Maldestro è il nome d’arte di Antonio Prestieri, un giovane cantautore napoletano giunto secondo al Festival di Sanremo di quest’anno, nella sezione “Nuove proposte”, con il brano “Canzone per Federica”.
Nato a Scampia, la sua vita è stata caratterizzata dalla lotta continua contro i pregiudizi e da un forte e costante bisogno di rivincita, che ha ottenuto grazie alle sue capacità e doti artistiche.
Non è nuovo né ad esperienze teatrali e neanche un neofita del mondo della musica: Maldestro è stato, ad esempio, uno dei protagonisti del concertone del Primo Maggio 2016 con la canzone Sopra al tetto del comune, che tra il 2013 e il 2014 gli ha fruttato numerosi premi, tra i quali il Premio Ciampi, il Premio De André, SIAE, AFI, Palco Libero e Musicultura. Noto è anche il suo inedito Facciamoci un selfie. Ha già pubblicato un album, Non trovo le parole, ed ha al proprio attivo numerose esibizioni e diversi concerti, circa cento, anche con cantanti di grande spessore: pensate a Roberto Vecchioni, all’incredibile James Senese tanto per citarne un paio.
“Autore raffinato, ma immediato, d’impatto, dal linguaggio che buca, ha dalla sua una voce graffiante, roca quanto basta, insomma, una voce che piace: racconta nelle sue canzoni come nei suoi spettacoli l’amore, la rabbia, la speranza, il disagio e la smisurata voglia di vivere di un giovane poeta dei nostri tempi; tutto ciò senza mai rinunciare a un’ironia sottile, piena di vita, che diviene il fulcro della sua musica, giungendo persino a rappresentare e riprodurre al meglio quella che altro non è se non la magia meravigliosa, ma anche inquietante della sua terra natia. Un artista completo, insomma, che ha trasformato le difficoltà, le avversità, i sacrifici della sua quotidianità, in parole, musica, recitazione, ossia, in arte. Delle vicende legate alla sua famiglia, così come della sua ipovisione, non abbiamo voluto parlare nel nostro incontro, visto che è stato detto praticamente tutto, forse anche troppo. Il rapporto straordinario tra Maldestro e la madre Rachele, è stato in parte oggetto di un’interessante intervista che il cantautore ha scelto di rilasciare al periodico “Vanity Fair”; egli dice tra l’altro:
“La mia mamma non vede, e questo cambia tutto. Per capire come stessi crescendo, passava le mani sul mio viso: toccava piano i capelli, le palpebre, le orecchie, il naso, la bocca. Si separò da mio padre nell’87. L’aveva sposato quando faceva l’operaio, non il criminale. Quando lo scoprì prese me e mia sorella Concetta, e ci salvò. Quel che più amavo era stare sulle sue ginocchia, mentre alla tastiera accennava Beethoven, Bach. Mi regalerà un pianoforte, poi. Dopo il divorzio prese a lavorare con mia zia. […] Divenne poi centralinista. Per conservare i soldi non si comprava le scarpe. […] I suoi sacrifici furono immensi”.
Un ragazzo cresciuto molto in fretta quindi, con tutto ciò che ne consegue.
Un ragazzo che a Sanremo ha avuto tanto da dire e ancor più da comunicare e far comprendere ai suoi coetanei, forgiato dalla vita e dalle esperienze e certamente non appena uscito da uno dei soliti talent. Abbiamo avuto la gioia di averlo nostro ospite, durante Slashbox, il contenitore pomeridiano di Slash Radio web. E’ stata un’intervista anche divertente, realizzata telefonicamente, che vi proponiamo di seguito.
D. – Maldestro, avresti meritato la vittoria…
R. – Grazie, al di là di questo, posso dire di essere davvero contento, in effetti mi mancava solo l’ultimo premio, quello relativo alle nuove proposte… gli altri, li ho vinti tutti… Quindi era pure giusto lasciare qualcosa a qualcuno che non fossi io!
