L’anno scolastico è appena iniziato ma alcune recenti novità legislative e giurisprudenziali impongono alle associazioni a sostegno della piena inclusione scolastica degli alunni disabili visivi di tenere alto il livello di guardia.
La recente “Legge Delrio” (l. 56 del 07/04/2014), che ha previsto la riorganizzazione delle Province e la ridistribuzione delle loro competenze, rischia di fatto di penalizzare gli alunni disabili.
Nel periodo di transizione c’è il concreto pericolo che nessuno si assuma la responsabilità di organizzare l’assistenza nelle scuole per gli alunni disabili.
Altamente probabile dunque che, con l’apertura dell’anno scolastico 2014-2015, gli alunni disabili non abbiano i necessari supporti a garanzia della loro piena inclusione scolastica. Si teme infatti che gli allievi con gravi disabilità delle scuole superiori non abbiano il supporto dell’assistenza educativa, come pure gli studenti con disabilità sensoriali potrebbero non trovare in classe l’assistente alla comunicazione e insegnante di sostegno.
Fondamentale, quest’anno, dovrà essere il ruolo delle strutture territoriali dell’U.I.C.I. Onlus per garantire che le istituzioni coinvolte (Comuni, Province, Regioni, Uffici Scolastici Regionali) rispettino le tempistiche e le ordinarie modalità di erogazione dei servizi di assistenza educativa nelle classi di ogni ordine e grado.
Novità in materia di sostegno.
Con la Sentenza Breve n. 5913/14, depositata il 4 giugno scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha accolto il ricorso collettivo di numerose famiglie di alunni con disabilità, che avevano lamentato la mancata assegnazione del massimo delle ore di sostegno e di assistenza per l’autonomia e la comunicazione ai propri figli.
Il provvedimento ribadisce il prevalente orientamento giurisprudenziale, nel senso di assegnare il massimo delle ore di sostegno (una cattedra completa) e di quelle di assistenza per l’autonomia e la comunicazione (nella misura richiesta) agli alunni certificati con disabilità grave, come da articolo 3, comma 3 della Legge 104/92, la cui documentazione sanitaria e scolastica dimostri la necessità del rapporto di 1 a 1, sia per il sostegno che per l’assistenza.
La formazione degli insegnati di sostegno curriculari
E’ stato emanato il decreto attuativo della legge 128/13 Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, relativo alla formazione obbligatoria in servizio per i docenti curriculari delle didattiche inclusive. Ma le proposte che erano state condivise con le associazioni dei disabili sono state disattese.
Nel decreto n. 161 emanato lo scorso 2 ottobre, infatti non sono state recepite le indicazioni della Fish e della Fand, presentate in sede di Osservatorio ministeriale che prevedevano interventi formativi gratuiti da parte di esperti 120 esperti di entrambe le federazioni, affinché tutti i docenti delle classi con alunni disabili potessero essere dotati degli strumenti utili per far fronte alle problematiche della disabilità.
Si è preferito invece attribuire le competenze formative a società accreditate mediante gare d’appalto, scegliendo una strada più dispendiosa e meno incisiva.
La soluzione varata dal governo prevede che i 450.000 euro assegnati all’attività di formazione siano ripartiti tra gli Uffici scolastici regionali, (disponibilità di circa 22 milioni a regione). Le scarse risorse finanziarie sarebbero state quindi sufficienti alla copertura dei costi vivi di trasferta degli esperti senza richiedere la necessità di indire gare d’appalto.
Ancora una volta un mancato traguardo al conseguimento di quella sinergia tra insegnanti, genitori, operatori socio sanitari e esperti per favorire l’ottimale inclusione scolastica degli alunni disabili.
Numeri di alunni per classi in cui vi è uno studente disabile.
Se c’è un alunno disabile grave, la classe va costituita con un numero massimo di venti alunni. Anche se si tratta di classi successive alla prima. Lo ha stabilito il Tar per la Sicilia con una sentenza depositata il 10 settembre scorso N. 2250/2014.
