Il protagonista delle righe che state per leggere è un vecchio amico che molte e molti di voi conosceranno: Angelo Mombelli. Le qualità che vengono subito in mente pensando ad Angelo sono impegno, abnegazione, onestà intellettuale, passione, competenza, spirito associativo. Queste, tra le altre, sono le qualità che di lui mi hanno colpito quando lo conobbi nel 1980 e per le quali, da allora, è per me un maestro e un punto di riferimento.
Dagli anni ’70 ad oggi Angelo ha ricoperto innumerevoli ruoli all’interno dell’Unione e degli Enti collegati, ai massimi livelli, e ha combattuto altrettante battaglie, con quella passione e quello spirito di sacrificio che, quando ero ancora un ragazzino, mi hanno spronato ad imitarlo e ad impegnarmi in prima persona nell’Unione.
Non è retorica se dico che è impossibile sintetizzare il curriculum associativo di Angelo Mombelli; basti dire che tre tra le più importanti leggi del nostro paese inerenti le persone cieche e ipovedenti portano anche la sua firma: parlo della Legge 113/85 sui centralinisti telefonici, della Legge 284/97 inerente la riabilitazione visiva e della legge 138/2001, che tutti e tutte conoscete come odierno punto di riferimento per la classificazione della minorazione visiva. Angelo, che è ipovedente, è stato tra i primi a promuovere la cultura della riabilitazione visiva in Italia, sensibilizzando l’associazione stessa e gli addetti ai lavori sul tema – fino ad allora sostanzialmente sconosciuto nel nostro paese -, promuovendo personalmente la formazione dei primi riabilitatori visivi all’inizio degli anni ‘90. Insomma, si capisce che senza Angelo la storia dell’U.I.C.I. e delle persone con disabilità visiva in Italia sarebbe stata, molto probabilmente, diversa.
Detto questo, sarete di certo sorpresi nel sapere che, oggi, Angelo Mombelli non è più socio dell’Unione. Coinvolto in una situazione del tutto inattesa e, sono certo, per lui molto dolorosa, ha deciso di dimettersi da socio dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, dopo quarant’anni spesi per essa, senza mai risparmiarsi. La decisione del nostro Consiglio Nazionale di demandarlo al Collegio dei Probiviri per presunti danneggiamenti dell’immagine e degli interessi dell’Unione, ha rappresentato per lui – che del collegio dei probiviri, per altro, è stato componente fino a pochi mesi fa – un fatto inspiegabile e paradossale. Che questo sia accaduto senza essere annunciato dalla volontà di un dialogo interno agli organi politici dell’Unione è stata causa di ulteriore amarezza.
Tenendomi ben lungi dal scendere nel merito della vicenda, il mio intento, in questa sede, è solo quello di mostrare pubblicamente la mia stima, la mia riconoscenza e la mia vicinanza ad Angelo Mombelli, sperando che, pur stando al di fuori dell’associazione, non faccia mancare a me e a tutti gli amici che lo circondano l’esperienza e la conoscenza di cui è sempre stato dispensatore. Conoscendo la sua generosità sono certo che non lo farà.
Nicola Stilla
Breve annotazione del Presidente Nazionale a proposito dell’articolo “Semplicemente, un attestato di stima”
Caro Nicola,
Al di là di ogni retorica celebrazione, come non riconoscersi nel tuo attestato di stima verso Angelo Mombelli e nelle importanti conquiste dell’Unione, conseguite anche grazie al suo apporto.
Come ho già scritto ad Angelo, dimettersi dall’Unione, secondo me, è come rinunciare alla propria appartenenza e alla propria Patria.
Una scelta che rispetto, ma che non posso condividere.
Mi sfuggono le tue allusioni a un possibile, quanto mancato dialogo negli organi interni associativi, a proposito della triste vicenda che ha condotto Angelo a questa decisione assurda.
Dopo una votazione in Direzione e in Consiglio Nazionale, non saprei quali altri organi associativi diversi dal Collegio dei Probiviri avrebbero potuto e potrebbero condurre tale dialogo.
Quel Collegio del quale Angelo ha fatto parte e che oggi chiama, a mio avviso un po’ troppo frettolosamente, farisaico e portatore di sentenze già scritte.
Non torno più sull’offesa profonda portata al Presidente Nazionale da quanti, agendo in Sua rappresentanza, hanno ritenuto di adottare deliberazioni e decisioni senza curarsi di informarlo né prima, né durante, né dopo.
Una ferita sanguinante che mi porto dentro come persona e come interprete della massima carica associativa.
E’ evidente che il processo di santificazione, per contrasto finisce per innescare, certo involontariamente, analogo processo di demonizzazione che mi riguarda, mi coinvolge, mi mortifica.
Tra le tante parole in libertà lette e ascoltate in queste settimane sulla vicenda, non una, una sola, mi è capitato di sentire, che mi illuminasse, finalmente, sulle ragioni che hanno condotto i nostri rappresentanti in seno a IAPB all’assunzione di comportamenti illegittimi nella procedura e incomprensibili nella sostanza.
Porre scientemente la rappresentanza dell’Unione in seno a IAPB in una posizione di minoranza rimane per me qualcosa di inspiegabile che forse i diretti interessati dovrebbero provare almeno a chiarire, al di là di tutti i processi di beatificazione ai quali ciascuno di noi può dare corpo.
Mario Barbuto