D. – Cosa si prova a partecipare al Festival di Sanremo e quale è stato il tuo percorso…
R. – E’ un’esperienza molto bella; nel bene e nel male quello di Sanremo è il festival più importante d’Italia, per ciò che concerne la canzone. E’ necessario entrarci con la giusta testa, avere la capacità di rimanere distaccati, giusto quel centimetro in più per poter comprendere al meglio dove si è, onde aver tutto ben chiaro… Io considero questa un’esperienza estremamente positiva, che mi ha consentito di incontrare e conoscere davvero belle persone, ricche di umanità. Credo che quanti tendono a voler prendere le distanze da Sanremo, con un po’ di snobismo, dovrebbero invece vivere il Festival. Criticare Sanremo, dire che tanto le cose non cambiano è un grosso errore, occorre essere presenti ed essere noi in prima persona a far sì che le situazioni mutino. Se saremo in tanti, le radio passeranno anche i nostri brani… Per me è stata davvero un’esperienza bella ed il percorso è stato fantastico. Il merito di ciò va a Carlo Conti, che ha voluto, riuscendoci, portare noi giovani in prima serata; questo format ha consentito a noi di giungere alle fasi finali sicuramente più preparati e maggiormente conosciuti.
D. – Questo tuo #PippoBaudoèCapellone vuoi spiegarcelo?
R. – Ah sì, certamente. Si tratta di una citazione di una commedia, tra l’altro bellissima, di Vincenzo Salemme, “E fuori nevica”. E’ stato un gioco, ovviamente, iniziato da quando ho saputo di far parte della rosa dei sessanta prescelti. Nella commedia, il personaggio interpretato da Salemme, dice che andrà al Festival di Sanremo con una canzone e poi c’è questa parola d’ordine: PippoBaudoèCapellone… A Napoli è più che conosciuta ormai, … si dice…
D. – Hai partecipato al Festival con un brano bello ed interessante: “Canzone per Federica”. Si tratta di una persona realmente esistente o di fantasia? Nel primo caso quale è stata la sua reazione?
R. – Sì Federica esiste e, ti dirò, mi ha chiesto i diritti di ispirazione! Debbo vedere come fare…
D. – In un’intervista hai dichiarato che ti è stato consigliato di non dire che sei fidanzato…
R. – Già, la produzione mi ha imposto di dire che non sono fidanzato perché… Scherzi a parte, Federica è una mia carissima amica, alla quale voglio davvero un bene dell’anima…
Per me è stato un vero onore poterla immortalare in una canzone, perché ha ricevuto troppi colpi dalla vita e, nonostante ciò, lei ha sempre il sorriso sulle labbra, ha una forza incredibile, ella stessa è una forza della natura. Dedicarle una canzone per me è stato motivo di orgoglio.
D. – “Canzone per Federica” non è il classico brano sanremese, sia per i contenuti, che per la partitura musicale e gli arrangiamenti… Non è un caso che tu abbia ricevuto premi significativi…
R. – In effetti questo brano è stato scritto due anni fa, dunque non è mai stato pensato per il Festival.
D. – Ci racconti allora come è nato?
R. – In modo estremamente naturale. Avendo vissuto insieme a Federica delle esperienze particolari… eravamo insieme a casa, un pomeriggio, mi venne in mente questa melodia, presi la chitarra ed iniziai a scrivere la canzone; anzi, addirittura chiesi a Federica di prendere un foglio e la penna e iniziai a dettare… E’ stata proprio Federica a scrivere quanto le dettavo. Questa canzone è nata in modo assolutamente spartano e, se così si può dire, casareccio…
D. – Tuoi sono il testo e la musica…
R. – Sì, sì ho scritto sia le parole che la partitura, nessuno ha lavorato su questo brano se non io.
D. – Del resto sei un cantautore…
R. – Sì.
D. – Gli arrangiamenti?
R. – Gli arrangiamenti li ho curati io insieme a Maurizio Filardo, un grandissimo e bravissimo arrangiatore; sono felice di aver scelto lui, poiché ha una particolare eleganza. Ha curato arrangiamenti per molti artisti; ha portato Arisa a Sanremo, con “Sincerità”. E’ persona con un bagaglio culturale e di esperienza enorme…
D. – Lo accennavi prima, hai vinto un sacco di premi…
R. – Sì per me il più importante è stato il premio della critica, il premio Mia Martini. Io puntavo a quello, la mia ambizione era passare entrambe le serate ed ottenere il premio della critica. Ci sono riuscito, sono molto felice, è stata questa la mia vittoria personale.
