Per Sabina Santilli a 100 anni dalla nascita
Se la riconoscenza fosse vista e soprattutto sentita quale bene comune nella nostra vita, l’umanità dovrebbe dire grazie a coloro che con scelte positive si sono impegnati per aiutare i meno favoriti dalla sorte a superare le difficoltà legate all’esistenza che nel quotidiano sono imposte da un sistema sociale fortemente discriminante. Forse bisognerebbe fare un discorso culturale per capire come il valore della spinta solidale possa interessare e quindi proporsi come civiltà creatrice nel nostro tempo caotico. Se pensiamo al recente passato, dobbiamo dire che questa svolta ideale ci porta verso chi ha sentito la necessità di dare qualcosa agli altri e porsi come un esempio di vita da poter essere seguito.
Portare l’invisibile alla conoscenza di molti, fare della vita difficile di tanti l’esempio per migliorare il mondo … coinvolgendo tutti in ogni modo.
Una istanza storica che con diverse forme ha fatto prevalere come momento di ricchezza esistenziale e di civiltà, il senso mutualità tra le persone più deboli e i più fortunati.
Se pensiamo alle guerre, con le vite spezzate dalla sofferenza ed a chi si è fatto carico con personale e sensibile dedizione nel tutelarle, la nostra gratitudine verso questi eletti, che sono un prezioso patrimonio per tutta l’umanità.
Sono i giusti che con tenacia ci hanno educato a sentire i disagiati come valore universale per affiancarci al loro devastato destino che, se non sorretto da un percorso di vita costruttivo, porta tanti di noi in situazioni drammatiche, che tra pregiudizio ed ignoranza si trasformano in barriere esistenziali insuperabili, con le conseguenze culturali e sociali facilmente immaginabili.
La nostra Sabina con convinzione coerente ha sentito il battito del cuore del suo simile, la fatica del suo ed altrui vivere, cogliendo nelle esigenze dei più deboli il modo più attuale per affermare i loro diritti, con una visione solidale per tutti veramente unica. Certamente, cara Sabina, ti sei interessata fattivamente al diverso sentendone la fragilità, cercando di dire a noi sordociechi che nel limite del possibile i suoni ed i colori possono essere riacquistati, se la vita vogliamo riorganizzarcela dentro.
Sono passati tanti anni, eppure oggi nel ricordarti a me pare che il tempo si sia fermato nel momento della tragica presa d’atto della mia nuova e definitiva condizione … quando l’esistenza sembrava disfarsi e il mondo mi si frantumava tra le mani. In questi frangenti cerchi qualcuno che ti aiuti a camminare.
Sabina, mi venisti in mente da un ricordo lontano nel tempo, ti cercai e ti scrissi una lettera in cui ti parlai di me e della nuova vita che doveva, mio malgrado attendermi. Cosa fare in questi casi, quando la quasi totale perdita dell’udito si associa all’originaria mancanza della vista? Mi dicesti di leggere in me stesso e di rifarmi alle poche conoscenze che avevo di quello che mi sarebbe accaduto: lo feci, anche se a dire il vero la disperazione era vista, sentita e sofferta quale fatalità inevitabile. Come associare al disagio presente un forma valida di comunicazione immediata? Era allora un problema insuperabile: alcuni non vedenti vennero a trovarmi, e con il Braille classico, il cartaceo, si riuscì a fare un passo importante per cominciare a comunicarmi il necessario per vivere. Poi si sa la vita ha sempre qualche spiraglio inatteso: dal Braille alla prima tecnologia il passo fu assai semplice; un pc e la sua barra Braille furono la premessa fondamentale per andare oltre con la comunicazione più veloce. Si pensò all’immediatezza del Malossi sistema tattile che usa le dita della mano sinistra come tastiera per facilitare il dialogo con i sordociechi che in breve tempo appresi. Così il dire e la realtà di tutti mi furono trasmessi, proposti attraverso il senso del tatto; anche concetti complessi della comune conoscenza, si pensi alla filosofia, alla letteratura, alla poesia come mezzo di condivisione di emozioni della forza interiore che comunque ci pervade sempre nel nostro viaggio esistenziale.
