Centro di Documentazione Giuridica: Per la Cassazione il diritto all’assunzione del disabile non viene meno se ha già una occupazione precaria, a cura di Paolo Colombo

Autore: a cura di Paolo Colombo

La Suprema Corte di Cassazione ha, con la recente sentenza n. 24723 del 20 novembre u.s., stabilito al disabile che, dopo aver espletato regolare prova concorsuale con numero di posti riservati alla categoria, raggiunge una posizione utile in graduatoria, spetta un vero e proprio diritto all’assunzione.
Con la sentenza sopra citata la Cassazione, accoglie il ricorso di un’insegnante precaria la quale, proprio perché avrebbe svolto periodi sporadici di insegnamento (nella specie, alcune supplenze) nonostante si fosse qualificata per l’assunzione a tempo indeterminato, avrebbe difettato del requisito della non occupazione e dunque le sarebbe stata negata la nomina in ruolo.
Si pone preliminarmente in evidenza che trattandosi di un atto susseguente l’espletamento di prova concorsuale – ricadendo tutti i precedenti nella giurisdizione del giudice amministrativo – e vertendo sulla tutela di un vero e proprio diritto soggettivo, la giurisdizione è del giudice ordinario.
La Cassazione ha esaminato le origini storiche dell’istituto della quota di riserva, nei concorsi pubblici, a favore degli invalidi, estrapolandone la ratio: da istituto di solidarietà sociale (legge 482/1968) a vero e proprio mezzo di “valorizzazione delle capacità professionali del disabile con la funzionalità economica delle imprese stesse”. La possibilità di assumere i disabili vincitori di pubblici concorsi prescinde quindi dallo stato di disoccupazione di questi, essendo la ratio della norma, oggi vigente, differente (legge 68/1998). Sono inoltre richiamate le posizioni, sul punto, sia dell’Unione europea che di determinate convenzioni internazionali.
Il principio esposto in sentenza è dunque il seguente: “nell’impiego pubblico privatizzato ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro a individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti riservati, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato e che l’inserimento nelle graduatorie del personale disabile che abbia conseguito l’idoneità nei concorsi pubblici (…) ai fini dell’adempimento degli obblighi (…) dà diritto all’assunzione anche a prescindere dallo stato di una precaria occupazione dell’invalido, considerata la pregnanza dell’obbligo solidaristico cui deve essere informato l’agire della pubblica amministrazione (al pari del datore di lavoro privato)”.
Considerata l’importanza dell’argomento si riporta in calce il testo integrale della sentenza.
Caserta lì, 12 dicembre 2014.
a cura di Paolo Colombo (coordinatore del Centro di Documentazione Giuridica)

Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 20 novembre 2014, n. 24723
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 17 marzo 2006 C.F.L. , riconosciuta disabile dalla competente commissione di prima istanza nella misura del 46% in data 4/10/04, ed inclusa nella graduatoria permanente del personale docente della Provincia Autonoma di Trento – elenco riservisti – per gli anni scolastici 2004-2005 e 2005-2006, esponeva di aver svolto nell’anno scolastico 2004-2005 supplenze temporanee, e di essere stata inserita nella graduatoria permanente del personale docente della Provincia Autonoma di Trento per il quadriennio 2005-2009 al gruppo 2 (relativo ai disabili di cui all’art. 1 l. 68/99) in prima posizione per numerose classi di concorso.
Lamentava che, pur essendo stata convocata nell’agosto 2005 per la stipula di un contratto a tempo indeterminato, le era stata negata l’immissione in ruolo in ragione dello svolgimento, alla scadenza del termine di presentazione delle domande, delle supplenze temporanee richiamate.

Nel rilevare che ai sensi dell’art. 16 comma 2 l. 68/99, con il conseguimento dell’idoneità nei concorsi pubblici i disabili dovevano essere assunti ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’art.3 (assunzioni obbligatorie e quote di riserva), anche qualora non versassero in stato di disoccupazione ed oltre i limiti dei posti ad essi riservati nel concorso, e che, comunque, lo svolgimento di un incarico a tempo determinato sia annuale che infraannuale non era idoneo a far venir meno lo stato di disoccupazione, chiedeva riconoscersi nei confronti della Provincia Autonoma di Trento, nonché di P.R. ed altri quattro litisconsorti, (ultimi docenti non riservatari immessi in ruolo per l’anno scolastico 2005-2006), il suo diritto alla stipula del contratto di lavoro a tempo indeterminato (nomina in ruolo) con decorrenza dall’anno scolastico 2005-2006, quale beneficiario di riserva di posti ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 16, comma 2.

