La vicenda sacra e l’esperienza umana nell’opera di un’artista che sa farle “vedere” anche a chi non possiede il dono della vista .
La Via Crucis di Emilia Pozzo La Ferla, realizzata in terra cotta non dipinta in altorilievo, colpisce per diversi suoi aspetti, come le prospettive insolite che caratterizzano in particolare alcune sue stazioni, come il leggero stacco delle figure rispetto al piano di terra su cui poggiano, o come alcuni gesti o posture di questo o quel personaggio che indicano in modo semplice – ma estremamente intenso ed efficace – una data condizione interiore emotiva e spirituale, che potrebbero a tutta prima risultare un po’ spiazzanti rispetto all’iconografia tradizionale.
Tuttavia, l’estrema essenzialità delle immagini, composte sempre con pochi e precisi elementi e mai sovrabbondanti di dettagli, gli inconsueti angoli visuali in cui vengono presentati talvolta i personaggi e le situazioni, ed eventuali altre piccole anomalie tecniche adottate per meglio rendere leggibile al tatto ogni momento ed aspetto dell’opera, non ne disturbano affatto la pura visione, ed anzi la sollecitano a non disperdersi e a rimaner concentrata sui pochi particolari significativi, ad alto valore simbolico, che ciascuna raffigurazione immancabilmente offre all’esplorazione delle mani quanto allo sguardo.
Così, per fare solo alcuni esempi, la veemenza dei tre uomini che col volto alterato dalla rabbia puntano gli indici ben evidenti contro Gesù nella prima stazione, veemenza alla quale Gesù non oppone altro che uno sguardo raccolto e silenzioso, privo di qualsiasi espressione di condanna o di risentimento, che ci mostra come nulla possa venir compreso da e nulla possa pertanto placare chi è preda di una violenza cieca e insensata; o, al momento della prima caduta, lo sforzo deciso per rialzarsi subito e riprendere il cammino, espresso dalla posizione dei piedi, delle ginocchia e delle mani, e di un corpo inarcato che non vuol cedere alla fatica di portare il peso della croce, osture che cambiano nella seconda e nella terza caduta, col progressivo cedere del corpo che riesce ad opporre sempre minor resistenza al pesante fardello e deve ogni volta accrescere lo sforzo per rialzarsi e proseuire, a significare la dedizione e la fatica che ci vogliono per compiere fino in fondo il proprio dovere.
E la tenerezza e lo struggimento materno rappresentato nella quarta stazione, tutto racchiuso in quei volti così vicini che si guardano negli occhi e simboleggiati così potentemente dalla mano di maria che accarezza la guancia di suo figlio e dalla lacrima che le scende sul volto…
…e la Veronica, rappresentata come una giovane donna, e come tale capace di slanci puri e sinceri che sfidano il divieto delle guardie per andare a detergere il volto di Gesù che gli insulti e la sofferenza hanno lordato e intriso di sudore, che non avendo a disposizione altro che il proprio manto, se lo leva dal capo e ci mostra che aver cura della dignità di una persona è molto più importante che l’attenzione dedicata a un nostro oggetto personale.
E poi, il corpo di Gesù che si contorce dal dolore (11a stazione) dopo che gli è stato piantato il primo chiodo nel polso sinistro, ci rappresenta insieme una sofferenza indicibile e la freddezza di chi si accinge a rinnovarla ancora, preparandosi a conficcare un altro chiodo in quel corpo già tanto martoriato, e lo strazio di Maria al momento della sepoltura, simboleggiato dal suo corpo prostrato e sorretto da Giovanni Evangelista (14a stazione).
Furore accusatorio, pietà, tenerezza e struggimento, umiliazione e dolore tormentoso,generosa cura della dignità, fatica e sforzo indicibile, strazio inconsolabile per la morte di un figlio, o gnuno di questi sentimenti umani è rappresentato con pochi ma straordinariamente emblematici particolari che fanno di questa via crucis la narrazione di una vicenda umana che tocca in qualche misura tutti noi, oltre che della passione e morte di Cristo che è monito a tutti gli uomini affinchè abbandonino la violenza e si prendano amorevolmente cura gli uni degli altri, chè solo così potranno salvarsi.
Con quest’opera anche i ciechi potranno dunque vedere immagini che, per la loro nettezza ed incisività, nella loro mente si fisseranno come altrettante icone ciascuna delle quali rappresenta un sentimento ed una situazione che ognuno in qualche misura ha potuto sperimentare nel corso della vita. E non credo che le cose andranno molto diversamente per chi queste tavole le vedrà con gli occhhi anzichè con le mani. Ed anche questo, cioè il rendere accessibile in pari misura l’opera a chi vede e a chi non vede, credo sia un altro indiscutibile merito di questa Via crucis.
Francesco Fratta
L’opera verrà inaugurata giovedì 15 febbraio e rimarrà per tutto il tempo della quaresima esposta nella Basilica torinese della Consolata. La conferenza stampa di presentazione avrà luogo alle ore 11.
L’esposizione è realizzata da Tactile vision col il patrocinio dell’UICI e dell’ENS.