Il caso riguardava un accorpamento di due classi quarte, una di 13 alunni, dei quali 2 disabili e un’altra di 11 alunni, dei quali 2 disabili, che era stato disposto da un dirigente scolastico.
Va detto che la normativa non regola espressamente il caso del limite massimo di alunni, in presenza del disabile, nelle classi successive alla prima. Per questo i dirigenti scolastici, al fine di non incappare in azioni di rivalsa della Corte dei Conti, non applicano tale limite.
Tale prassi determina l’insorgere di controversie che potrebbero essere evitate adottando criteri interpretativi diversi come indicato dal Giudice amministrativo. Nella sopra citata sentenza si legge infatti che “Orbene, una lettura improntata a parametri di logicità” “impone di ritenere che il limite dei venti alunni previsto per le “classi iniziali” debba considerarsi valido per tutte le classi”. A nulla rilevando che gli alunni disabili siano stati promossi, perché “è indubbio che l’allocazione in una classe con un numero di alunni di gran lunga inferiore avrebbe certamente garantito per tutti un servizio quantomeno migliore oltre che in linea con le previsioni normative”.
Malgrado i favorevoli interventi del Giudice amministrativo per garantire la piena attuazione del diritto allo studio dei disabili va detto che la situazione reale delle scuole italiane rimane ben diversa e in varie parti d’Italia si segnala la presenza delle cosiddette classi pollaio pur in presenza di un alunno disabile..
Scuole private.
Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite la n.10821 del 2014, seguendo un ragionamento alquanto lineare, libera lo stato dal pagamento degli insegnanti di sostegno.
Prima di tale pronuncia, la giurisprudenza di merito partendo dal principio costituzionale per il quale, lo stato deve assicurare alle scuole paritarie e ai loro allievi un trattamento eguale a quello delle scuole statali e dei loro studenti ha sempre riconosciuto a carico dello stato l’obbligo di pagare gli stipendi dei docenti di sostegno delle scuole paritarie.
La decisione della Suprema Corte di Cassazione, in un periodo dove fondamentale è il rispetto del principio di spending rewie, muove il suo ragionamento sul principio secondo il quale i privati sono liberi di aprire scuole, purché lo facciano “senza oneri per lo stato”. Le scuole paritarie dunque, quando chiedono ed accettano la parità scolastica assumono, come condizione pregiudiziale, l’obbligo di accogliere alunni con disabilità nella consapevolezza che tutte le spese per la loro inclusione debbano essere a loro carico, alla stregua dei costi di gestione.
Purtroppo la legge 62/2000 sulla parità scolastica prevede un apposito stanziamento di fondi per gli alunni con disabilità ma la sua modesta capienza non consente la copertura degli oneri economici relativi agli stipendi annuali dei docenti per il sostegno.
Certamente la sentenza in parola avrà non pochi effetti che inevitabilmente andranno a ripercuotersi nel difficile percorso della piena integrazione scolastica degli alunni disabili..
Fondamentale sarà per il prossimo futuro che le scuole paritarie invochino in maniera unanime la piena attuazione dell’art. 33 comma IV della costituzione “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.”
Trasporto scolastico
Sul fronte degli oneri relativi al pagamento del trasporto scolastico per gli alunni disabili, spesso non sopportati per intero dai comuni e dalle province si segnala una recente sentenza del Tribunale di Padova .
La sentenza ha riconosciuto alla famiglia di un disabile studente di un istituto tecnico il diritto alla restituzione di quanto speso per assicurare al figlio il necessario trasporto speciale per frequentare la scuola.
Il Giudice ha quindi riconosciuto in modo inequivocabile agli studenti disabili un vero e pieno diritto allo studio, sollevando le famiglie da quelle spese che in realtà devono rimanere a carico dello Stato, allineandosi con i principi ribaditi dalla Corte Costituzionale secondo cui “ l’esigenza di tutela dei soggetti deboli si concretizza non solo attraverso le cure e la riabilitazione, ma anche con il pieno ed effettivo inserimento nel mondo scolastico”.