Le argomentazioni dell’attrice, resistite dall’ente convenuto, venivano recepite dal giudice adito con sentenza in data 18/7/06, confermata dalla Corte d’Appello di Trento.
La Corte territoriale, per quel che qui interessa, con la sentenza impugnata, rimarcava come la ratio della legge n.68/99 fosse ispirata all’esigenza di favorire l’inserimento stabile del soggetto disabile nel mondo del lavoro, mediante l’attribuzione di una quota di riserva in riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato sicché, in tale prospettiva, non poteva ritenersi logicamente ostativo allo scopo, il conseguimento di uno stato transitorio di occupazione quale la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato, nella specie, peraltro, già esaurito al momento della possibile fruizione del beneficio.

Avverso tale decisione la Provincia Autonoma di Trento propone ricorso per cassazione articolato in due motivi trasfusi in quesiti di diritto. Resiste con controricorso la C. che spiega altresì ricorso incidentale cui replica a propria volta la Provincia con controricorso.

P.R. e gli altri litisconsorti sono, infine, rimasti intimati.
Motivi della decisione
Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi ex art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione dell’art. 4 d.lgsl. n.181/00 nonché degli artt. 7 comma 2 ed 8 comma 2 L. n.68 del 1999.
Osserva l’ente territoriale che le statuizioni della sentenza impugnata contrastavano con i dettami di cui all’art.4 d.lgsl. n. 181/00 alla cui stregua lo stato di disoccupazione cessa nel caso di rapporti a termine di durata superiore ad otto mesi, dovendo pertanto ritenersi che, in materia di diritto alla riserva concorsuale per docenti disabili, l’espletamento di attività di supplenza di durata annuale sia elemento idoneo a far venir meno il necessario requisito della disoccupazione.
Con il secondo mezzo di impugnazione si denunzia insufficiente o contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo della controversia, per non avere la Corte territoriale addotto specifiche argomentazioni a sostegno della tesi accreditata in ordine alla equivalenza concettuale dello stato di disoccupazione rispetto allo svolgimento di attività di lavoro, in virtù di un contratto a tempo determinato.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per comportare l’esame di questioni fra loro strettamente connesse, sono infondate.

