E’ un fatto di cronaca che in Italia vengano progettate strutture che poi non trovano mai utilizzo, restando incomplete e abbandonate, con un notevole sperpero di risorse. Per noi cittadini, è difficile ipotizzare altre cause che non siano riconducibili all’incuria e alla superficialità degli amministratori. In una parola: stupidità. Anche per quanto ci riguarda, nel nostro piccolo, stiamo assistendo a qualcosa di analogo. Vi spiego.
L’art. 26 della legge n.833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, prevedeva che a carico delle nascenti Unità Socio-Sanitarie Locali ci fosse la riabilitazione sensoriale; le nostre leggi sono spesso lungimiranti e ineccepibili, ma come afferma il proverbio, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E la burocrazia.
La riabilitazione sensoriale, infatti, è rimasta per molti anni solo sulla carta, finché, grazie alle pressioni della nostra Unione, nel 1997, con la legge n. 284, non vennero stanziati 5.000 milioni delle vecchie lire per la creazione e il potenziamento dei cosiddetti Centri di Educazione e Riabilitazione Visiva per Ipovedenti.
All’epoca, nel mondo occidentale, la riabilitazione visiva era ormai un fatto consolidato da circa un ventennio: come al solito, malgrado l’enunciazione del principio nella sopracitata legge n. 833, siamo arrivati tra gli ultimi. Fu sempre l’Unione, per prima, ad organizzare corsi specifici per formare i riabilitatori, sotto lo sguardo diffidente e scettico del mondo accademico.
Gli stanziamenti di cui alla legge n.284, sono stati regolarmente erogati dalle Regioni fino al 2013 per un importo complessivo di 80 miliardi di lire in sedici anni, su per giù pari ad attuali 41 milioni di euro. Dal 2013 l’importo è stato ridotto a circa 400 mila euro annui.
Ancorché i predetti stanziamenti, in molte realtà, siano stati utilizzati per impegni socio-assistenziali che non avevano nulla a che fare con la riabilitazione visiva, le risorse utilizzate per la creazione o il potenziamento dei Centri di Riabilitazione Visiva sono state notevoli: gli enti interessati hanno presentato numerosi progetti alle rispettive amministrazioni regionali; queste ultime hanno provveduto a concedere l’accreditamento e lo stanziamento delle risorse indicate nei preventivi per l’acquisizione della strumentazione destinata ai nascenti servizi.
Eccoci però giunti all’anello finale della catena: i centri nascevano ed erano dotati di strumentazione all’avanguardia, ma a mancare era una cosa fondamentale: la remunerazione degli addetti ai lavori, gli oculisti, i riabiliatori e il resto del personale. Ecco quindi la nostra opera incompiuta: somme importanti stanziate per il processo riabilitativo ed il materiale relativo sottoutilizzato per mancanza di fondi finalizzati all’attività e alla gestione ordinaria dei centri.
Questo è il quadro della situazione attuale. Ora, ciò che potrebbe sbloccarlo, è l’inclusione della riabilitazione visiva all’interno delle tariffe ambulatoriali (il cosiddetto LEA, Livelli Essenziali di Assistenza); ciò eviterebbe a tutte le strutture che oggi agiscono in convenzione con le ASL di arrabattarsi con modalità improprie per riuscire a sopravvivere.
Soprattutto grazie alle pressioni costanti della nostra IAPB e del Polo Nazionale di Servizi e Ricerca per la Riabilitazione Visiva, dopo vari incontri tra i Centri di Riabilitazione e il Ministero della Salute, sembra che il problema sia in via di soluzione. Dico sembra perché a data odierna la situazione non è chiara: in un primo momento, la riabilitazione pareva essere stata inclusa nel LEA, poi no; però a dicembre una funzionaria del Ministero della Salute ci diede conferma dell’inclusione, e del fatto che il decreto relativo al LEA sarebbe stato pubblicato a breve in Gazzetta Ufficiale. A tutt’oggi però non ce n’è traccia. Nemmeno il sottoscritto è riuscito ad avere la certezza che l’iter del provvedimento sia giunto a conclusione.
Torno a ribadire che notevoli risorse sono state stanziate, e che il materiale acquisito è sovente giacente presso le strutture o sottoutilizzato. Un’opera incompiuta, insomma.
Nei giorni scorsi, il Ministero della Saluto ha reso pubblica la relazione annuale al Parlamento relativa alla legge 284/97, un documento che descrive tutte le attività istituzionali messe in campo, durante l’anno, riconducibili alla gestione della prevenzione dell’ipovisione e della cecità.
E’ lo stesso Ministero, nelle conclusioni, a evidenziare la situazione di criticità del sistema, affermando: “Fintanto che le stesse attività di riabilitazione visiva non saranno ricomprese nei LEA, sicuramente la riduzione dei finanziamenti ai Centri, con drastica contrazione dell’erogazione dei fondi negli ultimi anni, sarà un forte elemento di criticità in quanto i Centri di Riabilitazione visiva, come richiesto dalla normativa, programmano tutte le attività sulla base dei finanziamenti che ricevono. Il taglio delle risorse quindi potrà impattare sulle prestazioni erogate e sui servizi offerti ai disabili visivi, in contrasto proprio con quanto richiesto a tutti gli Stati membri dall’OMS e dalla Convenzione ONU sui diritti dei disabili […]”
Dal 1978, anno di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale ad oggi sono trascorsi 38 anni (ripeto: 38!). Forse al 50° anniversario potremmo brindare alla conclusione della vicenda.
Mentre scrivo queste righe mi sovviene una battuta di Albert Einstein: “Esistono due cose infinite: una è l’universo, l’altra è la stupidità umana. Per quanto riguarda l’universo la questione è alquanto incerta…”.
La riabilitazione visiva rientrerà mai nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)? Ad oggi, la riabilitazione visiva in Italia resta un’opera incompiuta, di Angelo Mombelli
Autore: Angelo Mombelli