Rubrica per genitori.
In questo terzo appuntamento, l’avv. Colombo -responsabile del Centro di Documentazione Giuridica e componente della Direzione Nazionale dell’UICI- concentrerà la sua attenzione sul diritto, sancito dalla legge 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza , l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dei genitori di bambini/ragazzi con disabilità di usufruire di un periodo di congedo straordinario biennale retribuito.
PERIODO DI CONGEDO STRAORDINARIO BIENNALE RETRIBUITO
L’articolo 4 comma 2 della legge 53/2000 prevede la possibilità ai genitori, alternativamente, per l’assistenza ad un figlio con grave handicap, certificato dalle strutture sanitarie pubbliche (8), la possibilità di usufruire anche di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore ai due anni.
La Finanziaria 2004 (art. 3 comma 106) ha tolto il limite dei 5 anni dall’accertamento.
In base all’articolo 80 della Finanziaria 2001 questo congedo, prima senza diritto alla retribuzione e non computabile ai fini dell’anzianità di servizio e previdenziali, viene ora retribuito sulla base dell’ultima retribuzione percepita dal lavoratore ed è coperto, entro certi limiti, da contribuzione figurativa (sino ad un tetto, comprensivo di indennità e contributi figurativi, di 70milioni di lire indicizzato annualmente – vedi INPS circ. 85/2002 e 14/2007).
L’indennità per congedo straordinario ha natura sostitutiva della retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito dall’attività lavorativa se non fosse stato impedito dalla necessità di assistere un portatore di handicap e, pertanto è compatibile con un eventuale assegno ordinario di invalidità (legge 222/1984 articolo 1e messaggio INPS n.8773 del 4 aprile 2007).
La sentenza n. 233 del 16.06.2005 della Corte costituzionale ha stabilito che anche i fratelli e le sorelle delle persone con gravi handicap possono accedere al congedo straordinario retribuito quando i genitori, sia pure viventi, non sono in grado di accudire il figlio handicappato perché essi stessi totalmente inabili. Pertanto il congedo straordinario retribuito va riconosciuto ai fratelli o sorelle conviventi con soggetto gravemente disabile in caso di totale e permanente inabilità di entrambi i genitori o di un solo genitore, se l’altro è deceduto, di figli in condizioni di handicap grave. Lo stato di totale inabilità di ambedue i genitori o del genitore superstite, se l’altro è deceduto, deve essere comprovato da documentazione quali riconoscimento di invalidità civile, di rendite INAIL, di pensioni di invalidità INPS o analoghe provvidenze comunque denominate, da cui sia rilevabile lo stato di invalidità totale e permanente.
Per la sentenza n. 158 del 18 aprile 2007 della Corte costituzionale (recepita dall’INPS con la circolare 112/2007) viene previsto che possa essere riconosciuto il congedo biennale retribuito anche per l’assistenza del coniuge disabile in situazione di gravità.
La sentenza n.19 del 26 gennaio 2009 della Corte costituzionale ha esteso la previsione del diritto al congedo straordinario anche ai figli che assistono genitori conviventi in situazione di disabilità grave e in assenza di altri soggetti legittimati a prendersene cura (per -convivenza- va fatto riferimento alla -residenza-, luogo abituale ai sensi dell’art. 43 del codice civile, non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di -domicilio- né la mera elezione di -domicilio speciale- previsto per determinati atti o affari dall’art. 47 del codice civile – vedi circolare n. 1/2012 della Funzione Pubblica punto 3, a-4).
Note:
(1) Si intende persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla capacità individuale residua sono effettuati da parte delle ASL mediante le commissioni mediche (ex lege numero 295 del 15 ottobre 1990, ex lege numero 423 del 27 ottobre 1993 e Circolare del Ministero del lavoro numero 43 del 1 aprile 1994) integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le ASL.
(2) Il riconoscimento di una invalidità civile non è sufficiente per ottenere i permessi per l’assistenza al disabile, ma occorre il riconoscimento (da parte della Commissione medica o in situazione di urgenza e in via provvisoria dai medici di ospedali gestiti dalle AASSLL o dai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica come modificato dall’articolo 20 comma 1 del D.L. 78/2009) della situazione di gravità della persona handicappata, la cui minorazione ne abbia ridotto l’autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente. Per comprovare il diritto alla fruizione del permesso retribuito per documentata grave infermità ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 53/2000 si considera idoneo il certificato redatto dallo specialista dal quale sia possibile riscontrare sia la descrizione degli elementi costituenti la diagnosi clinica che la qualificazione medico legale in termini di grave infermità (Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali – Nota 25 novembre 2008, n. 16754).
Però poiché detta certificazione (dei medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica) ha natura -provvisoria- e pertanto revocabile, qualora la Commissione medica non riconosca la sussistenza della situazione di handicap grave, l’INPS è legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda (Ministero Lavoro-Attività Ispettiva – Interpello n 32 del 9 agosto 2011).
