Cari amici e colleghi, mi rivolgo a voi tutti per rispondere al collega Iorio, fermo restando la più incondizionata adesione e sottoscrizione alla esaustiva e puntuale lettera di risposta del nostro Presidente Nazionale Mario Barbuto.
Caro Gennaro, condivido pienamente la tua lettera/denuncia per la motivazione per la quale l’hai scritta e diffusa essendo essa stessa il manifesto di quel diritto violato a cui in molti, anzi sin troppi hanno dovuto far fronte attraverso proprie energie e tanta fiducia nelle proprie attitudini, conoscenze e passione; è la “sostanza”, dirò, di uno stato reale di confusione e più completa anarchia della applicazione della normativa vigente di cui tu e tutti ultimamente abbiamo preteso il rispetto e l’applicazione; lo stesso Presidente nazionale della nostra associazione assieme al presidente nazionale della FISH, Vincenzo Falabella, ha scritto, ultimamente, al Governo perché si faccia promotore nella denuncia della violazione di un diritto di cui lo Stato per primo è responsabile.
Al di là di qualche imprecisione riportata dall’articolista su cui mi riservo di comprenderne meglio le ragioni in altra sede, resta il tono offensivo e poco ortodosso e per nulla rispondente, utilizzato nella lettera e col quale siamo definiti “inadeguati” “impreparati” e “inutili”.
Amici e colleghi, ribadisco, sottoscrivo senza alcuna riserva né giudizio la lettera scritta dal nostro Presidente Nazionale Mario Barbuto, in risposta alla denuncia diffusa dal collega Iorio; tuttavia, in attesa della prossima riunione della Direzione Nazionale, nella quale la stessa Uici prenderà posizione in difesa di quello che è e resta uno dei diritti sanciti dalla Carta costituzionale italiana, quello d’essere tutti cittadini, con pari dignità e opportunità, desidero dissociarmi pubblicamente da quanto scritto nella lettera di denuncia, sia per i toni che per gli appellativi coi quali veniamo messi in relazione al mancato diritto.
Ho accettato responsabilmente la elezione alla carica di dirigente nazionale e la nomina a coordinatore della commissione nazionale per l’istruzione e la formazione, non per puro divertimento e né per aver avuto da un qualche “preveggente” la garanzia assoluta che il mio operato avrebbe avuto solo esiti positivi. Ho scelto di assumermi la responsabilità di un così difficile e complesso “dicastero” quale è quello dell’istruzione e della formazione, mosso da principi costituzionali anzitutto, umani e professionali.
Personalmente mi sento profondamente scosso, per riprendere il termine utilizzato del nostro Presidente Nazionale nella sua lettera di risposta, non solo per aver vissuto sulla pelle sconfitte, ricorsi e umiliazioni, tutte superate e che pure mi hanno accompagnato sin qui, oggi insegno in un liceo scientifico “storia, filosofia e cittadinanza” e presso scienze della formazione dell’Unimol “tiflologia”. Non ho mai diffuso alcun tipo di giudizio contro l’associazione di cui oggi sono fiero di essere dirigente, certo non perfetto, anzi ricco di difetti e dunque incline ed involontario all’errore e all’insuccesso, talvolta anche personale oltre che associativo; ahimè, qualche volta l’errore determina l’insuccesso, ma da esso è possibile apprendere grandi lezioni di vita. eppure per errori di difficile imputazione, tutto ciò che ho ottenuto e di cui tutti i ciechi italiani oggi fruiscono in termini di leggi, progresso culturale, sociale, umano e lavorativo, nonché professionale va riconosciuto al lavoro magistrale e umano di chi ha resa grande forte e unica la nostra associazione; dall’altro canto è anzitutto merito della nostra gloriosa ed unica associazione se noi ciechi, ipovedenti gravi, oggi abbiamo incarichi prestigiosi in amministrazioni pubbliche, private e nell’industria, della politica e dell’economia. L’Unione Italiana dei Circhi e degli Ipovedenti ha fatto e continua a fare la storia personale di centinaia di migliaia di ciechi italiani, d’ogni estrazione sociale, culturale e perché no, anche “politica”.
Nonostante il difficile ruolo sociale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus, ruolo politico indispensabile perché non venga disperso il patrimonio culturale e storico sin qui vissuto e costruito, fatto di errori, imperfezioni e sconfitte e per le quali oggi mi trovo qui, inutile sarebbe infatti qualsiasi azione associativa se tutto funzionasse secondo il dettame costituzionale e normativo, confermo la scelta personale e libera di voler essere dirigente nazionale tra insulti e disabilità politiche ed economiche; dall’altra parte uno dei motti che condivido e prediligo è quello di John Fitzgerald Kennedy: ” Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”.
L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è e resta l’associazione col patrimonio genetico più lungimirante e proficuo che sia mai stato partorito: il diritto a essere persone tra le persone, cittadini tra i cittadini.
Con stima e profondo rispetto per chiunque viva il disagio della cecità e di tutto ciò che comporta.
Marco Condidorio