Oggi stiamo attraversando un momento caratterizzato da un maggior isolamento, che spesso è vera e propria solitudine. In passato non era raro il caso di persone, anche benestanti, che sceglievano un luogo ameno, lontano dalle città, affascinante per il panorama, e lì trascorrevano la loro esistenza, magari in preghiera, in meditazione, ma spesso anche lavorando per sostentarsi. Se riflettiamo un momento, questa condizione di isolamento, ora fortunatamente transitoria, spesso caratterizza la giornata dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, soprattutto non vedenti e-o pluriminorati. Talvolta questa solitudine sfugge ai genitori e, ahimè! a molti insegnanti, perché, come dire, si veste di «verbalismo», che seduce solo chi si ferma all’apparenza e si accontenta di troppo poco. Aggiungiamo che il sistema educativo, nell’Italia che ha dato i natali a Palestrina, al melodramma, ai grandi operisti dell’Ottocento, riserva alla musica uno spazio marginale. Un esempio per tutti: la storia dell’arte, quella che fa parte dei programmi scolastici, considera solo le arti visive. Va detto a parziale giustificazione, che anche gli antichi consideravano la musica più vicina all’aritmetica e all’astronomia, che alle cosiddette «Arti maggiori». Musica però richiama le Muse, niente meno che figlie di Zeus, e della memoria (Mnemosune). Il fatto è che la musica è tante cose insieme: arte, ordine, numero. Ma soprattutto, la musica entra in noi ancor prima che veniamo al mondo; infatti, in epoca prenatale, siamo immersi in un ambiente ricco di suoni e rumori, che arrivano al nostro sistema osseo attraverso il corpo di nostra madre.
La musica è fatta anche di ritmo, e ritmo significa ordine, numero (àritmos in greco) – battito del cuore, respiro, ma anche l’alternarsi di giorno e notte, le stagioni, il moto degli astri. Potremmo dire che la musica è un vero e proprio dono, che ci viene offerto come segno di benvenuto al mondo, un dono però che non basta gustare, ma che, per apprezzarlo fino in fondo, dobbiamo conoscerlo, capirlo, saperlo analizzare, smontare, non per guastarlo, ma per farlo proprio, e per ricrearlo, secondo la nostra sensibilità particolare. Ogni cantante, ogni concertista, ha un suo modo di interpretare uno stesso brano, e questo perché alla fine lo spartito musicale è una storia che abbiamo dentro, e ognuno di noi trova le sue parole per raccontarla. Quindi, se per tutti è fondamentale lo sviluppo della sfera estetica, ossia la capacità di gustare l’arte, ma anche di comprenderne gli aspetti formali, storici, ecc., non si vede perché i non vedenti debbano essere privati di una educazione che sviluppi anche questa sfera fondamentale della persona. In altre parole, ad esempio, se fin dalla scuola dell’infanzia i bambini pasticciano con materiali plasmabili e colorati, potrebbero pasticciare anche con oggetti sonori, realizzando paesaggi sonori, scenette, giochi e favole musicali. Peccato che gli insegnanti non sempre siano preparati a proporre attività di questo tipo.
Quindi, diciamo che la musica avrebbe tutte le carte in regola per occupare un posto di prestigio, nella scuola e nella vita. Ora, se chi ha il dono della vista può accedere al bello attraverso gli occhi (paesaggi, quadri, monumenti, ecc.), per chi non vede, la via maestra per gustare e capire la bellezza è proprio la musica. Quando noi ci appassioniamo a qualcosa, o, come si dice in molte lingue, «cadiamo in amore», proprio per sottolineare un po’ la perdita di controllo, questo entrare in uno stato di estasi, noi desideriamo anche conoscere l’oggetto della nostra passione, vogliamo scoprirlo in tutti i suoi particolari. Così, chi ama la pittura, ad esempio, vorrà scoprire come si fa ad ottenere quel dato effetto ottico, quel dato colore. E chi ama la musica, la ascolta, magari la suona ad orecchio, è naturale che voglia conoscere quel brano entrandoci dentro, come smontandolo, per poterlo capire meglio, per riprodurlo con le sue mani, o con la voce. Questo però richiede alcune abilità e conoscenze, che richiedono l’aiuto sapiente di una guida, di un insegnante.
