L'evoluzione imperante e veloce del futuro impone anche a noi non vedenti ad essere pronti a sfidare le nuove innovazioni che si stanno avvicinando per le nostre città.
Tutto cominciò nel 1854 con un'epidemia di colera che flagellava Londra e fermata grazie a quella che viene considerata la prima applicazione della città intelligente.
Un medico, John Snow, ebbe l'idea di mappare i casi di contagio direttamente sulla cartina della città.
Fu così che l'epicentro del contagio venne identificato in una fontana pubblica in Broad Street: con la chiusura della pompa, il numero di casi iniziò immediatamente a scendere.
È il primo caso significativo di utilizzo dei dati prodotti inconsapevolmente dalle persone per ottimizzare i servizi all'interno della città.
Energie rinnovabili, trasporti intelligenti e vocalizzati, servizi globalizzati e controllati da sistemi elaborati e gestiti da sistemi elettronici: questi sono alcuni dei cuori pulsanti della sfida che si troveranno ad affrontare le città nel nuovo Millennio, il fulcro delle trasformazioni del futuro.
Agglomerati che cresceranno all'insegna dell'efficienza e del miglioramento della qualità della vita, attraverso l'uso intelligente dello scambio dei dati. Ciò si potrà realizzare se noi cittadini saremo ben istruiti e addestrati alla condivisione e alla composizione degli elementi che compongono una città.
Una ristrutturazione fatta di infrastrutture e investimenti e di una governance che sia basata su una visione della strada verso la città intelligente, per tutto ciò la disponibilità delle tecnologie deve andare di pari passo con un cambio di prospettiva.
A partire "dal coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni e nelle scelte di indirizzo, sia con la semplice rilevazione dei comportamenti attraverso i sensori sia con la condivisione via social network.
Allora anche noi non vedenti siamo chiamati a destare interesse verso questa mutazione, preparandoci e dotandoci delle conoscenze per non rimanere soli e abbandonati dal progresso, perdendo così il treno ad alta velocità delle smart City.
Giuseppe Bilotti