Quando mi è stato chiesto di scrivere qualche riga sul campo riabilitativo dell’IRIFOR appena passato, la mia mente è volata subito ai giorni trascorsi nella sede del BBT. Ho pensato alle prove, ai momenti di svago, alle mattine passate sotto le fronde degli alberi al riparo dal sole cocente; più pensavo e più nella mia testa un punto rimaneva costante ad ogni episodio, chiaro e lampante: il forte senso di unione provato durante quei giorni.
Non riesco a resistere all’idea di essere scontata nell’uso di questo termine, lo stesso che compone il nome dell’associazione, perché semplicemente non ne trovo uno più adatto.
Si può intuire già nel modo in cui è nato il copione: tra le mura dell’UICI, mentre delle teste cercavano di far combaciare le idee, i suggerimenti. È poi grazie all’unione delle voci, della volontà delle nostre attrici e dei nostri attori, se la storia di Dorothy ha preso vita. Per non parlare degli sfondi, nati dall’unione di braccia e talento, di penne, colori e fogli: l’arcobaleno, gli alberi ed il castello diventano tangibili creando quindi il corpo di cui aveva bisogno la storia.
È talmente palese nello spettacolo, poi! Gli attori e le attrici si incontrano con la scenografia, i costumi e gli oggetti di scena, compaiono le musiche, ed ecco che una settimana di lavoro si unisce sul palco per regalare a tutti la storia.
Tuttavia, la vera essenza della parola “unione” la trovo più vivace in ciò che non è palese: nelle prove sotto agli alberi con l’Omino di latta che sveglia tutto il Petriccio grazie al suo modo fiero di recitare; nelle canzoni cantate durante i giochi, nel pranzo; e ancora nelle battute sussurrate per aiutare la memoria, e in quelle sbagliate, saltate e poi recuperate; negli accorgimenti dell’ultimo secondo, nelle mani sporche di vernice, nei cambi di scena. E ancora più invisibile, ma non per questo assente, nelle ansie, nelle paure, nella preoccupazione di chi stava dietro le quinte, alla ricerca di una perfezione che è stata trovata anche grazie alle imperfezioni.
Ho usato, anzi abusato, di questo termine, lo so bene, credo però che sia per colpa di questo senso di familiarità se il lunedì mattina dopo lo spettacolo, un malinconico sentimento di nostalgia si è svegliato insieme a me.
Sono felice di aver fatto parte di questo gruppo, di aver visto nascere e crescere un progetto che sono certa rimarrà nel cuore di tutti coloro che hanno partecipato, visto e toccato cosa siamo stati in grado di fare.
Grazie per avermi fatto andare oltre l’arcobaleno.
Andare oltre l’arcobaleno, di Samantha Pelosi
Autore: Samantha Pelosi