Non sono mamma e forse non sono in grado di comprendere in pieno, sempre e subito, quanta forza possa abitare dentro il corpo e l’anima di una donna che diventa mamma; quanto potente riesca a essere l’amore verso un figlio, capace di richiamare risorse inesauribili e di scatenare le energie più profonde di noi, esseri umani di genere femminile. D’accordo, sì, ma sono comunque donna, figlia, zia, madrina e riesco a sentirmi mamma adottiva di tutte le bambine, le ragazze, i bambini, i ragazzi dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.
Sembrerà incredibile, ma spesso mi coglie la sensazione di aver visto nascere e crescere ognuno di loro: così, insieme, figli e figlie. Diversi nelle caratteristiche fisiche, nella provenienza geografica, nelle radici sociali, nel carattere, ma uniti da un denominatore comune: avermi aiutato a portare alla luce aspetti di me che non sospettavo nemmeno di possedere, rendendomi forse migliore, a tratti speciale e regalandomi la sensazione immensa di essere mamma mille volte. Sono davvero una donna fortunata!
Figura delicata, semplice, intreccio di amore, cura, sostegno e dedizione. Questa è la mamma! Non ha superpoteri. È semplicemente unica. Ha una dolcezza straordinaria. Una forza insospettabile… È lei, infatti, che ci ha insegnato a sorridere, che ci sa tenere per mano quando occorre… È lei che sa essere e donarci felicità piena, autentica; l’ossigeno della vita. La mamma! Persona che mai riusciremmo a non amare. Sempre con noi, mano nella mano, anche a distanza, anche quando, cresciuti, cammineremo per il mondo, quando la pandemia rende obbligatorio stare separati, perfino quando l’amore della nostra vita ci ha spezzato il cuore. Insieme a lei per la vita e verso la vita.
È vero: abbiamo avuto pareri in contrasto, litigato per il motorino mai acquistato, per un voto negativo a scuola, per i sacrifici richiesti a compensare i soldi mai sufficienti a fine mese, per quelle sigarette nascoste nell’armadio, per non aver rispettato l’orario di rientro la sera, per avere tradito un’aspettativa. Cuore a cuore unico battito; viso a viso lacrime intrecciate. Complici, sorelle, amiche, nemiche… E quando quel batuffolo di vita è divenuto grande, la mamma non si mette a riposo: altre preoccupazioni, altri affanni ne accompagneranno i pensieri e i giorni. E così saremo, figlie che si fanno mamme. Per sempre.
Ma quanta profondità e complessità racchiusa in quella consonante scandita tre volte e quella vocale pronunciata due volte. Quanta intelligenza e consapevolezza in una maternità che non viene invocata e praticata come un diritto o un dovere, ma vissuta dal profondo, come una scelta personale e responsabile; quanta forza, bellezza e tenerezza nelle doglie di un parto che annuncia e consegna la gioia della vita, forse la più sublime. Quanta pena dell’anima, che pure non si fa mai rassegnazione e sconfitta, di fronte a una diagnosi clinica fredda come marmo, lì pronta a negare il «diritto naturale» a diventare mamma. Quanta libertà, coraggio, forza, consapevolezza, nel portare in grembo e far nascere un bambino, sì, anche con disabilità. E che fatica, pazienza, determinazione e organizzazione tutte nuove per gestire i tempi del lavoro, la cucina, i letti da rifare, i suoceri, i cognati, i parenti e ogni tanto, certo, perfino il marito-compagno! E quei sorrisi davanti allo specchio? Per tutte le volte che le sopracciglia appaiono in disordine, la ceretta da fare, mentre fili argentati sempre più numerosi vengono a popolare i capelli e ricordano il tempo che passa inesorabile… E intanto, in tutto questo caos, la mamma non ha mai tempo abbastanza per prendersi cura di sé!
Accade anche di essere mamme e figli di un amore mai esistito, perduto o sfortunato: ma seppur sole nel decidere di accogliere e crescere un figlio, si diventa leonesse, fiere, orgogliose, ancora più belle.
Sommessamente, con il rispetto e la delicatezza che meritano, rivolgo un pensiero felice alle nostre mamme con disabilità visiva: le tante amiche, conoscenti, cieche e ipovedenti impegnate come tutte le altre donne a gestire prima la scelta di una maternità e poi la crescita di un figlio desiderato e amato nello stesso modo in cui lo amano le altre donne. Tutte le donne-mamme del mondo.
Non è facile e non lo è stato per me davanti a quella scelta: ci sono passata.
Ricordo: smarrimento, paura, angoscia, senso d’impotenza, preoccupazioni, limiti reali o immaginari hanno pennellato intere giornate e lunghe notti.
Sì, ho scelto di non essere mamma.
Non ho saputo rassegnarmi all’idea e al pericolo di trasferire in maniera consapevole la mia stessa patologia a una nuova creatura. Il rischio era davvero elevato. Ho messo il mio corpo, la mia anima e la mia testa sottosopra. Ma ho scelto liberamente, con la serenità faticosa di queste circostanze; consapevolmente. E non ho mai avuto ripensamenti o pentimenti. Ma non posso negare che mi sono sentita mancare l’aria quando ho comunicato a me stessa, ad alta voce, la mia decisione, quando ho colto il dolore negli occhi del mio ex marito, quando ho letto nel cuore di mia mamma la sofferenza per una figlia forse realizzata a metà.
Provo, per questo, grande ammirazione per tutte quelle donne con disabilità che hanno fatto scelte opposte alla mia. Ci sono storie bellissime di tante donne cieche e ipovedenti, ma anche con altre disabilità che vivono la maternità con la pienezza, la normalità e la quotidianità di tutte le mamme.
Oggi in occasione della ricorrenza della Festa della mamma è giusto e doveroso ricordare che c’è ancora parecchia strada da fare per garantire diritti maggiori alle donne con disabilità, a prendere decisioni sulla propria maternità. Maggiori informazioni, formazione più adeguata dei professionisti sanitari, sociali e istituzionali. Accade spesso che a scoraggiare una giovane, possibile mamma con disabilità, infatti, non sia tanto la paura legata alla stessa disabilità, ma per esempio, piuttosto il contesto nel quale vive, nel quale anziché trovare sostegno, aiuto, conforto, favore, si creano spesso, piuttosto, barriere insormontabili.
Segnali importanti, quelli provenienti da un sostegno adeguato, che consentirebbero di sgretolare tabù, pregiudizi, stereotipi, leggende metropolitane, per rafforzare, invece, il valore culturale e sociale insito nel proporre e promuovere cambiamenti nella maniera in cui si guardano e si considerano le donne con disabilità che hanno scelto la maternità in modo libero e consapevole, proprio come ogni altra donna.
Ecco: questo diritto di scelta consapevole occorre saper coltivare come una pianticella tenera e ravvivare come fiammella che scalda l’anima. Quel diritto di essere pari tra le pari, cittadine tra cittadine, mamme tra le mamme.
Auguri a tutte le mamme!
Articolo pubblicato il 07/05/2021.