Incontrare o cambiare l’altro?
La nostra scelta l’abbiamo fatta. Una scelta difficile, ardua. Abbiamo scelto di correre quel “rischio educativo” che caratterizza l’uomo quando è attento alla libertà dell’altro: abbiamo scelto di incontrarlo questo “altro”.
Incontrarlo e dialogare con lui.
Ma come si fa a parlare con chi non riesce a farlo? Come si fa a dialogare con qualcuno che sembra non capire nulla?
Noi non ne siamo capaci.
“Tu non puoi capire, io sono diverso. Tutto mi sta stretto, tu pure”. Così scrive Giovanni1, persona con Autismo, esprimendo la sua assoluta necessità dell’Altro che a lui sembra così impossibile da incontrare.
Sì, noi non possiamo capire ma certamente una cosa la possiamo fare: amare quello che non capiamo, offrire un rapporto, esserci, senza pretesa di cambiare l’altro ma col desiderio che lui, se vuole, possa decidere di cambiare.
Siamo tutti chiamati ad amare il pensiero dell’altro, anche quando questo non si vede, anche quando arranca per le strade ingarbugliate di codici verbali, in cerca di una via d’uscita da una mente che lo imprigiona.
Amare il pensiero dell’altro, ed amare il corpo che lo contiene, ricercando quell’armonia che sembra perduta: questo è il nostro vero lavoro.
Allora musica, arte, spettacoli, convegni, dibattiti e tecniche non sono un lavoro per intellettuali, ma diventano sentieri, strade, vie maestre, attraverso le quali aiutare un uomo a riuscire finalmente ad esprimersi liberamente.
È la libertà ciò che ci interessa! La libertà è quell’energia che ci porta al destino buono per cui siamo fatti, consapevoli che siamo tutti diversi, pezzi unici, proprio come quei gioielli che l’orafo cesella, delicatamente, nel suo laboratorio, per far splendere ancora di più il volto di una donna.