D. – Nel tuo caso la tanto temuta casta dei giornalisti, di cui si dice spesso che sono sempre contro è stata a tuo favore…
R. – Sono lieto che abbiano recepito il mio impegno, la mia fatica, il mio percorso, la mia strada, sono contento mi abbiano premiato. Ma come sono solito dire i premi poi lasciano il tempo che trovano, restano a casa a prendere polvere. Ciò che invece ha grande importanza è riuscire ad emozionare il pubblico, colpire il cuore di chi ascolta, questo è l’aspetto fondamentale.
D. – Vi è stata anche un po’ di polemica durante il Festival, si è parlato molto di esclusioni illustri e del sistema di votazioni, ritenuto da alcuni non idoneo…
R. – Probabilmente qualcosa andrebbe modificato, però, se si decide di partecipare ad una gara, a quel tipo di gara, poi non si deve far polemica, poiché si sa in anticipo a cosa si va incontro. Ora nel mio caso, Lele è un talento, ha dalla sua ben due anni di televisione ed è, pertanto, normale che abbia maggiore popolarità ed una base di persone che lo seguono più ampia. E’ ovvio che ciò influisce sulle votazioni…
D. – Resta da vedere quanto questa popolarità basata prevalentemente sull’esposizione mediatica, durerà…
R. – Infatti, visto che io sono più grande di Lele e forse ho avuto più esperienza sul campo, sul palco… A lui ho consigliato di non perdere di vista mai la cosa più importante della musica, del fare musica, il concerto, il live ed il contatto con il pubblico. Spero che mi ascolti, Lele è una persona intelligente, ha una musicalità pazzesca, a me piacerebbe, come ho detto più volte, suonare la chitarra, proprio come lui, visto che è veramente molto bravo. A volte i talent, finiscono per oscurare le capacità dei singoli. A Lele io auguro tutto il bene del mondo…
D. – Per molti anni ti sei dedicato anche al teatro. Come è nata questa tua passione?
R. – In realtà il mio primo incontro con l’arte è stato con la musica, allorquando mia madre mi regalò un pianoforte, quando avevo appena nove anni di età. Ho quindi iniziato a suonare il piano; a sedici anni, l’ho lasciato, però, poiché ho scoperto questo mondo pazzesco che è il teatro: il teatro è la mia vita, il mio rifugio. Credo sia l’unico posto rimasto in cui è possibile raccontare la verità. E’ qualcosa di straordinario, una volta provato non ti lascia più. Il mio obiettivo è far coesistere musica e prosa. Mi piacerebbe intraprendere la stessa strada che un tempo è stata di Giorgio Gaber, riuscire a fare almeno il 3% di quanto ha fatto questo artista. Non posso immaginare la mia vita senza il teatro.
D. – Tu hai dichiarato, infatti che Giorgio Gaber è per te un punto di riferimento, anche per questo fondersi di musica e recitazione, prosa e canzoni…
R. – Sì, Giorgio Gaber è stato il pioniere del Teatro-canzone in Italia, ha veramente fatto la storia. Sin dal primo ascolto di Gaber sono rimasto letteralmente senza parole, affascinato da quel mondo. Il mio tour teatrale credo proprio che verterà su monologhi e canzoni, considerato che provengo dal teatro e desidero continuare a farlo, andrò sicuramente a costruire le mie esibizioni basandomi su quella strada.