Il riconoscimento del diritto al rimborso ottenuto dalla famiglia dello studente veneto costituisce una pietra miliare e consentirà anche ad altre famiglie di ottenere con maggiore facilità questo tipo di servizi dagli enti pubblici che attualmente si mostrano latitanti alle esigenze dei disabili a causa della triste situazione di contingenza economica.
Visite d’istruzione e gite scolastiche.
Anche gli alunni con disabilità hanno il diritto pieno e incondizionato alla partecipazione a gite e visite d’istruzione.
Il principio di inclusione scolastica presente in tutto il nostro ordinamento e in particolare nel Regolamento sull’autonomia scolastica di cui al DPR n° 275/99, art. 4, comma 2, lett. c) deve essere attuato pienamente su tutto il territorio nazionale anche nel corso di questi importanti momenti di istruzione ricreativa.
E’ lo stesso Ministero con una nota del 2012 a chiarire quali debbono essere le norme da applicarsi in materia di gite e visite di istruzione e nessuna istituzione scolastica autonoma può sentirsi autorizzata a rendere più onerose o difficoltose o ad impedire le gite e le visite d’istruzione agli alunni con disabilità. Per questo è importante fare chiarezza e ribadire il diritto degli alunni con disabilità di partecipare alle gite scolastiche, su base di uguaglianza con gli altri alunni.
Con nota n. 2209 del 11 aprile 2012, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha precisato che, ai sensi del D.P.R. 275/1999, gli istituti scolastici hanno completa autonomia nell’ambito della organizzazione e programmazione della vita e dell’attività della scuola, inclusa quindi la definizione delle modalità di progettazione di viaggi di istruzione e visite guidate.
La previgente normativa in materia (in particolare, fra le altre, la C.M. 291/1992, la C.M. 623/1996 e la Nota 645/2002) non ha quindi più carattere prescrittivo, ma deve in ogni caso essere tenuta in considerazione, per orientamenti e suggerimenti operativi. In particolare, sulla base del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione Italiana e del principio di integrazione scolastica, è fondamentale ribadire il diritto degli alunni con disabilità a partecipare a viaggi di istruzione e visite guidate.
Innanzitutto, la scuola deve comunicare all’agenzia di viaggi la presenza di alunni con disabilità, i relativi servizi necessari e l’eventuale presenza di assistenti educatori culturali, affinché siano garantiti servizi idonei ed adeguati. I competenti organi collegiali devono, inoltre, provvedere alla designazione di un accompagnatore qualificato e alla predisposizione di ogni altra misura di sostegno necessaria.
A questo riguardo, è importante sottolineare che l’accompagnatore può essere un qualunque membro della comunità scolastica (docenti, personale ausiliario, o familiari). Nel caso di scuola secondaria di secondo grado, è possibile che l’accompagnatore sia un compagno maggiorenne che abbia offerto la propria disponibilità. La scuola non può in alcun caso subordinare il diritto di partecipazione di un alunno con disabilità alla presenza di un suo familiare che lo accompagni. Una tale richiesta costituirebbe, infatti, una grave violazione del principio di uguaglianza e non discriminazione, sanzionabile ai sensi della Legge 67/2006.
Le spese di viaggio dell’accompagnatore non possono essere attribuite alla famiglia dell’alunno con disabilità, ma sono a carico della comunità scolastica. Anche l’imposizione alla famiglia dell’alunno con disabilità l’addebito di tali spese costituirebbe una grave forma di discriminazione diretta. Agli alunni con disabilità deve, pertanto, essere garantita la partecipazione, su base di uguaglianza con gli altri alunni, a tutte le attività previste dal sistema scolastico, inclusi quindi i viaggi di istruzione, come stabilito dall’art. 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dallo Stato Italiano con Legge 18/2009.
