Lo scritto che segue, è datato novembre 2014, allorché si svolse a Napoli il ben noto convegno in preparazione del XXIII° Congresso, pertanto nella sua stesura non si è dato conto delle trasformazioni istituzionali (si veda il superamento degli enti provinciali e la creazione delle città metropolitane coi problemi connessi al trasferimento di competenze), trasformazioni che del resto sono tutt’altro che concluse.
Molto semplicemente ci auguriamo di fornire un contributo alla discussione precongressuale.
La preparazione di un congresso, quale quella che ci accingiamo ad intraprendere, non può prescindere dalla necessità di ripensare in maniera strutturale l’organizzazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
L’associazione, infatti, è lo strumento che ci deve consentire di difendere e se possibile sviluppare le conquiste acquisite in questi anni.
A tale scopo, è indispensabile dotarsi di una struttura associativamente forte, agile ed efficiente, in grado di interagire con una realtà sociale estremamente complessa e di far fronte alle richieste d’intervento che le odierne criticità richiedono.
Il prossimo 23° congresso dovrà innanzitutto operare una profonda revisione statutaria riducendone la ponderosità in favore di un regolamento avente il compito di disciplinare la gestione della quotidianità delle strutture centrali e territoriali, lasciando alle norme statutarie il compito di tracciare le linee d’azione generali del sodalizio.
Prima di indicare sia pure sommariamente alcune linee d’intervento che a nostro avviso potranno fornire utile supporto all’elaborazione della piattaforma congressuale, riteniamo utile ribadire alcuni elementi fondanti del “cambiamento” associativo che auspichiamo; l’organizzazione, infatti, è tema squisitamente politico, non potendosi prescindere nell’affrontarlo, dagli obbiettivi che si vogliono perseguire.
L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti si schiera senza esitazione per la difesa dei diritti di universale rappresentanza che la nostra Costituzione garantisce, pertanto si ritiene parte fondamentale dello schieramento sociale che intende difendere il carattere a prevalenza pubblica dello stato sociale, nonché del sistema scolastico teso a realizzare per tutti il diritto allo studio.
Il conseguimento di sempre nuovi traguardi verso una sempre maggiore inclusione sociale che la nostra unione ha perseguito fino dalla sua fondazione, è incompatibile con la pretesa di modernizzare la società livellando in basso diritti e condizioni di vita di lavoratori e cittadini, siano disabili o no.
Su questa base, crediamo di sottoporre al convegno alcune riflessioni e proposte che, ci auguriamo, potranno essere utili elementi di discussione in vista del prossimo congresso.
1 – Dei soci
La necessità di perseguire un rafforzamento organizzativo strutturale della nostra associazione, nei prossimi cinque anni, dovrà essere al centro del nostro lavoro e se non si vorrà correre il rischio di perdere le ragioni del nostro ruolo nella società, deve rappresentare un obbiettivo ineludibile.
In particolare, tenuto conto della preoccupante tendenza ormai consolidata del calo degli iscritti e della attuale situazione organizzativa delle nostre strutture territoriali, quel rafforzamento organizzativo si impone.
Per avviare e approfondire il tema sopra descritto, è opportuno riportare preliminarmente i dati relativi agli iscritti negli anni 2009/2013:
ANNO 2009 49.134
ANNO 2010 46.728
ANNO 2011 44.139
ANNO 2012 42.363
Anno 2013 42.418
Anche se grazie ad alcuni interventi mirati da parte della Direzione e del Consiglio nazionale, il fenomeno della riduzione degli iscritti nel 2013 pare si sia arrestato, il fenomeno, deve continuare a preoccupare non poco e dunque vanno “messe in campo” le iniziative più efficaci affinché le nostre Sezioni provinciali, siano nelle condizioni di ampliare la loro offerta di servizi ai soci.
E’ del tutto evidente che se continuasse la tendenza degli ultimi anni, nel giro di un decennio, il numero degli associati scenderebbe a meno di 30 mila con la perdita di fatto dell’Unione della reale rappresentanza della categoria che rimarrebbe purtroppo solo sulla carta.
In argomento, non è più possibile rimandare una vera e propria azione per una politica associativa a 360° a favore degli ipovedenti.
2) Delle Sezioni
Del tutto legato al tema del numero degli associati, è senza alcun dubbio, l’operatività delle Sezioni provinciali.