(3) Per ricovero a tempo pieno si intende quello in cui il disabile trascorre tutta la giornata o gran parte di essa presso una struttura adibita all’accoglimento degli handicappati; i Centri socio riabilitativi diurni per disabili rientrano nell’accezione di Istituti specializzati.
(4) Il genitore impegnato ad assistere il figlio con handicap degente in ospedale seppur finalizzato a un intervento chirurgico non ha diritto fruire dei permessi dal lavoro ex lege 104/1992, in quanto il ricovero in ospedale viene considerato ricovero a tempo pieno (messaggio INPS 4 gennaio 2006 numero 228 ,messaggio INPS 4 gennaio 2006 numero 256 e circolare INPS 23 maggio 2007 numero 90).
Tuttavia, nei messaggi INPS si ricorda che i benefici previsti dalla legge 104/92 possono eccezionalmente essere concessi nei casi in cui:
il richiedente assista un handicappato di tenera età (prima infanzia ovvero età inferiore a tre anni);
il soggetto handicappato sia ricoverato per finalità diagnostico-terapeutiche (nel qual caso le finalità assistenziali legate all’età travalicano quelle legate all’handicap);
la presenza della madre o del padre sia richiesta dall’ospedale per necessità effettive;
ricovero finalizzato a intervento chirurgico oppure a scopo riabilitativo.
(5) L’assistenza può intendersi disgiunta quando la prestazione può essere assicurata solo con modalità e tempi diversi e contemporaneamente è esclusiva e continua per ciascun assistito (Ministero del lavoro nota del 28 agosto 2006 numero 3003). Vanno presentate tante domande quanti sono i soggetti per i quali si chiedono i permessi, allegando idonea certificazione relativa alla particolare natura dell’handicap, accompagnata da dichiarazione di responsabilità circa la sussistenza delle circostante che giustificano la necessità di assistenza disgiunta. In particolare, da quest’ultima dichiarazione deve risultare 1) che in relazione all’handicap non è in grado di fornire assistenza fruendo dei 3 giorni di permesso in godimento per un altro disabile; 2) che nessun’altra personale può prestare assistenza all’altro soggetto handicappato (norma superata con la circolare INPS numero 90/2007); 3) che nessuna altro fruisce a sua volta di permessi per l’assistenza all’altro soggette; 4) che i soggetti per i quali si richiede il permesso non svolgono attività lavorativa e quindi non hanno diritto a usufruire a loro volta di permesso in qualità di lavoratori portatori di handicap.
(6) Trattandosi di singole giornate di riposo, la contribuzione figurativa è attribuita in quota integrativa e non incide, là ove previsto dalla normativa (INPS), sul numero dei contributi settimanali spettanti all’interessato. Praticamente, la settimana sarebbe già coperta dalla contribuzione obbligatoria, per cui la contribuzione figurativa inciderebbe solo relativamente all’integrazione della retribuzione “persa” (Circolare INPS 11 aprile 2001 numero 87).
(7) La fruizione delle due ore di permesso giornaliero (articolo 33 comma 2 della legge 104/92) o dei tre giorni di permesso mensile (articolo 33 comma 3 della legge 104/92) è alternativa (non è possibile fruire nello stesso mese dei permessi orari e di quelli giornalieri); per prevalente giurisprudenza, il titolare del diritto può scegliere tra permessi orari e giornalieri una volta al mese.
(8) In base alla circolare INPS numero 32 del 3 marzo 2006 ai medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica è riconoscibile la potestà provvisoria (quindi revocabile dalla Commissione medica ex lege 15 ottobre 1990 numero 295 – ex lege numero 423 del 27 ottobre 1993 – Circolare Ministero del Lavoro numero 43 del 1 aprile 1994) per le agevolazioni previste dalla legge 104/1992 a favore dei genitori, parenti o affini di persone handicappate gravi e dei lavoratori portatori di handicap grave. Per comprovare il diritto alla fruizione del permesso retribuito per documentata grave infermità ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 53/2000 si considera idoneo il certificato redatto dallo specialista dal quale sia possibile riscontrare sia la descrizione degli elementi costituenti la diagnosi clinica che la qualificazione medico legale in termini di grave infermità (Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali – Nota 25 novembre 2008, n. 16754).
Però poiché detta certificazione (dei medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica) ha natura -provvisoria- e pertanto revocabile, qualora la Commissione medica non riconosca la sussistenza della situazione di handicap grave, l’INPS è legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda (Ministero Lavoro-Attività Ispettiva – Interpello n 32 del 9 agosto 2011).