Questo significa che la scuola nel decidere quale tipo di gita organizzare, i luoghi da visitare, la struttura dove soggiornare, i mezzi di trasporto da utilizzare ed in generale, nel definire la complessiva organizzazione dell’intera gita, deve preventivamente ed in via preliminare domandarsi se possano essere compatibili con l’eventuale condizione di disabilità di alcuni suoi alunni.
Nel caso non lo fossero e la scuola ritiene ugualmente importante organizzare la gita in quel determinato luogo e con le modalità inizialmente ipotizzate deve predisporre tutti gli accorgimenti ed adeguamenti necessari a consentire la partecipazione anche dell’alunno con disabilità.
Se non lo fa, la mancata predisposizione di questi particolari accorgimenti (c.d. accomodamenti ragionevoli) configura una discriminazione vietata, come ben chiarisce la stessa Convenzione Onu nel suo art. 2. In altre parole la scuola è giuridicamente tenuta a tener conto dei bisogni dei suoi alunni con disabilità attraverso la previsione di trattamenti più favorevoli che hanno proprio lo scopo di evitare che la disabilità dell’alunno costituisca motivo di esclusione o limitazione alla sua partecipazione alla gita scolastica.
Barriere architettoniche
L’articolo 28 della legge 118/1971 pone l’obbligo di rendere accessibile l’edificio scolastico, in modo da poter così garantire la frequenza scolastica a tutti.
Tale principio è ribadito anche dall’articolo 18 del DPR 384/1978, che in maniera esplicita impone di rendere accessibili gli edifici delle istituzioni prescolastiche, scolastiche, compresi gli Atenei universitari e le altre istituzioni di interesse sociale nella scuola, adeguando le strutture interne ed esterne a degli standards indicati dal D.P.R. stesso.
Gli edifici pubblici e privati degli istituti scolastici d’ogni grado per essere accessibili devono prevedere almeno un percorso esterno che colleghi la viabilità pubblica all’accesso dell’edificio, dei posti auto riservati, la piena utilizzazione di ogni spazio anche da parte degli studenti con ridotte o impedite capacita motorie, ed almeno un servizio igienico accessibile.
Nello specifico, per quanto riguarda gli edifici pubblici, gli arredi e le attrezzature didattiche (banchi, sedie, macchine da scrivere, spogliatoi, materiale Braille ecc.) devono avere caratteristiche particolari per ogni caso di invalidità .
Nel caso l’edificio scolastico sia disposto su più piani, e non ci sia l’ascensore, è consigliabile collocare la classe frequentata dagli alunni con impedite capacità motorie al piano terra.
Da un recente studio condotto sulle scuole italiane e sulla piena fruibilità degli spazi agli alunni disabili è emerso invece che sono ancora molti gli istituti che non hanno provveduto alla rimozione delle barriere architettoniche, ben 50 su 213 del campione esaminato. Il 13% degli edifici si trova al piano terra, il 20% è dotato di ascensore non funzionante e nel 6% dei casi non ha la porta abbastanza larga per far entrare la carrozzina. Nelle aule, inoltre, non ci sono i banchi adatti e il 21% delle stesse, a causa delle dimensioni, non riesce ad accogliere gli studenti disabili. Infine, in una struttura su tre non ci sono i bagni per i disabili.
Novità legislative
Mentre si dibatte sulla riforma della scuola, la proposta di Legge n. 2444 “Norme per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali presentata il 10 giugno 2014, in questi giorni ha compiuto un ulteriore e importante passo in avanti. Il 13 ottobre u.s. è stata assegnata alla Commissione Cultura in sede referente.
Le disposizioni della Proposta potrebbero favorire la continuità didattica, oggi frenata dal diffuso precariato, creando degli appositi ruoli per i docenti per il sostegno. In essa si ribadisce anche l’obbligo di riduzione del numero di alunni per classe e del numero di alunni con disabilità nella stessa classe. E ancora: l’obbligo di formazione iniziale e in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive, cioè quelle che consentono davvero di migliorare l’efficacia didattica nei confronti delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali (BES).
a cura di Paolo Colombo (coordinatore del Centro di Documentazione Giuridica)