Queste le proposte della Federazione Pro Ciechi sull’inclusione scolastica.
Nei giorni scorsi è stato pubblicato sui nostri Giornale on line e Corriere Braille un mio “pezzo” dal titolo “Scuola speciale per bambini ciechi? No Grazie!”. In tale articolo, a nome del c.d.a. della Federazione Pro Ciechi, rivolgevo i ringraziamenti più sentiti e fervidi al nostro collega Claudio Cassinelli, Presidente del “glorioso” Chiossone di Genova, per la decisione presa dal “suo” Istituto di fuoriuscire dalla Fondazione Guderzo, dopo l’annuncio da parte della medesima Fondazione di voler realizzare a breve una scuola “speciale” per bambini ciechi.
Infatti, un simile progetto è ritenuto da noi della Federazione un “pericoloso” ritorno al passato e soprattutto una falsa soluzione ed un inganno rispetto ai reali bisogni educativi ed al corretto percorso di crescita di cui necessitano i “ragazzi ciechi”, per dirla alla Romagnoli.
Qualche giorno fa, mi sono poi imbattuto nello stimolante ed, oserei dire, “provocatorio” articolo di Luciano Paschetta pubblicato su Redattore sociale, intitolato “Alunni ciechi? Togliamogli il sostegno e creiamo centri di supporto alla scuola”.
Ebbene, data la delicatezza della questione e poiché si rischia di ingenerare confusione tra i “non addetti ai lavori”, vorrei ricordare, prima che ancora al Prof. Luciano Paschetta, a me stesso ed ai nostri lettori che tali centri di servizio o di supporto alla scuola esistono già in Italia.
Trattasi dei cosiddetti “centri di consulenza tiflodidattica” (c.c.t.), istituiti dalla Federazione Nazionale Delle Istituzioni Pro Ciechi e dalla Biblioteca italiana per i ciechi ai sensi della legge 284 del 1997. I c.c.t. oggi sono 17, sono distribuiti su tutto il territorio nazionale e si prefiggono il compito di fornire consulenza tiflodidattica e di far conoscere gli strumenti ed i materiali tiflodidattici agli insegnanti di sostegno, agli operatori scolastici, ai genitori ed agli alunni della scuola di ogni ordine e grado.
A dire il vero, vi sono altresì le “famose” u.t.c. (unità territoriali di coordinamento), che costituiscono delle strutture regionali di coordinamento tra i c.c.t., i centri autonomi rispetto ai nostri centri di consulenza tiflodidattica, le sezioni provinciali dell’UICI, le ASP e gli Uffici scolastici provinciali e regionali, ossia tra tutte le Agenzie che operano nel territorio a sostegno dell’integrazione scolastica degli studenti minorati della vista.
Dunque, il “vero” problema del sostegno degli allievi disabili visivi in Italia non sta nella mancanza di “centri di supporto” alla scuola, che ci sono e sono anche parecchi, quanto piuttosto nella totale assenza di una “visione d’insieme”, di un fattivo e sinergico collegamento tra di loro, elementi che sarebbero invece indispensabili per un proficuo processo di inclusione dei nostri ragazzi nella scuola di tutti.
Anzi, io sono fortemente persuaso che proprio tale assoluta “scolleganza” in materia di politica scolastica tra l’Unione ciechi ed i suoi enti collegati, tra cui anche l’I.Ri.Fo.R., sia tra le cause principali del nostro attuale “male scolastico” e cioè dell’inadeguata e precaria preparazione e formazione degli operatori che, a vario titolo, si occupano del sostegno degli studenti non vedenti ed ipovedenti.
Consapevole di ciò, il c.d.a. della Federazione Pro Ciechi, (che si onora di avere tra i suoi componenti anche il Dott. Raffaele Ciambrone, Dirigente dell’Ufficio Disabili della Direzione Generale per lo studente del MIUR), nella sua ultima seduta del 27 Gennaio u.s., su proposta del Presidente Nazionale UICI Mario Barbuto, ha deliberato di costituire un coordinamento tra tutti i suoi c.c.t. e quelli della B.I.C., nella convinzione di dover coinvolgere in questo nuovo “organismo” anche le ASP, gli Enti di ricerca e le più prestigiose Facoltà di Scienze della formazione italiane.
Il “lungimirante” ed ambizioso progetto della Pro Ciechi è quello di pervenire entro la fine di quest’Estate alla sottoscrizione di una Convenzione con il MIUR, perché tale coordinamento venga accreditato dal Ministero e riconosciuto ufficialmente come “Authority della Tiflologia”.
L’Authority dovrà avere un suo Direttore Generale ed un “board” (gruppo di lavoro) molto snello, composto da non più di cinque esperti del settore, che saranno deputati a definire il percorso formativo ed il profilo professionale dei “famosi” assistenti alla comunicazione (di cui all’art 13 della legge 104 del 1992) e dei veri e propri “convitati di pietra” del sostegno degli alunni minorati della vista e cioè i Tiflologi!
Oggi, infatti, la “figura” del Tiflologo non esiste per legge e non dispone di un suo apposito albo professionale, così come, d’altra parte, molti “aec” sono improvvisati e sono privi di un’idonea preparazione.
Pertanto, solo con la nascita della sopraccitata “Authority della tiflologia” potremo garantire agli assistenti alla comunicazione ed ai Tiflologi “diritto di cittadinanza” ed un’adeguata formazione, potendo finalmente far impegnare le Regioni (a cui compete l’assistenza scolastica e/o domiciliare) ad “obbligare” gli enti e le cooperative che erogano tale servizio ad avvalersi di tali educatori specializzati.
