Per continuare il nostro percorso informativo/formativo, attraverso questi brevi istanti di riflessione su quelle che sono le risorse strumentali, professionali, umane ed economiche, utilizzabili per la progettazione e realizzazione dei percorsi di inclusione scolastica in favore dei nostri alunni/studenti in situazione di cecità assoluta, di ipovisione lieve o grave/o con minorazione aggiuntiva, oggi mi occuperò in questo articolo del binomio educatore-docente per il sostegno didattico.
Non tralasciando mai, però che, il nucleo d’ogni azione didattica ed educativa, di servizio tiflologico, abilitativo riabilitativo, è il fanciullo, l’alunno e lo studente, con la pienezza della personalità, della dignità e del diritto ad essere trattato e di sentirsi prima d’ogni cosa, prima di qualunque azione, anzitutto persona con diritti di cui, dai genitori alle figure professionali della scuola, degli operatori di qualsiasi istituzione, educativa, formativa, riabilitativa, sanitaria, professionale, politica tutti debbono assumere personalmente l’esercizio e la garanzia, a tutela dell’alunno o studente in primis, poi per la famiglia e la scuola.
L’esercizio del diritto, d’ogni diritto, come per il dovere, risulta impossibile nel suo compimento se chi lo esige non sia debitamente dotto in ciò per cui chiede e lotta. Un fanciullo va istruito in tal senso, sino all’età matura in cui giungerà consapevole solo se e soltanto qualora abbia avuto adulti responsabili e dotti.
Qual è il ruolo dell’educatore tiflologico in aula?
Quale la sua origine e in quale documento ne viene previsto l’intervento in favore dell’alunno/studente?
È sempre utile la sua azione educativa?
Quali sono i compiti dell’educatore tiflologico?
Egli può sostituirsi all’azione didattica del docente per il sostegno?
Può svolgere azioni afferenti interventi di assistenza di base?
Queste e molte altre domande di cui ci occupiamo in questo spazio dedicato all’analisi degli interventi educativi in aula e rispetto alla continuità educativa presso il domicilio dell’alunno/studente.
Iniziamo col dire che il docente e l’educatore hanno contratti diversi e, per usare un termine conosciuto ai più, hanno un datore di lavoro differente: il docente è assegnato dall’ufficio scolastico regionale ed è a tutti gli effetti dipendente del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; il docente per il sostegno didattico, inoltre ha la contitolarità della classe con i colleghi di materia o con le maestre.
Partecipa alla valutazione pari ai colleghi del consiglio di classe.
L’educatore tiflologico o assistente alla comunicazione e per l’autonomia, previsto dall’art.13 com.3 della legge 104/92 è contrattualizzato dall’ente locale, comune, provincia o città metropolitana, dipende dal grado di scuola in cui ci troviamo, non dall’ordine.
Non ha alcun ruolo sulla classe ma, per contratto è affidato esclusivamente all’alunno/studente; il suo datore di lavoro è l’ente locale, Comune, Provincia, l’ambito territoriale o ATS; diversamente dal docente per il sostegno didattico.
Entrambe le figure debbono essere richieste dalla scuola in tempi e con modalità differenti ma, questo sì, con la medesima finalità: contribuire al successo formativo dell’alunno/studente consentendogli cioè di poter esercitare il proprio diritto allo studio usufruendo delle conoscenze, delle competenze e della professionalità di entrambe.
Chi dialoga con la famiglia dell’alunno/studente?
Entrambe le figure professionali ma, e su ciò ci fermiamo un istante, alla luce di un piano condiviso col consiglio di classe e in particolare col docente per il sostegno didattico assegnato all’alunno/studente.
Il dialogo con i genitori è delicato e strategico anche per le finalità didattiche ed educative che ci si è prefissati, riportate proprio nel PEI. La sovrapposizione o peggio la contraddizione di quanto svolto col nostro alunno/studente dall’una piuttosto che dall’altra figura, rischia confusione e determina un certo discredito dannoso, sia per il discente che per l’una o l’altra parte quale componente dinamica del percorso inclusivo.
La relazione professionale tra le due figure è auspicabile in ogni fase di costruzione del percorso scolastico inclusivo in quanto lo stesso viene pensato e progettato in favore del discente e non quale piattaforma sindacale per la rivendicazione di spazi e competenze.
Vi sono docenti sul sostegno didattico che per curriculo e formazione professionale nascono come educatori o assistenti alla comunicazione; viceversa, vi sono educatori tiflologici o assistenti alla comunicazione che per curricolo e formazione professionale avrebbero dovuto essere docenti per il sostegno didattico ma, per ragioni legate al mondo del lavoro, non lo sono.
Quali sono i compiti dell’assistente alla comunicazione e per l’autonomia o dell’educatore tiflologico nel caso di alunni non vedenti, ipovedenti lievi o gravi?