Era la strada giusta per uscire dal chiuso oscuro di ogni giorno. Poi ci fu una ferma reazione al tutto, mi entusiasmai e da questo senso di fiducia in me stesso trovai l’accoglienza degli altri che capirono appieno il mio sforzo per andare avanti. Tutto questo non basta occorre credere che oltre il muro di indifferenza, diviso da tante barriere fatte di “se” e “ma”, ci sia un desiderio che ci spinge a dire che nonostante tutto, la solidale concretezza dell’azione della nostra Sabina ci ha portati come sordociechi a divenire cittadini più determinati nel varcare le vie del sapere, di tutte si pensi alla tecnologia che verrà. Grazie a tante occasioni d’incontro, la nostra vicenda quotidiana si è arricchita di positiva consapevolezza del nostro ed altrui vissuto. Sabina nelle sue innumerevoli iniziative umanitarie, si pensi alla Lega del Filo d’Oro, e culturali, ricordiamo il periodico “Voce Nostra”, ha trovato chi la potesse seguire in ogni campo delle sue scelte operative per noi e non solo, dedicandole al nostro benessere. E’ a tutti nota la sua tua stupenda storia di vita fatta di calore e presenza umana e di ideali che portano il tuo nome, ma forse pochi sanno che chi si riconosce ed identifica con te, ha trovato nelle tue risorse e nelle tue varie esperienze esistenziali la garanzia per vedersi e sentirsi come tutti. Per questa unicità del tuo fare, io come credo molti ti saremo grati per il resto del cammino che ci attende, seguendo le tue preziose orme. Non è facile poiché la vita con le esigenze quotidiane che la collegano al mondo di tutti cambia. Per questo siamo chiamati come sordociechi e cittadini a migliorare la realtà che ci coinvolge.
Ecco perché il tuo messaggio solidale, cara Sabina, dovrebbe essere accolto dalle istituzioni pubbliche e private come la possibilità primaria per migliorare la qualità della vita di tutti i disabili e anche delle loro famiglie . Naturalmente questa sarebbe una linea guida che porterebbe qualsiasi classe dirigente a tutti i livelli a destinare alle disabilità più risorse e servizi mirati per aiuti specifici, specie pensando a quelle patologie gravi che nelle loro forme sommano diverse problematiche. Dal Braille al Malossi, pensando ai diversi sistemi per comunicare con noi, e a diverse tipologie di sordocecità, il senso della vita si qualifica come visione complessiva del tuo pensiero e della tua azione. Cara Sabina, le mie sparse note sono pervase dal ricordo affettuoso della tua bella persona. Spesso, nella mia riflessione quotidiana, mi chiedo come tu sia riuscita a superare gli inevitabili momenti di sconforto quando, nel tempo lontano hai lottato con tenacia con chi non voleva, o forse non sapeva, accettare i sordociechi come esseri pensanti, capaci di agire nel dire la loro. Siamo pronti a guardare avanti col tuo realismo vitale, senza paure del domani, senza incertezze che, malgrado i tempi, potrebbero farci fermare, se non fossimo sorretti dalla tua fede nel prossimo che può darci una mano creatrice. Grazie di tutto e per tutto. I giovani e chi dopo di loro verrà, ti saranno grati (come me) della luminosa scelta di vita che tu in nome della nostra dignità hai voluto e saputo compiere. Grazie Sabina, forse il mio dire non traccia con pienezza quello che veramente provo nel raccontarti: è l’affetto per te che mi rende spesso incapace di esternare compiutamente i sentimenti di stima per chi mi ha aiutato e che mi piacerebbe esporre a tutti con maggiore razionalità e ricchezza di particolari. Ho fermato sulla fragile carta le mie emozioni, che unite a quelle di tanti di noi vorrebbero rinnovare l’auspicio che il tuo messaggio porti nel futuro oltre alle speranze anche più certezze da costruire con la tua memoria, memoria che noi sordociechi dobbiamo fare nostra per sentirci e vederci portando più spinte di vita propositive per tutti. Lasciamo ad altri l’onore e l’onere di trovare le parole più adatte per delineare un profilo più completo della tua bella persona con rinnovata gratitudine.
Antonio Russo