrebbero andare via, perché questo prevede la legge. Ma sono figure importanti per far andare avanti la struttura, delle quali è impossibile fare a meno. Poi va considerato che, con un presidente che svolge obbligatoriamente anche il ruolo di sindaco, non si può far funzionare la struttura se non esiste uno staff del presidente, che va in ogni caso individuato. Ed ormai i numeri sono tali che se si toglie da una parte per mettere da un’altra, si mette in difficoltà tutta la macchina. Il nostro personale non è a rischio, ma dovranno dirci come poter funzionare con questi tagli e tutte queste limitazioni”.
Susanna Guarino
PROGETTO SIENA
2019: la delusione c’è, ma la cultura non si può fermare
Da un po’ di tempo a questa parte si sta parlando di Siena come possibile capitale europea della cultura 2019. Anche se la candidatura non è andata a buon fine, questo non può che riempirci di orgoglio e di gioia e, nello stesso tempo, stimolarci a realizzare opere e trasmettere nozioni di comportamento che ci permettono di raggiungere ugualmente, ulteriori traguardi.
Come è noto, la cultura comprende tutti i settori della società, nessuno escluso, e tutti possiamo contribuire a migliorarla.
In questo numero di Visto! intendo soffermarmi sulla cultura del lavoro e del vivere quotidiano. Sicuramente, per chi legge, sarebbe più piacevole scorrere un elenco di cose belle, e a Siena ce ne sono molte; ma in questo momento ritengo sia più utile spronare le autorità e i tecnici a realizzare opere più fruibili per tutti e a trasmettere alla gente delle nozioni culturali più avanzate, affinché il 2019 rappresenti ugualmente una tappa culturale importante per la città e per la provincia.
In questo contesto mi accingo ad avanzare alcune proposte:
– vorrei che tutti i semafori fossero dotati del segnale acustico e che funzionasse sempre, perché quando funziona a singhiozzo aumentano i disagi soprattutto per i ciechi e per gli ipovedenti che rischiano di finire più facilmente sotto gli automezzi.
– vorrei che i varchi dei cordoli spartitraffico in corrispondenza degli attraversamenti pedonali fossero uguali alla larghezza delle strisce bianche in modo da evitare di inciampare nel cordolo, come è capitato a me; oltretutto, ciò comporterebbe un risparmio sia sul materiale che sulla manodopera.
– vorrei non trovare più gli ostacoli in mezzo ai marciapiedi come le auto, i motorini, le fioriere e i pali perlopiù grigi come l’asfalto e la pietra serena, ancora esistenti in diversi posti; in un palo, recentemente, ci ho battuto.
Inoltre questi ostacoli impediscono il passaggio delle carrozzine dei bambini e dei disabili.
-Vorrei che tutti gli autobus, urbani ed extraurbani, utilizzassero sempre la sintesi vocale e altri strumenti già in commercio, per annunciare il loro passaggio, e che la prenotazione della fermata, all’interno del mezzo, conservasse anche il segnale acustico. Vorrei inoltre che tutti i mezzi di trasporto fossero dotati delle pedane per permettere la salita e la discesa delle carrozzine, in modo che tutti possano utilizzarli con più facilità.
-vorrei che non venissero più realizzate fermate degli autobus come quella infame di piazza Rosselli lato Porta Siena, difficile da individuare, pericolosa per l’incolumità personale, soprattutto nelle ore notturne; che la fermata sia poco idonea lo dimostra il fatto che spesso viene soppressa e trasferita per lunghi periodi in viale Mazzini, comportando altri disagi per gli utenti, dovuti alla scarsa segnaletica, alla lontananza e all’attraversamento di una piazza e di una strada con molto traffico.
– vorrei che i luoghi di pubblica utilità fossero facilmente accessibili per tutti. Vorrei che nei luoghi di lavoro e di studio si rispettasse di più la dignità delle persone svantaggiate con l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’innalzamento del livello culturale. Per questo andrebbero attivati dei canali per trasmettere ai datori di lavoro, ai lavoratori, agli insegnanti, agli studenti ecc. delle nozioni pratiche e di psicologia, necessarie per l’integrazione delle persone svantaggiate.
Sulla crescita culturale possono giocare un ruolo importante anche le associazioni di categoria e del volontariato. In occasione della festa del volontariato, sono venuto a conoscenza che nella provincia di Siena vi sono centinaia di associazioni. Questo dimostra che fra la nostra gente c’è una diffusa predisposizione ad aiutare gli altri. L’associazionismo e il volontariato, in particolare, che si sono così sviluppati nel corso dei secoli, costituiscono una branca importante della cultura che da qui al 2019, può contribuire ad innalzarne il livello sia nella città che nella provincia.
