Le distrofie corioretiniche ereditarie, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Riportiamo un abstract dell’intervento della Dott.ssa Teresa Mattina, Direttrice del Centro Malattie rare del Policlinico di Catania, tenuto lo scorso 28 Giugno all’Istituto per ciechi “Ardizzone Gioeni”, in occasione del Convegno “Diagnosi clinica e terapia genica delle malattie retiniche, organizzato dalla sede territoriale Sicilia dell’Associazione Retina Italia Onlus.
Ci auguriamo che le notizie in esso contenute siano utili ed interessanti per i nostri tanti lettori retinopatici.
Buona lettura!

Le distrofie corioretiniche ereditarie.
Le distrofie corioretiniche ereditarie sono patologie genetiche che determinano una progressiva perdita della vista fino alla cecità.
Esistono forme in cui la patologia oculare costituisce una manifestazione clinica isolata in un individuo per altro sano, e forme sindromiche, nelle quali altri organi o apparati sono coinvolti.
Dal punto di vista delle modalità di trasmissione ereditaria esistono patologie autosomiche dominanti, in cui la patologia si trasmette da un genitore affetto ai figli con un rischio del 50%, autosomiche recessive (più frequenti), in cui i genitori sono clinicamente sani, ma entrambi portatori del gene mutato, X-linked (legate al sesso) in cui la mamma portatrice sana può trasmettere la mutazione alle figlie, che saranno portatrici sane, e ai figli maschi che invece manifesteranno la malattia. Esistono anche forme mitocondriali, trasmesse esclusivamente dalla madre.
I geni responsabili di queste patologie sono numerosi ed il quadro clinico non è sempre così distinto da rendere facile sospettare il gene responsabile. È, quindi, molto importante definire nella maniera più chiara e dettagliata possibile il quadro clinico, non solo oculare prima di affrontare la diagnosi genetica.
Prima dell’esecuzione di qualsiasi test genetico è necessaria l’esecuzione di una consulenza genetica.
Dal punto di vista pratico il paziente che giunge alla consulenza genetica con una diagnosi clinica precisa, può essere indirizzato all’esecuzione del test genetico idoneo, se questo è disponibile. Il paziente con una diagnosi incerta o incompleta, viene invece indirizzato all’esecuzione di ulteriori accertamenti atti a definire dettagliatamente il quadro oculare, a chiarire se si tratti di un quadro isolato o sindromico ad esempio con l’esecuzione di accertamenti che riguardano altri organi: esami audiologici, vestibolari, visita cardiologica ed ogni altra visita specialistica sia utile per completare la definizione completa del quadro clinico. Un analogo studio in altri componenti della famiglia, può essere necessario per consentire al genetista di definire le modalità di trasmissione ereditaria. Va tenuto presente che nel caso di un paziente la cui famiglia non ha mai presentato in precedenza altri casi con la stessa patologia, (casi sporadici) qualsiasi modalità di trasmissione ereditaria è possibile.
L’esecuzione del test genetico può richiedere molto tempo. Molte patologie, anche se caratterizzate da un quadro clinico ben definito, possono essere il risultato di mutazioni riguardanti uno più geni diversi (sono geneticamente eterogenee), pertanto il laboratorio è costretto ad eseguire l’analisi di un gene adottando tecniche diverse e, talvolta, a procedere con analisi di una serie di geni che vengono studiati in successione uno dopo l’altro.
Da pochi anni è diventato possibile studiare simultaneamente un grande numero di geni, anche l’intero genoma, in tempi brevi e con costi relativamente bassi.
L’adozione di queste tecniche (next generation sequencing o NGS) però ha portato ad evidenziare che in ogni individuo sono presenti mediamente circa 20.000 mutazioni, molte di queste sono prive di significato clinico, altre conferiscono all’individuo le sue caratteristiche personali e la sua unicità, altre sono responsabili di segni clinici ed è necessaria una specifica competenza del genetista biologo per definire il gene responsabile di una specifica patologia. Per il gran numero di variazioni da prendere in considerazione prima di porre una diagnosi è necessario che i pazienti da indirizzare a questa tipologia di test siano selezionati da clinici esperti e che i test vengano eseguiti presso laboratori di sicura qualità.
Dopo l’esecuzione di qualsiasi test genetico il risultato viene consegnato accompagnato da una consulenza genetica che chiarisce il significato e i limiti del test e del suo esito sia che questo sia positivo (patologico), che negativo (normale).
Qualsiasi risultato deve essere riconsiderato dopo qualche tempo in quanto potrebbero esservi al riguardo nuove importanti conoscenze, e un test negativo potrebbe essere ripetuto con altre modalità tecniche.
Il fatto che i progressi nel campo della clinica, delle tecniche diagnostiche, nelle modalità di analisi genetica siano andati di pari passo con l’avanzare della capacità di comunicazione e di scambio scientifico, rende spesso non necessario compiere i cosiddetti viaggi della speranza per poter affrontare il corretto iter diagnostico con tecniche di avanguardia.
A che serve eseguire i test genetici? A completare la diagnosi, a verificare i rischi di ricorrenza, ad attuare la prevenzione della ricorrenza, ma soprattutto serve a comprendere i meccanismi attraverso i quali il quadro clinico si è determinato. Capire i meccanismi patogenetici è di grande aiuto per la ricerca scientifica clinica tesa a sperimentare nuovi farmaci.
È fondamentale comprendere che i tempi per le analisi e per la sperimentazione delle terapie possono essere lunghi, che non tutto quello che è possibile reperire su internet è scientificamente affidabile, che fidarsi di persone con competenze certificate dalla pubblicazione di risultati scientifici su riviste accreditate è importante, che aderire alla ricerca scientifica seria è ESSENZIALE per il progredire della ricerca clinica.