Occorre premettere, per un ordinato iter motivazionale, che questa Corte, nell’esaminare la questione relativa all’ambito di operatività della quota di riserva in favore dei disabili e del relativo diritto di priorità nell’assunzione in riferimento al reclutamento del personale docente della scuola, ha ben delineato la ratio informatrice del compendio legislativo di cui alla L.12 marzo 1998, n. 68 disciplinante la materia, (vedi: Cass. S.U. 11 settembre 2007, n. 19030; Cass. 9 settembre 2008, n. 23112; Cass. 12 marzo 2009, n. 6026, Cass. 6 aprile 2011 n. 7889).
Come è stato osservato in dottrina, la L.12 marzo 1998, n. 68/determina nella tutela degli invalidi, un salto di qualità rispetto alla L. 2 aprile 1968, n. 482 – in ragione del passaggio da un sistema – che, in qualche misura, risentiva della concezione volta a configurare l’inserimento degli invalidi nelle imprese come un peso da sopportare in chiave solidaristica – ad altro sistema volto, di contro, a coniugare la valorizzazione delle capacità professionali del disabile con la funzionalità economica delle imprese stesse.
In tale ottica è stato anche rimarcato come dall’art.3 della citata legge n. 68 del 1999, art.3 può evincersi con certezza che nell’impiego pubblico privatizzato ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato. E che si tratti di un diritto da osservarsi, stante la sua inderogabilità, dalla pubblica amministrazione – tenuta in materia, come i privati datori di lavoro, al rispetto del principio fissato dall’art.38 Cost., insuscettibile di essere disatteso – emerge con certezza anche dal contenuto dalla L. n.68 del 1999, art.16, avente ad oggetto i “concorsi presso le pubbliche amministrazioni” (vedi Cass. S.U. 22 febbraio 2007 n.4110, Cass. 6 aprile 2011 n.7889).
Detta disposizione, infatti, da un lato, pone limitazioni, solo per casi tassativi, alla partecipazione ai concorsi dei disabili per l’occupazione di posti comportanti l’esercizio di specifiche e predeterminate mansioni (cfr. art. 16, comma 1, ed il riferimento all’art. 3, comma 4, ed art. 5, comma 1) ; dall’altro, ad ulteriore dimostrazione dell’assoluta vincolatività dell’assegnazione dei posti riservati inderogabilmente ai disabili, riconosce (anche al fine di contribuire a rendere nella realtà fattuale l’art. 38 Cost. una norma precettiva) la possibilità di assumere i disabili (che abbiano conseguito la idoneità dei pubblici concorsi) – anche se non versino in stato di disoccupazione – (quest’ultimo inciso soppresso dall’art.25 comma 9 bis del d.l. 24 giugno 2014 n.90 convertito in legge con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n.114) e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.
Va inoltre considerato, come ulteriore argomento, che anche nell’Unione Europea e nell’ordinamento internazionale la tutela del disabile ha assunto un ruolo sempre più pregnante. Basti pensare che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – proclamata a Nizza nel 2000 e successivamente adattata a Strasburgo il 13 dicembre 2007 – all’art.26 (intitolato “Inserimento dei disabili”) stabilisce che: “L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”. A questa Carta l’art.6 del Trattato di Lisbona ha attributo il valore giuridico dei trattati, ma anche in precedenza ad essa è stato riconosciuto “carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti Europei” (Corte costituzionale, sentenze n.135 del 2002, n.393 e n.394 del 2006) avente, quindi, come tale valore di ausilio interpretativo (Corte Cost. sentenze n. 349 del 2007 e n.251 del 2008).
Inoltre, per quanto attiene alla normativa internazionale, la recente Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e ratificata e resa esecutiva dall’Italia con L.3 marzo 2009, n.18, all’art.27 statuisce che “gli Stati Parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità”. Diritto specifica la Convenzione in parola – che deve essere garantito, anche attraverso l’adozione di “appropriate iniziative” volte, fra l’altro, a favorire l’assunzione delle persone con disabilità nel settore pubblico ovvero il loro impiego nel settore privato. Né va dimenticato che a tale ultima Convenzione la Corte costituzionale, nella sentenza n.80 del 2010, ha attribuito valore cogente nel nostro ordinamento (vedi in motivazione,Cass. cit. n.7889/11).
Nell’ottica descritta, la pronuncia impugnata, per essere coerente con i principi sinora enunciati, non risulta scalfita dalle censure che le sono state mosse.
Al riguardo appare opportuno puntualizzare che la normativa di riferimento deve ritenersi il disposto di cui all’art.16 comma 2 1.68/99, diversamente da quanto argomentato da parte ricorrente la quale invoca in questa sede l’applicabilità dell’art.4 d.lgsl. n.181/00, disposizione che appare eccentrica rispetto alla disciplina del collocamento obbligatorio degli insegnanti invalidi, da riguardarsi in un’ottica di specialità rispetto alla disciplina generale di avviamento e costituzione del rapporto di lavoro (vedi ex plurimis, in motivazione, Cass. 6 aprile 2011 n.7889, Cass. 31 maggio 2010, n.13285).

La norma, come già rimarcato negli arresti giurisprudenziali ai quali si è fatto richiamo, garantisce la possibilità di assumere i disabili che abbiano conseguito la idoneità nei pubblici concorsi (così come verificatosi nella specie), anche se non versino in stato di disoccupazione.

E che la valenza precettiva del dettato normativo di cui all’art.16 comma 2 l. 68/99, sia quella innanzi descritta e delineata dal fermo orientamento espresso da questa Corte, si argomenta anche attraverso il richiamo all’art.4 l.68/99 che, nel disciplinare in generale i criteri di computo della quota di riserva del personale disabile da assumere, non prevede la computabilità tra i dipendenti, ai fini della copertura della quota di riserva, dei lavoratori assunti a tempo determinato, così come dedotto dalla Corte territoriale nella pronuncia impugnata.