Nella lettera circolare del 6 febbraio 2006 il Ministero del lavoro e nel messaggio del 6 marzo 2006 numero 7014 l’INPS, dopo il parere del Consiglio di Stato numero 3389 del 6 dicembre 2005, hanno precisato nuovamente che, mentre per l’assistenza ai disabili si maturano ferie e tredicesima mensilità, i genitori di minori con handicap che optano per il prolungamento del congedo parentale fino al terzo anno di vita del bambino nei periodi di assenza non maturano invece né ferie né tredicesima.
Infatti già in precedenza il Ministero del lavoro si era pronunciato col parere 5 maggio 2004 prot. 15/0001920.
I genitori di un bambino, portatore di handicap in situazione di gravità, non hanno diritto di usufruire entrambi del permesso di 3 giorni retribuiti in base all’art. 33, comma terzo della legge 104/92, ma solo cumulativamente. L’articolo 20 della legge 53/2000 prevede che il genitore lavoratore ne possa beneficiare anche qualora l’altro genitore non sia lavoratore dipendente.
In relazione alla previsione dell’art. 33 comma primo della legge 104/92 per i genitori di un bambino con handicap della possibilità di prolungare il periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui alla legge 1204/71 fino a tre anni di vita del bambino, si deve intendere che gli stessi possono godere di questa possibilità se pubblici dipendenti con la retribuzione al 100 per cento per il primo mese, con la retribuzione al 30 per cento per i successivi cinque mesi e per i restanti senza retribuzione, fino ad un massimo di 10 o 11 mesi, secondo quanto previsto dall’articolo 7 della legge 1204/71 così come sostituito dall’art.3 della legge 53/2000. La legge 53/2000 ha comunque portato la possibilità per tutti i genitori di usufruire dell’astensione facoltativa fino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino.
Per i figli minorenni non è più richiesta la convivenza (legge 53/00 art. 19). Inoltre in base alle nuove normative è ora possibile per il genitore lavoratore fruire del prolungamento dell’astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai tre anni del bambino, nonché dei giorni di permesso dopo i 3 anni e sino ai 18, anche qualora l’altro genitore non abbia diritto a tali benefici ( perché, per esempio, è casalingo/a, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo, ecc.). Invece, nell’ipotesi in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi continuano a spettare a entrambi, ma in maniera alternativa. Ciò significa che possono spettare indifferentemente alla madre o al padre, ma non con fruizione contemporanea.
I genitori con figlio convivente infratredicenne o con handicap hanno la priorità nelle richieste di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Legge 247/07 di riforma del Welfare comma 44 punto d) 3
Nel Collegato al lavoro (art. 24 legge 4 novembre 2010 numero183 in supplemento ordinario n. 243 della Gazzetta Ufficiale n. 262) sono state introdotte nuove regole per l’assistenza ai disabili (vedi anche INPS Circolare n. 45 dell’ 1 marzo 2011) poi in parte modificate dal D.Lgs.119/2011 :
1. il diritto ai tre giorni mensili di permesso dal lavoro spetta al lavoratore dipendente sia pubblico che privato, parente o affine, entro il secondo grado (in precedenza sino al terzo) del disabile che necessità di assistenza
2. il permesso non può più essere riconosciuto a più di un dipendente (l’INPS col messaggio n.1740/2011 da direttive per la scelta del famigliare) per l’assistenza alla stessa persona (referente unico), salvo che si tratti di un figlio con handicap in situazione di gravità nel qual caso spetta a entrambi i genitori (anche adottivi) alternativamente
3. il diritto ai tre giorni mensili di permesso dal lavoro spetta al dipendente, parente o affine entro il secondo grado (in precedenza terzo grado) qualora si tratti di genitori o del coniuge del disabile che abbiano compiuto il 65esimo anno di età o siano affetti da patologia invalidante o siano deceduti o mancanti
4. ai fini dei permessi non è più necessaria la condizione di convivenza
5. la scelta della sede del lavoro da parte del lavoratore che assiste un disabile è vincolata al domicilio della persona da assistere e non più a quello del lavoratore.
In particolare, la legge 183/2010 riscrivendo l’art. 33 comma secondo della legge 104/1990 aveva eliminato il riferimento ai tre anni di età ed esteso a parenti e affini entro il secondo grado la possibilità di utilizzare i tre giorni mensili di permesso retribuito per assistere minori, quando non lo possono fare i rispettivi genitori.
Per non creare disparità di trattamento tra i genitori che sono tenuti costituzionalmente a svolgere un ruolo primario nell’allevamento dei figli e il resto dei parenti e affini l’INPS (circolare 155/2010 punto 2.2) ritiene che anche ai genitori vada riconosciuta la possibilità di utilizzare, in alternativa agli altri benefici, il permesso retribuito dei tre giorni mensili.
Avv. Paolo Colombo
Responsabile Centro di Documentazione Giuridica “G. Fucà”
cdg@uiciechi.it