L’educatore, diversamente dal docente assegnato sul sostegno didattico, esercita il compito educativo volto all’acquisizione dell’autonomia da parte del discente in relazione alla conoscenza e all’uso di strumenti, materiali e tecnologie, che gli consentano d’essere, per l’appunto autonomo, indipendente nello studio.
L’autonomia che persegue il docente sul sostegno didattico è invece quella afferente all’acquisizione di un metodo da parte del discente, che lo renda appunto capace di sviluppare una didattica autonoma nello studio fuori dalla classe.
Lo studio autonomo, privilegio oggi per pochi studenti, rappresenta l’esercizio della capacità acquisita di sviluppare un percorso di apprendimento in modo autonomo svincolato da qualsiasi sostegno ma in linea con quanto ha appreso grazie al sostegno didattico; e, autonomo nell’uso dei materiali e delle tecnologie per aver avuto un buon percorso educativo in riferimento agli strumenti per lo studio o l’esercizio.
L’assistente o l’educatore tiflologico possono sostituirsi all’azione didattica del docente curricolare o a quella del docente per il sostegno didattico?
Assolutamente no!
Le competenze debbono essere esercitate dalle singole figure in relazione ai compiti e ruoli per i quali sono titolati a stare in aula, con gli alunni o accanto all’alunno/studente.
Ciò non significa che non vi possa essere un assistente o educatore con competenze didattiche disciplinari o specifiche, afferenti cioè al tipo di disabilità propria del discente; ma, per la serenità dello stesso alunno/studente e di quella della famiglia, al fine di mantenere vivo un dialogo tra professionisti dell’educazione, l’esercizio dei compiti affidati deve essere rispettoso anzitutto degli apprendimenti e dei bisogni educativi propri dell’alunno/studente.
Comportamenti o atteggiamenti troppo rigidi, contrastanti e contraddittori rischiano d’essere lesivi del medesimo diritto all’istruzione e dell’educazione.
Chi dà consulenza circa gli ausili, strumenti o materiali e tecnologie da utilizzare?
Solitamente la consulenza tiflologica riguardo agli strumenti didattici è definita dall’educatore tiflologico o assistente alla comunicazione e per l’autonomia. Ecco perché nel suo curriculo formativo, dunque anche in quello professionale, debbono essere acquisite e specificate le conoscenze e competenze nel campo delle scienze tiflologiche: tiflo-tecnica, tiflo-didattica e tiflo-informatica.
Le figure educative, comprendendo fra queste anche quella dell’assistente alla comunicazione, infelicemente definita così, almeno riguardo agli alunni/studenti ciechi assoluti, ipovedenti lievi o gravi e magari in situazione di ulteriore minorazione aggiuntiva, hanno la possibilità d’essere utilizzati per percorsi educativi extra scolastici, per esempio a casa il pomeriggio; l’importante, non mi stancherò mai di evidenziarlo, sempre e soltanto in linea col programma scolastico in condivisione col docente curricolare e di quello per il sostegno didattico.
La presenza di troppe figure in aula, sul medesimo alunno/studente e nel medesimo istante educativo, determina confusione per tutti, in particolare per il discente; oltre ad un dispendio di risorse umane e professionali che, attorno all’alunno svaniscono.
Diversamente dal docente per il sostegno didattico, il quale si deve relazionare con tutti i colleghi di classe e non, l’educatore tiflologico, o assistente alla comunicazione, deve rapportarsi con il docente per il sostegno, al massimo anche con quello curriculare e lavora esclusivamente con l’alunno per il quale è stato chiamato dalla scuola e per effetto di una programmazione individualizzata riguardante l’alunno o studente.
Qualche volta i genitori confondono le due figure?
Purtroppo sì, la scuola stessa crea confusione e trasmette la stessa alle famiglie dei bambini, alunni e studenti ciechi assoluti, ipovedenti gravi e lievi e/o con minorazioni aggiuntive.
La confusione genera anche l’interpretazione secondo cui le ore di sostegno didattico possono essere distribuite a piacimento, pur di coprire l’intero monte ore di lezione settimanale previsto per quell’anno scolastico.
I bisogni educativi, dei nostri alunni o studenti, spesso lasciamo che vengano trasformati da aule scolastiche in aule di tribunale a danno tutto dei nostri figli, della loro crescita e maturità. Ed invece, quei bisogni educativi, che sono d’ogni alunno o studente, dovrebbero essere l’aula quale habitat naturale per la loro crescita, il loro sviluppo umano e sociale.
In conclusione, l’educatore tiflologico o anche l’assistente alla comunicazione e per l’autonomia, ha compiti di affiancamento alla struttura scolastica durante l’anno di permanenza dell’alunno o studente in situazione di cecità o ipovisione grave o lieve per sostenerlo nei processi educativi di conoscenza e esercizio all’uso dei materiali, degli strumenti e tecnologie utili allo studio.