D. – Eppure appartieni ad una generazione di molto successiva a quella di Gaber e del suo pubblico…
R. – Gaber, secondo me, aveva questa capacità di arrivare a tutti con i suoi messaggi. Il problema credo non sia la generazione o l’età, quanto il sistema che sta dietro: se la radio decidesse di passare entrambe le “Categorie”, quella dei talent, che hanno ragione di esistere per carità, ma anche altro, gli indipendenti, ad esempio… A me piacerebbe vi fosse maggiore equilibrio, sarebbe giusto, bello ed opportuno che fossero trasmessi anche i brani di quanti provengono da esperienze e/o strade alternative, indipendenti, onde poter offrire al pubblico una visione più ampia, completa. In questo modo gli ascoltatori potrebbero avere la possibilità di scegliere consapevolmente. E’ un po’ come per la pubblicità: se la televisione diffonde gli spot di uno stesso prodotto per 24 ore al giorno, in maniera continuativa, alla fine chi segue si convincerà che quel dato prodotto sia davvero il migliore. Il popolo, il pubblico non è ignorante, ma bisogna dare la possibilità alle persone di avere modo di farsi un’idea, fornendo più alternative. Se, tornando alla musica, si propone un solo filone… Questa è la sconfitta della musica italiana, inoltre siamo diventati grandi importatori, e non più grandi esportatori di musica. Bisogna tornare, invece ad esportare musica…
D. – Napoli ha alle proprie spalle una grande tradizione, non mi riferisco solo alla musica classica napoletana, ma anche a cantanti e cantautori del calibro di Edoardo Bennato, Eugenio Bennato, o Pino Daniele… Cosa rappresentano per te queste figure?
R. – Indubbiamente sono figure di rilievo, importanti, però, io sono un napoletano atipico, preferisco Giorgio Gaber a Pino Daniele. Anzi tempo fa è nata una polemica, poiché ho dichiarato di preferire la musica di Gaber a quella di Pino Daniele e, visto che il napoletano, in genere, è un po’ campanilista, vi è chi si è risentito, ritenendo impossibile che un partenopeo preferisca Gaber a Pino Daniele. Per costoro è qualcosa di inconcepibile, un po’ come se ad un napoletano non piacesse la pizza… Io ho scelto quella strada, mi emoziona maggiormente Gaber, senza nulla togliere a Pino Daniele, che è ed è stato un grandissimo cantautore e musicista. Napoli, nel bene e nel male te la porti sempre un po’ dietro: la musicalità è parte di noi, delle nostre tradizioni e comunque ti resta addosso.
D. – Tu hai anche avuto modo di registrare un brano e comunque di esibirti insieme a Beppe Barra, una sorta di monumento della napoletanità…
R. – Sì, per me è stata un’esperienza straordinaria. Il maestro Beppe Barra mi ha offerto l’opportunità di aprire i suoi concerti per quasi un anno ed ho avuto anche l’onore di ospitarlo all’interno del mio primo album, abbiamo inciso un pezzo insieme. Beppe Barra credo sia uno dei pochi che porta ancora avanti la tradizione, facendolo in maniera eccellente. Per me è motivo di vanto, di orgoglio, come James Senese, altro grande artista che mi ha dato la possibilità di aprire i suoi concerti. Per me sono state esperienze uniche, importanti, dalle quali ho rubato ed imparato molto. Loro sono due grandissimi musicisti ed artisti, io credo che la grandezza di questi maestri risieda proprio nel saper e riuscire ad insegnare quasi inconsciamente; loro non sanno neanche che ti stanno insegnando moltissime cose, ma di fatto lo stanno facendo.
D. – Perché hai scelto di presentarti con il nome di Maldestro?
R. – Ma perché lo sono realmente: inciampo, cado, sono sempre in una dimensione diversa da questa, mi porto dietro gli spinotti, quando sono sul palco…gli amici erano soliti dirmi: “Sei proprio maldestro!” ed è così che è nato questo nome…
D. – Hai una voce particolare, profonda, roca al punto giusto… Una voce che piace…
R. – Grazie, da sempre mi dicono che ho questa voce bella, imponente, sin da quando facevo teatro, un po’ ci gioco pure io…
D. – Che opinione hai dei talent?
R. – Per me tutto ciò che, in qualche misura viene racchiuso in una specie di scatola, è qualcosa che mi va stretto… Ciò che a me non piace dei talent è il dopo, poiché questi ragazzi dapprima li pompano al massimo e poi, terminato lo spettacolo, li abbandonano.
D. – A volte si rivelano delle meteore?
R. – Quasi sempre lo sono, in quindici anni di talent, quanti cantanti ricordiamo? Quattro cinque…Mi piacerebbe realizzare un documentario su tutti coloro che sono stati dimenticati… Un documentario fatto da persone competenti… Potrebbe essere interessante.