Vorrei osservare che la presenza di un numero così grande di associazioni, comporta un grosso dispendio di risorse economiche, soprattutto per la gestione amministrativa e di risorse umane; spesso non si riesce a soddisfare tutte le richieste di intervento che pervengono alle singole associazioni. Per rafforzare ulteriormente l’efficacia del terzo settore, a mio parere, sarebbe opportuno che, pur tenendo conto delle varie specificità, alcune associazioni che prestano la loro opera verso utenze molto simili si unissero tra loro. Alcune associazioni stanno già studiando come attivare un sistema di servizi cosiddetti a rete, nella fattispecie del 118 nel campo sanitario, per poter utilizzare al meglio sia i volontari che i mezzi disponibili.
Per realizzare questo tipo di servizi nel modo più ottimale sarebbe necessario attivare dei corsi di qualificazione dei volontari, per fornire loro una maggiore conoscenza delle diversità esistenti fra i potenziali tipi di utenza con cui hanno a che fare, in modo da poter prestare la loro preziosa opera nel modo più efficace con maggiore soddisfazione. In questo contesto mi permetto di fare alcuni esempi che riguardano il rapporto degli operatori con i non vedenti.
1.Il non vedente ha bisogno di sapere sempre dove si trova per conservare l’orientamento e per farsi un’idea di ciò che esiste nel percorso che sta facendo.
2. Il non vedente sa come sono fatti i gradini, pertanto non occorre spingerlo, tirarlo o frenarlo, è invece importante informarlo quando iniziano e quando finiscono i gradini.
3. L’accompagnatore deve sempre farsi conoscere dal non vedente per dargli fiducia e tranquillità.
Come vedete, si tratta di piccoli accorgimenti per quanto riguarda le strutture e la segnaletica e di acquisire semplici ma importanti nozioni pratiche, che se verranno attivate, da qui al 2019, contribuiranno ad innalzare il livello culturale della città e tutti ne beneficeranno.
Pierino Bianchini
SPORT PER TUTTI
Intervista a Simone Vergassola
Ci può raccontare il suo esordio nella massima serie?
“L’esordio è avvenuto nel 1996-97 con la Sampdoria in Atalanta-Sampdoria che perdemmo per 4 a 0. Nonostante la sconfitta ero il giocatore più contento. Giocai circa 15-20 minuti. Quell’anno venivo dalla C1, ero arrivato alla Samp ed ero molto contento, feci 3 presenze. A Gennaio ero tentato di andare in prestito, ma l’allenatore, che era Eriksson, mi chiese di rimanere: “Simone, rimani qui con noi, vedrai che imparerai tanto anche giocando di meno”. Aveva ragione perché l’anno successivo riuscì a giocare con molta più continuità”.
Ci può raccontare il suo primo goal in serie A?
“Ho segnato il mio primo goal in una Sampdoria-Parma, a Buffon, ai tempi molto giovane anche lui. Ci fu una punizione di Veron che Gigi respinse, io arrivai in spaccata e riuscì a segnare. Un mio compagno, Franceschetti, mi prese sulle spalle, ho delle foto dove si vede che ero al settimo cielo. Dopo la partita ricevetti tantissime telefonate di amici e conoscenti, poi festeggiai con una cena in famiglia. Nei giorni successivi portai anche pasticcini e champagne al campo per festeggiare con i compagni”.
Ci può raccontare la sua esperienza con Antonio Conte, attuale CT della nazionale?
“Mister Conte l’ho conosciuto a Siena, quando faceva il secondo di De Canio, l’anno dopo che aveva smesso di giocare: ho capito subito che era una persona molto preparata che conosceva bene il calcio. Poi l’ho ritrovato anni dopo come allenatore in prima, l’anno in cui siamo riusciti a risalire in A, li si vedeva ancora di più la sua esperienza, la voglia di vincere e il suo modo di intendere il ruolo di allenatore. Aveva le idee chiare fin da subito. Era molto tosto, la sua caratteristica era la voglia di non mollare mai, sapeva come vincere, riusciva a trascinare il gruppo, era un martello nel senso che ci faceva lavorare anche sodo, però tutto il lavoro fatto te lo ritrovavi la domenica. Avevo capito che avrebbe fatto una carriera importante, infatti lo ha dimostrato con la Juventus e gli auguro di fare bene anche con la Nazionale”.
