Nel dibattito, peraltro piuttosto scarno, riguardante le nuove attività lavorative dei minorati visivi, è emersa la necessità di rivalutare alcuni settori produttivi, grazie ai quali, in passato, un gran numero di ciechi ed ipovedenti ha ricavato i mezzi economici di sostentamento: in particolare sono stati riproposti i "vecchi" mestieri artigianali che, tuttavia, spesso non servono più all'impietoso mercato globale moderno, basato sempre più sull'utilizzo delle macchine industriali.
Solo molto raramente ho sentito parlare di attività connesse alle lingue straniere, che, invece, assumeranno, già in un futuro prossimo, un ruolo determinante nel cosiddetto mercato globale, nel quale, volenti o nolenti, si troveranno fianco a fianco persone che parlano lingue e provengono da ambienti sociali e culturali radicalmente differenti.
So che l'interpretariato, che, peraltro, in passato ha dato un'occupazione a qualche disabile visivo, è difficilmente praticabile, giacché richiede spostamenti frequenti, anche in zone a rischio per l'incolumità fisica, ma quella vastissima area costituita dallo sterminato mondo delle traduzioni è rimasta deserta! Eppure, se non sbaglio, nel recente passato, qualche dirigente associativo traduceva in italiano articoli e testi da lingue straniere per la stampa associativa dell'UICI!
Si tratta di un'attività i cui risultati sono garantiti: da un lato, infatti, un minorato visivo può, se fornito delle necessarie apparecchiature tecnologiche, leggere uno scritto in lingua straniera e riportarne il contenuto nella nostra lingua, in un lasso di tempo non dissimile da quello impiegato da un qualsiasi vedente, dall'altro la "materia prima" a disposizione è sempre più abbondante.
Un romanzo di successo, ormai, da qualsiasi parte del mondo provenga, viene tradotto in italiano, poiché costituisce, per l'editore nazionale, una fonte di guadagno sicura. In molti campi, come quello della medicina, della biologia, dell'economia ecc., le opere di maggior rilievo sono scritte in inglese e, anche quando sono destinate principalmente agli esperti del settore, sono tradotte nella lingua nazionale per maggiore praticità e rapidità di consultazione.
E' ovvio che, specie per la traduzione dei testi scientifici, scritti in linguaggio tecnico ed utilizzando il gergo della disciplina specifica, il disabile visivo, oltre ad avere un'ottima padronanza della lingua nella quale è redatta l'opera, deve conoscere i termini tecnici del settore.
Tale opera di formazione o autoformazione del minorato visivo traduttore è, comunque, facilitata dai numerosi testi, adottati nei corsi universitari, attraverso i quali gli studenti delle diverse facoltà apprendono i termini tecnici e le frasi tipiche dei vari ambiti di studio. Così, ad esempio, presso le facoltà di medicina e chirurgia degli atenei italiani sono previsti esami volti a verificare l'apprendimento, da parte del discente, di parole e frasi usate nel Regno Unito e negli Stati Uniti in campo medico, sanitario ed ospedaliero. A questo scopo, i docenti predispongono dispense o consigliano la preparazione su appositi libri di testo.
L'I.RI.FO.r potrebbe avvalersi proprio di questi corsi, stipulando convenzioni con le università, per consentire ai futuri traduttori ciechi ed ipovedenti di conseguire una preparazione linguistica di alta professionalità, la quale permetta loro di realizzare lavori di qualità elevata, non dissimili da quelli forniti dai normodotati più esperti.
Angelo De Gianni