6 maggio 2014 – Università degli Studi di Milano
Ill.mo Presidente Stilla,
Gent.ma Dott.ssa Bartolucci,
Gent.ma Dott.ssa Monteneri,
Cari studenti,
Vi prego di scusarmi per la mia assenza di oggi. Un impegno istituzionale collegato all’attuale processo di riforme costituzionali – impegno sopravvenuto e non previsto, ma non rinunciabile, proprio in ragione della responsabilità che gli esperti di diritto costituzionale hanno in questo momento – mi impedisce di essere con voi per partecipare all’evento che, con il Prof. Arconzo, Delegato del Rettore per le disabilità del nostro Ateneo, abbiamo fortemente voluto organizzare nell’ambito del mio corso di diritto costituzionale.
Sono comunque certa che la Prof.ssa Francesca Biondi – docente nel nostro Ateneo di diritto parlamentare – alla quale ho chiesto di fare le mie veci in questo incontro, potrà portare un significativo contributo alla giornata odierna.
Noi viviamo in un periodo in cui si parla costantemente di riforme costituzionali, ritenute in questo momento, e da più parti, una sorta di ultima spiaggia per provare a modificare le molte cose che nel nostro Paese non vanno.
Fa però riflettere – ed è questo il messaggio che voglio consegnarvi con questo mio breve intervento di saluto – che mentre si ragiona intensamente di riforma costituzionale, alcuni fondamentali principi costituzionali, ad oltre sessant’anni dall’entrata in vigore della nostra Costituzione, devono in realtà ancora ricevere completa attuazione.
In questa prospettiva, mi sembra di poter affermare che anche il principio di non discriminazione – che dovrebbe assicurare la piena garanzia dei diritti delle persone con disabilità – sia ancora lontano dal trovare piena attuazione nel nostro Paese.
Certamente, non si può disconoscere che l’impianto normativo (penso alla legge n. 104 del 1992, alla legge 68 del 1999) assicuri alcuni diritti fondamentali (si pensi all’istruzione, anche in ambito universitario; all’accesso al mondo del lavoro; alle cure; al diritto di voto ) alle persone con disabilità. Ma è sotto l’occhio di tutti, in realtà, che questo pur pregevole catalogo di diritti sia costantemente messo in pericolo dalla crisi economica, dalla scarsità di risorse pubbliche, dai tagli delle disponibilità finanziarie di regioni ed enti locali. Così come è sotto l’occhio di tutti che, nonostante i diritti delle persone con disabilità siano solennemente proclamati, non si è ancora in presenza di una cultura condivisa dell’inclusione.
Occorre invece continuare ad investire sui diritti delle persone con disabilità, avendo magari il coraggio di destinare ancora più risorse di quanto si è sin qui fatto su progetti innovativi (penso all’importante tema del diritto alla vita indipendente, ad esempio, di cui i video che oggi vedremo – raccontando storie di straordinaria normalità – sono una significativa testimonianza). È importante farlo proprio in tempo di crisi perché è ben noto che questi sono i momenti in cui le persone svantaggiate subiscono con maggiore rapidità le conseguenze nefaste della crisi stessa.
Ma investire sui diritti delle persone con disabilità non significa soltanto mettere a disposizione le pure indispensabili risorse economiche. Significa adoperarsi e spendere energie per creare quella cultura dell’inclusione di cui facevo cenno prima. Ecco il primo significato dell’evento di oggi. Provare a raccontare ai nostri studenti – che magari non hanno mai avuto esperienza diretta con il mondo della disabilità – cosa significa davvero vivere con una disabilità, al fine di eliminare pregiudizi e falsi stereotipi.
L’odierna presenza di Luisa Bartolucci ed Erica Monteneri, donne da sempre paladine nella difesa delle donne con disabilità, mi porta poi a toccare il tema delle doppie discriminazioni (dette anche discriminazioni multiple, in cui l’effetto discriminatorio collegato al genere si somma a quello collegato alla disabilità e costituisce una specifica forma di discriminazione). Si tratta, anche in questo caso, di un tema che in Italia non è stato ancora affrontato con attenzione né dalla scienza giuridica, né dal legislatore.
Ma su di esso occorre invece necessariamente confrontarsi e ragionare, se è vero che la Convenzione ONU del 2006 (stiamo parlando di un Trattato internazionale, lo dico ai miei studenti, che in Italia è entrato in vigore nel 2009 e che costituisce, per il suo approccio volto a considerare la disabilità come un problema della società e non della sola persona con disabilità, il documento per eccellenza nello studio dei diritti delle persone con disabilità) afferma significativamente che “Gli Stati Parti riconoscono che le donne e le bambine con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, prenderanno misure per assicurare il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte di donne e bambine con disabilità” e che di conseguenza “Gli Stati Parti prendono ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio e il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciate nella presente Convenzione”.
Per poter riuscire a portare avanti la riflessione su questi temi è però indispensabile la collaborazione, che l’evento di oggi vuole testimoniare, tra il mondo della ricerca e quello delle Associazioni che tutelano i diritti delle persone con disabilità. Da qualche tempo, ormai, la collaborazione tra l’Università degli studi di Milano e l’Unione italiana dei ciechi e degli Ipovedenti è una solida realtà. Ne sono particolarmente felice, anche perché sono convinta che questa collaborazione possa portare ad un arricchimento per entrambe le nostre realtà.
Marilisa D’Amico