Perché ha deciso di restare al Siena anche dopo che è sceso in serie D?
“Perché sono a Siena da dieci anni, mi trovo bene e anche la mia famiglia ha trovato una situazione ideale. Il presidente, appena ha preso la società, mi ha subito chiesto se avessi avuto piacere di rimanere, anche i tifosi avevano piacere che io rimanessi. Tutta questa serie di circostanze mi ha convinto a rimanere, per provare a tornare nel calcio professionistico il prima possibile. Poi purtroppo, mi sono infortunato in estate, spero di rientrare presto, anche se in questo momento i miei compagni stanno facendo benissimo anche senza di me; grazie al lavoro del mister e dello staff. Spero comunque di poter presto tornare a dare il mio contributo”.
Ci racconta di quest’anno della Robur?
“La stagione è partita leggermente in ritardo perché l’iscrizione è arrivata all’ultimo momento. Però la società, il mister e lo staff sono stati bravi a creare il gruppo che è costituito da giovani, perché in serie D c’è la regola che devono giocare un ‘96, due ‘95 e un ‘94, poi ci sono dei giocatori più esperti come Cecchini, Collacchioni, senza contare me. La coesione del gruppo è stata fondamentale, questa estate siamo riusciti a creare un clima di armonia che sta dando buoni risultati. Si è subito notata la voglia di tutti di mettersi a disposizione per provare a fare qualche cosa di importante.I nostri tifosi si sono abbonati in tantissimi, c’è stato un’importante dimostrazione di attaccamento alla maglia della Robur, che ci spinge a fare qualche cosa di importante. Speriamo di continuare su questa strada (anche se i presupposti ci sono), per festeggiare in estate”.
Quale è il suo contributo alla squadra in questo momento in cui è infortunato?
“Cerco di andare al campo, quando riesco, tra una terapia e gli esercizi che devo fare, per dare qualche consiglio, poi ho partecipato a tutte le partite in casa e alle trasferte. Cerco di essere sempre presente, dando una mano in questo senso anche se mi piacerebbe essere presente in campo facendo quello che so fare meglio, cioè giocare”.
Può parlarci delle iniziative per la solidarietà di cui si occupa?
“Ero socio del Comitato Aurora che si occupa della adrenoleucodistrofia, una malattia rara che colpisce i bambini, e di cui non si conoscono ancora le cause. Fa parte delle malattie rare, non si sa ancora come combatterla perciò cerchiamo di recuperare fondi. Mettevamo all’asta le magliette, cercavamo di organizzare serate e partite di beneficenza. Tutto questo grazie ad un giornalista di Roma, che mi aveva fatto conoscere i genitori di un bambino morto per questa malattia, il Comitato Aurora è nato grazie a questi genitori ed alcuni amici di famiglia. Io mi sono unito a loro ed ho cercato di dare il mio contributo. Inoltre sia io che i miei compagni partecipiamo ad altre iniziative benefiche”.
In conclusione di questa intervista vorrei ringraziare Simone Vergassola per la simpatia e la disponibilità dimostrata, augurandogli di tornare al centro del campo quanto prima possibile.
Antonio Garosi
Auguri della redazione, dai dipendenti e del Consiglio Sezionale dell’U.I.C.I. di Siena
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Pietra tombale o trampolino di lancio?
Siena ha subito tante sconfitte ma tra queste tante ve ne sono di pesanti, di indecorose, di scandalose e indegne ma, ve ne sono alcune dalle quali è lecito aspettarsi una spinta per risorgere e rilanciarsi ancora più forti e più attrezzati di prima. Io non sono senese ma vivo in questa città stupenda da oltre otto anni e sono convinto che nel cuore di Siena vi sia la forza, l’intelligenza, il coraggio e la voglia di farcela, di ripartire. Sono indispensabili tanti requisiti ma ritengo che ve ne siano alcuni di cui non si possa fare a meno.
Primo elemento irrinunciabile è la coesione sociale che non vuol dire certamente unanimismo ma capacità di confronto dialettico.
Il secondo elemento che non deve mancare è la capacità progettuale che, lasci a casa le velleità e le piccinerie e punti in alto realizzando progetti che guardino al futuro e siano sostenibili anche quando non godranno più delle risorse pubbliche. Non si può rinunciare a un altro elemento indispensabile e non solo per la moda: dobbiamo promuovere la qualità, il merito e la gioventù.