Aurelio Nicolodi non era musicista, ma aveva una visione lungimirante della educazione dei ciechi, e, fra le tante eredità che ci ha lasciate, c’è anche la produzione di spartiti Braille, curata dalla stamperia di Firenze, all’avanguardia nel mondo, che ha permesso a migliaia di ciechi di diplomarsi e di guadagnarsi da vivere come insegnanti, concertisti, anche compositori. E sono proprio i «sopravvissuti», ossia un manipolo di ciechi musicisti, che hanno ricevuto il dono di poter studiare, e lo vogliono condividere, perché ricco non è chi ha molto, ma chi dona. Questi musicisti ora hanno al loro fianco tutta l’Associazione, con la rete delle organizzazioni collegate: Irifor, Federazione, Biblioteca, e volontariato.
Ricorderete che lo scorso anno abbiamo ospitato nella sede Toscana la prof.ssa Fiamma Nicolodi, nipote di Aurelio, la quale ha deciso di devolvere la somma di 5 mila euro ogni anno per una o più borse di studio, volte appunto a favorire gli studi musicali. Il 13 dicembre, giorno di S. Lucia, abbiamo premiato due bambine: Pio Aurora di Taranto e Angelica Cominini di Brescia. Le audizioni sono state effettuate attraverso un video, che ha permesso ai commissari valutatori di conoscere direttamente i 7 candidati, tutti giovani ovviamente, la loro passione per la musica e il loro grado di motivazione a studiarla sul serio e non solo ad orecchio. È stata un po’ una festa di famiglia, attorno alla telecamera e al microfono. Il padrone di casa era Massimo Diodati, presidente del Consiglio regionale Uici della Toscana; purtroppo il Covid 19 ci ha costretti a diversi spostamenti, e la scelta del 13 dicembre era stata ipotizzata almeno un mese fa. La coincidenza con la Messa online annunciata dalla sede centrale sicuramente ha ridotto il numero delle presenze. Ospiti d’onore la prof.ssa Fiamma Nicolodi, donatrice, e alcuni discendenti diretti di Aurelio Nicolodi. Attorno al tavolo virtuale c’erano alcuni dirigenti locali, e fra il pubblico, oltre ai candidati ed alle loro famiglie, il prof. Paolo Razzuoli, compositore, che, da anni, a titolo di volontariato nel servizio Ottavio Orioli, segue da vicino alcuni dei nostri ragazzi. Ci è venuto a trovare anche il presidente nazionale, nonostante l’increscioso episodio accaduto durante la Messa di S. Lucia; nel suo breve indirizzo di saluto ha ringraziato la famiglia Nicolodi per la loro vicinanza alla Unione, intrattenendosi brevemente con le due giovani vincitrici.
Il 13 dicembre abbiamo raggiunto un traguardo, e, si sa, ogni traguardo è anche un punto di partenza; potremmo dire un trampolino di lancio.
E cosa vogliamo lanciare noi? Vogliamo lanciare l’idea che la bellezza libera lo spirito, che la musica, quella ascoltata, quella prodotta da ciascuno di noi (suonata, cantata), quando viene anche compresa e, come dire, vista dal di dentro, corrisponde all’aspirazione profondamente umana di accedere alla bellezza. Vogliamo lanciare un appello alle Autorità competenti, affinché si introducano norme che la facciano finita con il modello del «pronto soccorso», quando un cieco o una persona con pluridisabiltà ma musicalmente dotata (e ce ne sono tanti), chieda di accostarsi allo studio della musica. Farla finita con il modello del cercare l’anima buona che dia aiuto all’allievo e consigli agli insegnanti, ma avere a disposizione personale preparato sul territorio. Daremo visibilità alle eccellenze, che ci sono, alleandoci con le numerose associazioni che promuovono gli studi musicali fra i giovani e, perché no, cercando testimonial sensibili.
Ci riusciremo? Credo di sì, se in 100 anni abbiamo fatto conquiste che molti Paesi ci invidiano, e se continuiamo a crederci tutti uniti.