Il teatro Eliseo di Roma ,dal cinque all’otto giugno, ha ospitato il primo congresso nazionale della First Cisl. Il segretario uscente Giulio Romani durante la sua relazione, oltre a tracciare lo stato di salute del sistema bancario, assicurativo, della riscossione dei tributi e del mondo finanziario, ha stigmatizzato l’ azione dei manager e dei dirigenti del settore, ha voluto lanciare un appello e, contemporaneamente, una sfida per far ritornare le persone e i territori al centro dell’azione economica del credito. Insomma, basta speculazione e finanza creativa, avanti tutta con la concretezza attraverso nuovi investimenti per l’economia reale. Lo scopo è quello di ricostruire quella fiducia venuta meno a causa della crisi profonda e degli scandali che hanno colpito il settore bancario, per tutte ricordiamo le banche venete o Monte Paschi Siena. Elemento di forte cambiamento dovrà essere, quindi, la partecipazione di tutti. Romani ha richiamato forte la responsabilità di includere anche i disabili in questo processo che dovrà portare all’innovazione e alla ricostruzione del lavoro. Ascoltiamo le risposte del riconfermato segretario generale First Cisl Giulio Romani alle nostre domande.
D. Segretario, cos’è la First Cisl
R. La First è la Federazione Italiana dei servizi del terziario a rete, la R sta per rete; l’ambizione è quella di costruire una Federazione che allarghi la propria dimensione dal mondo finanziario a quella di tutti i servizi a rete, perché pensiamo che sarà necessario rivedere l’impianto generale dei contratti nazionali in Italia e quindi sarà necessario avere un sindacato in grado di regolare contemporaneamente tutto ciò che è il servizio a rete. Oggi con la digitalizzazione c’è confusione di lavori fra, per esempio, servizi telefonici e servizi finanziari e assicurativi; e quindi la necessità di fare un sindacato più ampio. Noi, però, nel frattempo, rappresentiamo bancari, assicurativi, esattoriali e autorici.
D. Nella sua relazione ha parlato della sfida e della partecipazione della fiducia. Come si vince questa battaglia nel sistema globale che troppo spesso nel settore del credito, riscossione e assicurazione porta all’esclusione dei minorati della vista che rischiano di non essere più presenti nel contesto produttivo di settore?
R. Vincere la battaglia è difficile, intanto sarebbe importante mettere in campo le forze per provare a vincerla. È un battaglia che la Cisl prova a giocare dalla sua nascita e purtroppo non con fortuna. Noi crediamo che i tempi nel settore finanziario siano maturi, perché il bisogno di fiducia che noi sentiamo da sempre e che è alla base di un sistema partecipativo che è fatto di dialogo e di fiducia essenzialmente, è diventato una necessità economica del sistema bancario; prima era scontata la fiducia per il sistema bancario, oggi non lo è più e la carenza di fiducia nei confronti del sistema è diventato un problema di natura economica; quindi, noi partiamo da lì, dal fatto che sia possibile, perché in questo momento è un interesse comune. Partiamo da lì per dire che dobbiamo ricostruire sia il tessuto sociale sia i rapporti interni alle aziende, in modo tale da ricostruire un ambiente lavorativo, prima di tutto, e un modo di lavorare, un modo di produrre, un obiettivo di produzione, quindi parliamo di reddito sociale oltre che di reddito per l’impresa, che insieme possa essere raggiungibile attraverso meccanismi di partecipazione, a partire dalla partecipazione organizzativa ma poi, perché no, anche quella gestionale. È chiaro che in un ambito come questo, la valorizzazione di tutte le persone, in quanto tali, in quanto centrali, come soggetto del lavoro e della produzione, è fondamentale e quindi è fondamentale la valorizzazione anche di chi è portatore di una disabilità ma che ovviamente può dare molto, tanto più potrà dare in un ambito in cui il lavoro digitalizzato cambia completamente i propri connotati. Nel mondo dei servizi e dei servizi finanziari in particolare, il lavoro con il digitale conoscerà un’esperienza nuova, quella della carenza di spazio e di tempo, o meglio della differenza di spazio e di tempo, non c’è più un luogo spazio temporale in cui questo lavoro si può svolgere. Questo, paradossalmente, rende più agevole il lavoro anche di chi, invece nel luogo e nel tempo, aveva qualche difficoltà in più.
D. Lei dal palco del congresso della First ha lanciato una sfida molto ambiziosa: un settore che dia voce alla disabilità. Ci può anticipare qualcosa di questo progetto?
R. Sì, in realtà è una cosa più ampia; noi stiamo lavorando da anni attraverso una associazione che si chiama FIRT SOCIAL LIFE nel mondo della promozione sociale. Abbiamo fatto operazioni prevalentemente sulla cultura e la legalità, non quindi sul tema delle disabilità di cui ci siamo comunque sempre occupati attraverso il nostro coordinamento nazionale di parità. Per la verità, questa esperienza, è un’esperienza molto importante che noi riteniamo indispensabile per coltivare quel tessuto sociale che è necessario, appunto, ad un mondo economicamente più responsabile e quindi abbiamo deciso di dare a questa esperienza una connotazione più politica, non soltanto una sorta di doppio lavoro del sindacalista, ma un lavoro del sindacalista. Dentro a questa idea, abbiamo immaginato di poter includere non soltanto, appunto, le attività di promozione sociale, ma anche le attività di sostegno alle diverse abilità, e questo lo abbiamo fatto includendo dentro un settore politico – credo che siamo il primo sindacato ad aver costituito al proprio interno un settore politicamente qualificato, quindi al pari degli altri settori che si occupano delle alte professionalità piuttosto che della contrattazione aziendale – un settore del sociale che si chiamerà Social First. Come motori di Social First lavoreranno due associazione, una è appunto First Social Life che già esisteva e l’altra è un’associazione che si chiama Abili Oltre e che si occuperà proprio di progetti a sostegno delle diverse abilità.