Altro tema caldo è quello della modesta preparazione e dell’indifferibile ed ineludibile necessità di una maggiore specializzazione dei docenti di sostegno italiani. Infatti, nonostante siano trascorsi quasi quarant’anni dalla “sacrosanta” legge 517, tante sono ancora le ambiguità e le precarietà che connotano il sistema del sostegno in Italia.
Mi riferisco ovviamente all’ambiguità e precarietà del “ruolo” del sostegno. L’insegnante di sostegno ha l’obbligo di restare sul sostegno solo per cinque anni, tra l’altro non necessariamente nella stessa scuola, e non fa parte dell’organico di diritto delle istituzioni scolastiche, ma di un organico provinciale. Tale suo “non ruolo” è il fattore determinante che favorisce la provvisorietà ed occasionalità della scelta degli insegnanti di sostegno, che preferiscono “fuggire” presto da questa “ibrida” classe di concorso per passare invece nei ruoli ordinari di docenza. Tutto ciò naturalmente provoca scarsa motivazione, poco interesse all’aggiornamento da parte dei docenti di sostegno e gravissime ripercussioni per la continuità didattica per i nostri ragazzi.
Di ambiguità e precarietà si può parlare anche relativamente alla funzione dell’insegnante di sostegno. Da uomo della scuola, mi è abbastanza chiaro come i docenti di sostegno non abbiano ancora ben compreso se la loro funzione sia quella di insegnare la disciplina agli alunni privi della vista e verificare i loro apprendimenti in aule spesso “isolate” dalle altre, o piuttosto quella di supportare il consiglio di classe e l’intero contesto scolastico a progettare modelli e percorsi inclusivi a favore dei ragazzi disabili visivi.
Infine, l’ultima e più dannosa ambiguità e precarietà che caratterizza il sistema inclusivo italiano è l’inadeguata e scadente preparazione e formazione dei docenti di sostegno. Dagli opinabili, (seppur apprezzabili) Corsi polivalenti, si è infatti passati ai TFA universitari, contraddistinti dall’eccessiva genericità, dall’essere quindi “generalisti” e poco attenti alle specificità e specialità di ciascuna singola disabilità.
Ora, malgrado tali evidenti e strutturali criticità e carenze del “sistema”, io non credo che togliere il sostegno agli alunni ciechi sia la “panacea” ed il rimedio giusto. Infatti, nonostante tutto, il nostro sistema inclusivo è invidiato un po’ dappertutto e specialmente in Europa, dove ad es. in Germania esistono ancora le scuole “speciali” per ciechi ed in Francia il cosiddetto “sistema misto” non “vince” e convince.
L’attuale sistema del sostegno in Italia non va spazzato via od eliminato tout court, va invece riordinato e riformato. E di questo, secondo quanto riferitoci dal Dott. Ciambrone nel corso dell’ultima seduta del consiglio d’amministrazione della Federazione, si sta discutendo in sede ministeriale a proposito dei vari decreti attuativi della legge de “la buona scuola”, anche tenendo conto della famosa proposta di legge della Fand e della Fish sul sostegno e sull’inclusività.
Tale proposta di legge, che noi della Federazione condividiamo in toto, lo rammento, prevede le seguenti significative novità sul sostegno:
l’obbligo di un semestre di formazione universitaria iniziale per tutti i futuri docenti curricolari; l’obbligo di una apposita nuova specializzazione dei futuri docenti per il sostegno di durata triennale, successiva ad una laurea triennale come avviene per tutti; l’obbligo dell’aggiornamento in servizio sia dei dirigenti scolastici, sia dei docenti curricolari e per il sostegno, che per i collaboratori scolastici e per gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione; l’obbligo di alcune ore mensili di programmazione congiunta di tutti i docenti, come da sempre avviene per i docenti di scuola dell’infanzia e primaria e sino ad oggi assente per i docenti di scuola secondaria; la costituzione di appositi ruoli per il sostegno, distinti per ordine di scuole, dai quali si può uscire solo per passaggio di cattedra.
Due sono, infatti, i punti qualificanti su cui dobbiamo insistere in queste settimane di “intenso” dibattito al MIUR sulla riforma del sostegno e cioè: la formazione di base sulla disabilitàà in genere di tutti i docenti disciplinari e la maggiore specializzazione dei docenti di sostegno con la creazione di un’apposita loro classe di concorso e di un loro “specifico” ruolo.
La formazione di base sulle più disparate tematiche della disabilità (pure quella visiva) di tutti gli insegnanti curricolari è infatti fondamentale per evitare il perverso e fin troppo frequente (a scuola) meccanismo della “delega” dell’alunno minorato della vista al solo docente di sostegno, perché in realtà del processo di inclusione si deve far carico l’intero “contesto”.
Invece, la maggiore specializzazione dell’insegnante di sostegno e la costituzione di un suo ruolo “ordinario” potrà finalmente dotarlo di quelle competenze pedagogiche, didattiche, tecniche e metodologiche (nel caso della cecità e dell’ipovisione conoscenza della Tiflodidattica, della Tifloinformatica e del Braille), capaci di “trasformarlo” in un progettista ed attuatore di modelli inclusivi, volti a rendere efficaci gli insegnamenti e gli apprendimenti degli studenti privi della vista in un ambiente veramente “accogliente”.
Per quanto finora argomentato, la Federazione Nazionale Delle Istituzioni Pro Ciechi ritiene che togliere il sostegno agli alunni ciechi possa lasciare il tempo che trova. Infatti, il sostegno va invece potenziato e riformato, creando un suo ruolo “specifico”.
Solo così potranno essere fugate le tentazioni di ritorni anacronistici alle scuole speciali, garantendo veramente accoglienza ed inclusione a tutti gli alunni con disabilità visiva.