Si deve smettere la logica del manuale cencelli e si deve promuovere una vera svolta generazionale. I nonni devono lasciare posto ai figli e direi ai nipoti senza per questo scomparire ma dando prova di lungimiranza e amore per il futuro di questa città che è un gioiello ma può e deve diventare una pietra preziosa. In tutto questo una parte importante dovrà essere svolta dal mondo variegato del terzo settore e in particolare dalle associazioni di volontariato e della disabilità. Mi piace pensare che la parte debole di questa città sia presente ai blocchi di partenza ma consentitemi di formulare una domanda:
ci sono ai blocchi di partenza tutti gli altri attori e in particolare i politici?
Massimo Vita
IMMAGINI E PAROLE
Storia di una ladra di libri.
La morte è la protagonista assoluta, nonchè narratrice, della vicenda raccontata nel film “Storia di una ladra di libri” uscito nel 2013 e diretto da Brian Percival. La pellicola, ispirata al libro scritto da Markus Zusak nel 2005 “La bambina che salvava i libri”, successivamente ripubblicato con lo stesso titolo del film, racconta la vita di una ragazza durante la seconda guerra mondiale in una piccola cittadina della Germania nazista. La guerra dunque, la persecuzione e l’olocausto, che ha afflitto la storia dell’Europa di quegli anni, sono i temi principali dell’opera; temi che ancora una volta possiedono nuove prospettive da approfondire e spunti per riflettere, sebbene siano già stati raccontati in molti libri, film e attraverso testimonianze vive dei protagonisti. Ed è di Liesel, protagonista della storia, in questo caso la testimonianza a cui assistiamo: una ragazza abbandonata da bambina dalla madre e adottata da una famiglia tedesca, i coniugi Hans e Rosa Hubermann che vivono in una cittadina vicino Monaco. La piccola arriva a casa Hubermann all’età di dieci anni e si trova di colpo costretta a vivere una nuova vita in una famiglia a lei del tutto estranea e in una comunità di persone che non conosce, lontana dalla madre, costretta a fuggire dai nazisti, con il ricordo ben stampato davanti agli occhi della morte del fratellino di sei anni. Nonostante le difficoltà iniziali, la bambina riesce ad ambientarsi nella nuova famiglia e nella nuova scuola, soprattutto grazie all’appoggio del nuovo papà, imbianchino e suonatore di fisarmonica, con il quale da subito ha un’ottima sintonia, e del nuovo amico Rudy Steiner, suo vicino di casa e compagno di scuola; il rapporto con Rosa, donna rigida e poco paziente, si mostra abbastanza conflittuale all’inizio, ma pian piano Liesel comincerà ad affezionarsi alla sua nuova vita e a comprendere il buono che si cela dietro i modi bruschi della madre adottiva. Una volta imparato a leggere grazie all’aiuto di Hans, la sua passione per i libri diventerà per lei un’ancora di salvezza contro il dolore, necessaria per dimenticare il passato ed essere coraggiosa di fronte all’incombere di un presente spaventoso. La sua appartenenza e quella dei suoi genitori alla razza ariana non la tengono certo distante dalla guerra e dalle sue implicazioni, che la vedono ,tra le altre cose, comunque costretta, insieme alla sua famiglia, a interpretare un ruolo e a seguire regole sociali e un’ideologia in cui non si riconosce affatto. E’ una vittima dunque quasi quanto Max, il ragazzo ebreo che gli Hubermann aiutano e nascondono nella propria cantina, figlio di un caro amico di Hans, il quale era morto per salvarlo durante la prima guerra mondiale e gli aveva lasciato la sua fisarmonica. Anche Rosa, conosciuta da tutti come una donna dura, severa e sottomessa alla dottrina con cui la Germania era stata educata, accetta il rifugiato, inizialmente a fatica, sentendosi solo in dovere, poi affezionandosi al ragazzo, proprio come era accaduto con Liesel. Tra Max e gli Hubermann nasce una grande amicizia, fatta di affetto, complicità e solidarietà reciproci, e soprattutto Liesel condivide ormai tutto con lui: i suoi pensieri, i suoi sogni e i suoi incubi, (molto più narrati nel romanzo che nel film), ma soprattutto la passione per i libri e per la scrittura. Le parole, le loro amate parole sono in fondo le stesse parole piegate e strumentalizzate dal Fuhrer per istruire a suo piacimento la razza ariana contro quella ebraica, accusata di aver sporcato e intaccato la purezza del “sapere” tedesco. La vera conoscenza, tutto ciò che apparteneva all’essere intellettuale, doveva essere per loro distrutto, bruciato; ciò che i nazisti prediligevano