In svariate occasioni, si è posto il bisogno di avviare una “manutenzione straordinaria” delle nostre sezioni provinciali vincolando la loro possibilità di mantenere il ruolo di sezione provinciale, alla condizione di disporre di precisi “standard minimi” (circ. 8/2012).
I molteplici adempimenti amministrativi e statutari che anche le sezioni più “povere” di risorse umane e finanziarie devono ottemperare obbligatoriamente, determinano l’impiego dei già scarsi mezzi di queste strutture per far fronte alla redazione di bilanci, verbali e mille altri obblighi amministrativi.
Se quei dirigenti e quelle poche risorse umane e finanziarie fossero liberati dalle “carte”, potrebbero impegnare quelle risorse per una presenza ed un’azione più capillare sul loro territorio che nello stesso tempo, potrebbe accrescere il numero e la qualità dei servizi da erogare ai cittadini disabili visivi e conseguentemente il numero degli iscritti.
L’attuale riordino delle provincie, la loro probabile soppressione e la grave situazione economica del Paese hanno prodotto una difficile congiuntura istituzionale ed un ridimensionamento dei contributi degli enti locali i quali non sono più nelle condizioni di mantenere gli stessi importi degli anni scorsi destinati alle attività dell’Unione.
Anche per tale ragione, è doveroso interrogarsi seriamente se non sia ormai giunto il momento di immaginare una nuova forma organizzativa dell’Unione sul territorio nazionale.
In tal senso, un certo numero di sezioni, dovranno trasformarsi in rappresentanze zonali.
Si tratterà di valorizzare le stesse rappresentanze zonali con il necessario ed opportuno aggiornamento del loro ruolo, delle risorse e composizione prevedendo tra l’altro, l’assegnazione al coordinatore della rappresentanza il ruolo di consigliere sezionale a tutti gli effetti.
Nell’immediato, dovremmo comunque intervenire per ripensare la nostra presenza sul territorio accentrando alcuni servizi e parte dei compiti amministrativi a livello regionale.
Operazione questa che per la sua fondamentale e strutturale importanza, deve trovare sostegno economico dalla sede centrale:
finanziare attraverso il fondo sociale, quei progetti dei Consigli regionali mirati a fornire alle Sezioni provinciali un servizio di contabilità, news letter, comunicazione, gestione anagrafico soci ect.
In ogni caso, ogni Consiglio regionale dovrà chiedere alle Sezioni di competenza, di assolvere il compito di garantire ai soci alcuni standard minimi da definire a seconda del numero degli iscritti e delle loro particolari condizioni.
oltre ai richiamati ed ineludibili interventi strutturali da adottare, per sottolineare la considerazione e l’imprescindibilità dell’ascolto e quindi della conoscenza da parte della “testa” nei confronti del “corpo” associativo si possono immaginare tra le iniziative da promuovere:
– la partecipazione del Presidente nazionale ad almeno una riunione per ogni Consiglio regionale nel corso del suo mandato;
– lo svolgimento di alcune riunioni degli organi centrali da tenersi sul territorio.
– prevedere nell’organigramma nazionale, l’affidamento a tre referenti territoriali (nord, centro e sud) l’incarico di responsabile dei rapporti tra la sede centrale e le strutture territoriali.
3) dei Consigli regionali
Considerato che il nostro Paese non ha una organizzazione dello Stato di tipo federale e dunque, le competenze fondamentali delle tematiche d’interesse relative ai nostri scopi statutari rimangono in capo al Governo nazionale ed al Parlamento ed alla conferenza Stato Regioni (benefici economici delle prestazioni dell’INPS, l’integrazione scolastica, l’avviamento al lavoro, libro parlato, servizio civile, legge 379/94, legislazione delle ONLUS ed APS, ect) e che l’attuale impostazione dei consigli regionali, essendo che risponde positivamente alle esigenze di rappresentatività, autonomia politica, gestionale, organizzativa ed amministrativa”, il ruolo dei Consigli regionali non necessita di particolari interventi di carattere strutturale.
Tuttavia potrà rendersi necessaria l’attribuzione di nuovi compiti ai Consigli Regionali, con particolare riferimento a eventuali nuove articolazioni dello stato, nonché in relazione alla costituzione di un fondo per la gestione di risorse ricavate da operazioni sul patrimonio.
Claudio Romano
Marino Tambuscio
6 novembre 2014