D. – Farai a breve concerti?
R. – Sì, il tour è in preparazione: i concerti inizieranno il 25 di Marzo, mentre il 24 Marzo uscirà il nuovo album. Il 23 Febbraio invece uscirà il singolo, su vinile ed in edizione limitata. Sempre il 23 di Febbraio correte tutti al cinema! Esce l’ultimo film per la regìa di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gasmann e Marco Giallini “Beata ignoranza”. Uno dei miei brani “Abbi cura di te” è parte della colonna sonora del film e sarà il prossimo singolo.
D. – Cosa puoi dirci del tuo prossimo album?
R. – L’album di prossima uscita “I muri di Berlino” contiene dieci brani, come dicevo uscirà il 24 di Marzo . Rispetto al mio primo lavoro sarà diverso, nelle sonorità, visto che nel corso di questi anni ho avuto modo di sperimentare numerosi mondi. In questo disco si parlerà più d’amore rispetto al primo album, analizzerò l’amore da diverse angolazioni, ma avrò sempre lo sguardo rivolto anche a tematiche di carattere sociale.
D. – Cosa vuoi dirci circa il tuo look, il tuo modo di proporti?
R. – Sono sempre così. Da quando indosso il cappello mi paragonano e/o accostano a Francesco De Gregori… Io sono solito rispondere che sono il figlio riuscito male della famiglia De Gregori…
D. – Sei tifoso del Napoli?
R. – Sì, assolutamente…
D. – Pensi che il Napoli abbia la possibilità di superare Roma e Juventus?
R. – Ma la Juve è un po’ come la De Filippi… Sto scherzando naturalmente…
D. – Tu hai scritto una canzone “La mia ragazza è juventina”…
R. – Sì è stato un gioco, un divertimento… è una canzone ironica, registrata velocemente, così, durante le prove del disco…
D. – Nella canzone, molto divertente e scherzosa la ragazza non fa una bella fine…
R. – … Penso che gli juventini ai miei concerti non verranno… ribadisco che è un gioco. Sai ho avuto in questo periodo qualche difficoltà a dover rispondere sia su questa faccenda degli juventini, che sulla faccenda di Maria De Filippi, di Sanremo… Invece, a parte le battute fatte per scherzare, per sdrammatizzare e giocare… Ribadisco che a Sanremo è stato fatto tutto in maniera pulita, di questo sono assolutamente convinto. Me ne vado a casa contento, perché vuol dire che vi è sempre una speranza e che non tutto è marcio.
D. – Ti aspettavi questo tuo successo personale?
R. – Ma, non so… Mi aspettavo qualcosa di bello, perché avevo avuto molti consensi da parte dei tecnici RAI, da parte dei macchinisti, avevo avuto complimenti dagli orchestrali… si parlava di me… Poi io sono un realista che tende al pessimismo, dunque mi dicevo: “Non è possibile”… Avevo dei preconcetti. Invece è stato qualcosa di veramente meraviglioso ed inatteso. Quando ho superato la prima sera, allora ci ho creduto, ho detto ok…Debbo anche dire che mentre Lele esultava per la vittoria Maria De Filippi mi si è avvicinata e mi ha detto: “Hai un talento pazzesco”. Sono contento anche di questo… Vi è stato un altro episodio che desidero raccontare, un evento che per me è stato come ricevere un premio, forse il più bello: ho fatto piangere Mara Maionchi. Mara è una donna che ha fatto la storia; lei criticava tutti… Pensavo avrebbe detto qualcosa anche su di me… Invece si è commossa ed ha avuto belle parole… Una soddisfazione immensa.
D. – Allora ci diamo appuntamento su Slash Radio web in occasione dell’uscita del tuo nuovo album…
R. – sicuramente. Grazie per la bella chiacchierata e… Mi raccomando promuovete anche voi la buona musica!
Abbiamo salutato Maldestro con il sorriso sulle labbra e con la promessa di tornare ad intervistarlo per promuovere il suo “I muri di Berlino”.
speriamo di aver soddisfatto se non tutte almeno molte delle vostre curiosità. Cosa ne pensate di questo cantautore così eclettico? Una personalità tutta da scoprire e canzoni da ascoltare e diffondere.
Luisa Bartolucci