infatti erano i roghi: di case, di negozi di proprietà degli ebrei, e di libri. Durante una manifestazione organizzata in occasione del compleanno di Hitler, in cui viene ordinato di radunare nella piazza principale della città tutti i libri “immorali” che ciascuna famiglia possedeva al fine di dargli fuoco, Liesel dà il via alla sua “carriera” di salvatrice nonché di ladra di libri. Alla fine della serata infatti, quando quasi tutta la gente ha già lasciato la piazza, si azzarda a togliere dal rogo un libro ancora non del tutto distrutto, mettendo a repentaglio la propria vita. Da quel momento in poi la ragazza non potrà più fare in meno di salvare o rubare libri; la sua sarà un’attrazione troppo forte, stimolata dalla crescente povertà e appagata anche grazie all’amicizia con una ricca signora, la moglie del sindaco, che possiede un’immensa biblioteca e che le permette di frequentarla. Gli insegnamenti di Hans, la sua grandissima intelligenza e maturità, la faranno spettatrice consapevole della realtà della sua epoca, e Liesel crescerà portando avanti segretamente il proprio punto di vista, a volte rischiando anche la propria vita pur di non piegarsi completamente agli obblighi imposti dai potere; accetterà senza il minimo dubbio insieme alla famiglia, di rischiare la propria vita pur di salvarne un’altra. Con l’aggravarsi della situazione, con l’aumentare delle vittime della guerra e l’intensificarsi delle persecuzioni, le condizioni economiche della famiglia iniziano a farsi critiche; Max decide allora di abbandonare il suo nascondiglio per non pesare più su di loro e Hans viene chiamato in guerra, mentre Liesel, pur soffrendo, tenta di portare avanti la propria vita racchiusa nel proprio mondo interiore, rubando e leggendo libri, giocando e combinando guai con l’amico del cuore Rudy e gli altri ragazzi della città ma soprattutto continuando a cercare Max in ogni dove, tra la folla e tra i deportati che di tanto in tanto vengono fatti sfilare per le vie della città quando vengono spostati e riportati al campo. La sua ricerca instancabile non avrà fine sino al ritrovamento dell’amico, molti anni dopo, quando la fine della guerra avrà ormai segnato un tragico epilogo.
Martina Medori, Rossella Miccichè
CONSIGLI DI LETTURA
Quando l’arte si intreccia all’amore, alla guerra, alla vita, attraversando un secolo di storia.
Come ottimo regalo di Natale da mettere sotto l’albero, mi piace consigliarvi un bel libro, la cui lettura mi ha emozionato e incuriosito. Dopo il capolavoro intitolato “Io prima di te”, che racconta la vita di Will, un giovane divenuto tetraplegico a causa di un incidente in moto, la giornalista e scrittrice inglese Jojo Moyes ci regala un nuovo romanzo dal titolo “La ragazza che hai lasciato”, che appassiona e tiene in sospeso il lettore fino all’ultima pagina.
La vicenda si articola attorno al destino di un quadro, dipinto ad inizio novecento a Parigi. Durante la prima guerra mondiale se ne perdono le tracce e ricompare un secolo più tardi appeso in una camera da letto di una casa a Londra. Il pittore è Edouard lefèvre, un giovane francese allievo di Matisse, che nella tela ritrae Sophie, una ragazza bella e fiera, di cui l’artista si innamora e che poi sposerà. Attraverso le pagine del romanzo vivrete i momenti difficili del conflitto bellico, visti da Sophie rimasta sola perché il marito parte per combattere. La donna torna nel suo paese d’origine, portando con sè il ritratto e lì incontrerà un comandante tedesco appassionato d’arte che resta affascinato da questo quadro. Seguendo lo spostamento dell’opera d’arte vivrete poi la crisi e le emozioni di Liv, giovane vedova di un brillante architetto, nella cui casa londinese si trova il quadro, donato proprio dal marito morto all’improvviso. E infine diventerete investigatori per ricostruire la storia del dipinto, chiedendovi come da Parigi può essere arrivato a Londra, vestendo i panni di Paul, ex poliziotto che lavora per una società che si occupa del ritrovamento di opere d’arte rubate o smarrite. Recuperare i passaggi della storia del quadro “La ragazza che hai lasciato” vi trascinerà regalandovi emozioni e colpi di scena inaspettati: quello che sembra un furto forse non lo è, scavare nell’intreccio di relazioni e luoghi farà emergere bugie e fatti rimasti segreti, che saranno pian piano svelati mettendo a posto il puzzle delle vite dei personaggi nelle cui mani l’opera d’arte ha trascorso parte della sua esistenza.
