“Cittadini innanzitutto! – la parola ai diritti. Dall’Assistenza alla Cittadinanza consapevole.” È il titolo dell’ultimo Congresso Nazionale della nostra Unione ed uno dei diritti inviolabili a cui si deve dare la parola è il diritto a manifestare la propria identità senza il timore di essere emarginati, dileggiati e discriminati.
Essere se stessi vuole dire anche essere liberi di vivere senza nascondere il proprio orientamento sessuale, farlo significa infatti celare e ridurre al silenzio una parte della propria personalità… e ciò è inaccettabile!
Benché, bisogna ammetterlo, lo scenario stia lentamente cambiando e il tema dell’affettività e sessualità delle persone con disabilità venga affrontato sempre di più, ancora troppo spesso si tende a relegare in secondo piano questa sfera della vita di coloro che hanno un deficit fisico, cognitivo o sensoriale, come se esso inibisse automaticamente qualsiasi desiderio di contatto fisico, come se annullasse il bisogno di avere una relazione intima con un’altra persona… figuriamoci se si è pronti a contemplare la possibilità che una donna o un uomo con disabilità provi attrazione per una persona del suo stesso sesso… inconcepibile!
Ma inconcepibile non è… e non deve esserlo!
Dal momento in cui si afferma – e noi lo affermiamo con forza – che una persona con disabilità è innanzitutto una persona e che il suo deficit non è altro che una parte e non il suo intero essere, allora non ci si deve scandalizzare se ha un orientamento sessuale diverso da quello della maggioranza della popolazione.
Purtroppo, però, siamo nel campo dell’ideale, nel mondo reale le cose vanno diversamente: ancor oggi, i soggetti LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) con una disabilità rischiano fortemente di essere discriminati due volte ed il risultato è che, non potendo nascondere la disabilità, celano il proprio orientamento sessuale, conducendo una vita che non è quella che la natura li porterebbe a vivere.
I ciechi e gli ipovedenti omosessuali non sono certo soci o tutelati di serie B, è quindi dovere dell’Unione iniziare ad occuparsi di omodisabilità.
Abbiamo quindi deciso, su sollecitazione dei diretti interessati, di attivare un progetto finalizzato sia a fare cultura sul tema, per il superamento di volgari stereotipi e gretti pregiudizi, sia per offrire una occasione di incontro e di reciproco supporto alle persone omosessuali cieche e ipovedenti. Questo importante e delicato progetto si svilupperà nel tempo attraverso diverse iniziative, la prima delle quali è l’apertura della sala virtuale Arcobaleno. La sala, che è aperta a partire dal mese di luglio tutti i mercoledì dalle 21:00 alle 23:00, è un luogo nel quale tutte le persone interessate possono incontrarsi per condividere le proprie esperienze di vita, confrontarsi e aiutarsi vicendevolmente, il tutto in piena riservatezza, senza avere il timore di essere giudicate, derise o discriminate.
Per quanto sia una strada lunga e, è inutile nasconderselo, in salita, siamo fiduciosi che , impegnandosi con costanza, facendo un passo dopo l’altro, stando gli uni a fianco agli altri, riusciremo ad abbattere le barriere del pregiudizio.
Il nostro obiettivo è quello di creare le condizioni perché una persona cieca o ipovedente non si senta più costretta a rimanere nell’anonimato per il timore di essere discriminata … specie se si sta rivolgendo all’associazione che la tutela e la rappresenta!
L’Unione si occupa di omodisabilità, di Mario Barbuto e Katia Caravello
Autore: Mario Barbuto e Katia Caravello