Questo significa che entrambi possono essere presenti, in quanto l’una non sostituisce l’altra funzione educativa, l’una per la didattica, l’altra per la conoscenza dei materiali e strumenti.
Per esempio l’assistente o educatore, non può avere la responsabilità della classe e conseguentemente non può in alcun momento sostituire il maestro o docente in quanto è a questi ultimi che gli alunni sono affidati. In altri termini, non solo le due figure professionali possono essere compresenti ma il loro impegno deve essere ben definito e devono essere altrettanto chiari i confini dell’intervento didattico da quello specificatamente educativo esercitato dall’educatore tiflologico o assistente alla comunicazione.
Ricordo come l’azione didattica si avvale e integra necessariamente, completandola con quella educativa.
Qual è la sede per pianificare la presenza e l’intervento delle figure quali l’educatore o l’assistente alla comunicazione?
Gli addetti ai lavori conoscono bene il luogo di discussione: è il GLHO, gruppo di lavoro handicap operativo.
Di norma, per utilizzare il lessico caro alla normativa, si riunisce due volte l’anno. L’assistente educativo è previsto dall’articolo 13 della legge 104/92. Il reclutamento, la formazione e la gestione dell’assistente sono, generalmente oggi, compito dell’ente locale: comune, provincia o città metropolitana, ATS.
Tuttavia, corre l’obbligo ricordare che il Dirigente scolastico, oggi più che mai, ha la responsabilità dell’utilizzo dell’educatore nell’ambito dell’organizzazione e della gestione dell’inclusione scolastica, in particolar modo il personale educativo-assistenziale è tenuto ad agire, in momenti collegati e distinti, ma non separati rispetto a momenti specifici del personale docente generalmente può operare sia in presenza che in assenza del personale docente.
Chi redige il programma educativo, diremo tecnico-strumentale e afferente ai materiali didattici per la conoscenza e l’uso da parte del discente?
L’educatore tiflologico o, qualora vi sia, anche l’assistente alla comunicazione e per l’autonomia. Infatti è l’educatore a costruire in accordo con i docenti in classe, un proprio piano di lavoro all’interno del Piano Educativo Individualizzato per l’alunno in situazione di cecità assoluta, ipovedente grave o lieve; deve evitare una gestione puramente assistenziale, per quella c’è il personale dedicato, quello per l’assistenza di base, se prevista perché richiesta dalle condizioni specifiche del discente;
E, qualora il dirigente Scolastico lo ritenga opportuno, l’educatore partecipa attivamente ai lavori di messa a punto del profilo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato;
ovvio che lo stesso debba garantire il massimo di segretezza professionale per tutto quanto si riferisce alle informazioni sull’alunno in situazione di cecità assoluta, di ipovisione lieve o grave e magari con minorazione aggiuntiva.
Con chi deve rapportarsi l’educatore o assistente alla comunicazione?
L’educatore/assistente alla comunicazione deve interagire con le altre figure professionali presenti nell’ambito scolastico: anzitutto, qualora sia presente per esigenze dell’alunno/studente, deve confrontarsi e operare in accordo con l’assistente di base, poi con i docenti curriculari, con il docente per il sostegno didattico, col personale ATA. Tale dialogo inter-professionale e umano va stabilito poi col personale dei servizi del territorio.
In un confronto sano e rispettoso delle parti, con la cooperazione anche dei genitori dell’alunno/studente, deve proporre quanto ritenga utile, opportuno e vantaggioso per l’alunno in situazione di disabilità visiva afferente il percorso inclusivo.
Il suo ruolo gli impone un atteggiamento etico-professionale per cui dovrà mantenere sempre attivo il dialogo e collaborare con la struttura scolastica per ciò che afferisce l’ambito delle attività progettate dalla scuola in cui opera.
Ogni figura dovrebbe poterlo fare ma, certamente l’educatore ha il dovere di formarsi e aggiornare le proprie conoscenze per fortificarle sino a renderle competenze.
Tra i doveri dell’assistente alla comunicazione o educatore tiflologico, per il fatto di trovarsi in una struttura educante con funzioni amministrative, deve sottoscrivere quella che si chiama dichiarazione di responsabilità con la quale si impegna a ufficializzare la sua presenza a scuola, quando entra ed esce.
Qualsiasi diatriba tra lui e il docente curriculare piuttosto che con quello per il sostegno didattico, andrebbero risolte di fronte al dirigente scolastico o alla figura strumentale che segue specificatamente l’area, per l’esecuzione del PTOF, piano triennale dell’offerta formativa, il PAI, Piano Annuale per l’Inclusione.
Il bambino, l’alunno o lo studente non sono un puzzle per cui possiamo permetterci di incastrare le tesserine attraverso tutti i tentativi immaginabili e impossibili ma, persone che a pari di tutti gli altri alunni e studenti hanno il diritto di partecipare alla vita scolastica avendo pari opportunità didattiche, educative ed emotive, oltre che affettive.