Si tratta di un dato normativo di non trascurabile rilievo ai fini della esegesi del disposto di cui al citato art. 16 che conforta l’assunto posto a fondamento del diritto azionato, secondo cui l’esercizio del diritto del disabile allo stabile inserimento nel mondo del lavoro, garantito con l’attribuzione della quota di riserva in riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato, non può essere denegato per effetto di una circostanza del tutto transitoria quale la pendenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato che, pur se tradotto in una supplenza di durata annuale, conserva, per la precarietà della condizione lavorativa in cui si traduce, la sua ontologica difformità rispetto ad una nozione di stabilità del rapporto.

E che la situazione sottesa alla stipula di un contrattò a tempo determinato non possa essere sussunta nella descritta nozione di stabilità di impiego, come puntualizzato dalla Corte distrettuale, trova riscontro specifico, nella circostanza che all’atto della possibile fruizione del beneficio,il contratto di lavoro a tempo determinato stipulato dalla parte ricorrente, si era già concluso.

La controricorrente, pertanto, inserita come riservista nella graduatoria permanente del personale docente della Provincia, in adempimento dell’obbligo sancito dall’art.3 l. 68/99, doveva essere immessa in ruolo, in virtù dell’orientamento tracciato da questa Corte, cui innanzi si è fatto richiamo, secondo cui ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”,essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato, ed in relazione al quale non appaiono pregnanti i riferimenti operati dalla ricorrente a pronunce dei Giudici delle leggi concernenti la fattispecie della progressione in carriera dei disabili nella dirigenza scolastica.
In definitiva, può dunque ribadirsi il principio che nell’impiego pubblico privatizzato ogni tipo di graduatoria vincola in modo assoluto il datore di lavoro ad individuare gli aventi diritto all’assegnazione dei posti “riservati”, essendosi in presenza di un principio generale che non può essere in alcun modo violato e che l’inserimento nelle graduatorie del personale disabile che abbia conseguito l’idoneità nei concorsi pubblici (così come nel caso di specie), ai fini dell’adempimento degli obblighi di cui all’art. 3 1.68/99, da diritto all’assunzione anche a prescindere dallo stato di una precaria occupazione dell’invalido, considerata la pregnanza dell’obbligo solidaristico cui deve essere informato l’agire della Pubblica Amministrazione (al pari del datore di lavoro privato).
In tal senso, e considerato anche che nella fattispecie in esame il docente inabile risultava comunque inserito, all’epoca di presentazione della domanda di accesso alla graduatoria permanente per gli anni che qui interessano, anche nell’elenco dei disoccupati disciplinato dall’art. 8 l. 68/99, (vedi pag. 7 della sentenza impugnata), va qui ribadito che una diversa opzione interpretativa che conferisse rilievo all’eventuale stato di occupazione dell’inabile in epoca anteriore al momento della assunzione, anche in relazione alla stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, tradirebbe la ratio che sorregge il compendio normativo di cui alla 1.68/99, dando adito ad una situazione di precarietà di vita gravemente incidente sul piano psicofisico dell’inabile, certamente non coerente con il dettato costituzionale di cui all’art. 38 e con la tutela con esso apprestata in favore dei disabili in virtù dei principi solidaristici più volte enunciati.
In definitiva, il ricorso principale, in quanto infondato, deve essere respinto.
Dalle argomentazioni sinora svolte discende, infine, che il ricorso incidentale sollevato dalla C. con riferimento alle censure proposte in sede di appello incidentale e non esaminate dalla Corte di merito (concernenti la assenza di necessità del requisito della disoccupazione alla data della domanda di inserimento in graduatoria) deve considerarsi inammissibile.
Si intende infatti dare continuità all’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte alla cui stregua, posto che anche se qualificato come condizionato, il ricorso incidentale deve essere giustificato dalla soccombenza – non ricorrendo altrimenti l’interesse processuale a proporre ricorso per Cassazione – è inammissibile il ricorso incidentale con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito, perché non esaminate o ritenute assorbite (vedi, fra le altre, Cass. 20 dicembre 2012 n. 23548).
Il governo delle spese inerenti al presente giudizio, segue, infine, il regime della compensazione, tenuto conto della novità delle questioni trattate e della situazione di reciproca soccombenza delle parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi.
Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Compensa le spese del presente giudizio.