Elena Ferroni
GIORNATA NAZIONALE DEL CIECO
L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti incontra il Papa.
Sabato 13 dicembre è stata celebrata la 56° “Giornata nazionale del cieco” e la Festività di S Lucia, protettrice della vista. Quest’anno una delegazione dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti è stata ricevuta nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico per un Udienza privata con Papa Francesco. La delegazione dell’U.I.C.I. era composta dai membri del Consiglio Nazionale, guidata dal Presidente Nazionale Mario Barbuto e dal Presidente Onorario Tommaso Daniele.
Il Papa ha ringraziato Mario Barbuto per il suo discorso introduttivo e per avere chiesto che il loro incontro si svolgesse il giorno in cui la Chiesa celebra la martire cristiana Santa Lucia, nonostante l’associazione sia non confessionale.
Il Santo Padre ha proseguito il suo discorso ricordando i valori umani di Santa Lucia, da lei vissuti in modo esemplare grazie alla sua fede. Valori che tutti noi possiamo condividere: il coraggio, fare parte di una comunità e donarsi agli altri.
Papa Francesco afferma: “Tutti abbiamo bisogno di coraggio per affrontare le prove della vita. In particolare le persone cieche e ipovedenti ne hanno bisogno per non chiudersi, per non assumere un atteggiamento vittimistico, ma al contrario aprirsi alla realtà, agli altri, alla società; per imparare a conoscere e valorizzare le capacità che il Signore ha posto in ciascuno, veramente in ciascuno, nessuno escluso! Ma per questo ci vuole coraggio, forza d’animo. Un altro valore ci viene suggerito da santa Lucia, cioè il fatto che lei non era sola, ma faceva parte di una comunità, era membro di un corpo di cui Cristo è il Capo, pietra di un edificio di cui Cristo è il fondamento. Anche questo aspetto trova riscontro sul piano umano. Voi siete un’associazione, e questo è un valore! Un’associazione non è una somma di individui, è molto di più. Oggi c’è molto bisogno di vivere con gioia e impegno la dimensione associativa, perché in questo momento
storico è “in ribasso”, non è fortemente sentita. Fare gruppo, essere solidali, incontrarsi, condividere le esperienze, mettere in comune le risorse… tutto questo fa parte del patrimonio civile di un popolo. E spesso le persone che convivono con degli svantaggi o delle disabilità possono dire a tutti, con la loro esperienza, che non siamo “monadi”, non siamo fatti per essere isolati, ma per relazionarci, per completarci, aiutarci, accompagnarci, sostenerci a vicenda. La presenza delle persone disabili provoca tutti a fare comunità, anzi, ad essere comunità, ad accoglierci a vicenda con i nostri limiti. Perché tutti abbiamo capacità, ma tutti abbiamo anche limiti! Infine, Lucia ci dice che la vita è fatta per essere donata. Lei ha vissuto questo nella forma estrema del martirio, ma il valore del dono di sé è universale: è il segreto della vera felicità. L’uomo non si realizza pienamente nell’avere e neppure nel fare; si realizza nell’amare, cioè nel donarsi. E questo può essere inteso anche come il segreto del nome “Lucia”: una persona è “luminosa” nella misura in cui è un dono per gli altri. E ogni persona, in realtà, lo è, è un dono prezioso!”
Il Papa ha concluso dicendo: “Cari amici, vivere secondo questi valori può comportare anche oggi delle incomprensioni, la fatica di andare a volte controcorrente; ma questo non stupisce: la testimonianza richiede sempre di pagare di persona.?Le odierne società che puntano molto sui diritti “individualisti” rischiano di dimenticare la dimensioni della comunità e quella del dono gratuito di sé per gli altri. Perciò c’è ancora bisogno di lottare, con l’esempio e l’intercessione di santa Lucia!
Vi auguro di farlo con coraggio, e con la gioia di farlo insieme.?Buon Natale a voi e a tutti i soci!”
Maria Grazia Marchi
Fonte: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/december/documents/papa-francesco_20141213_unione-ciechi-ipovedenti.html