La Tavola rotonda, svoltasi lo scorso 3 dicembre, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, e impreziosita dalla partecipazione d’insigni relatori, ha costituito l’occasione più bella per presentare il raffinato almanacco 2018 promosso dalla Sezione territoriale dell’UICI e incentrato sulle esperienze di sei personalità risultate capaci di superare le barriere che hanno lastricato il loro percorso e diventare esempi di speranza e riscatto per tanti di noi.
Da Vibo Valentia
Un’articolata discussione, sulla dimensione del volontariato e dell’integrazione, tra soggetti abituati ad andare oltre il mero enunciato verbale, essendo, piuttosto, adusi a fare, a organizzare, a costruire, ad agire nell’orizzonte sociale proteso verso la promozione dell’individuo, delle sue specificità, della sua unicità e, in ultima analisi, della sua libertà: la tavola rotonda, dal tema “Volontariato: gesti altruistici o testimonianza di vita?”, svoltasi, presso il Centro di Aggregazione Sociale “Solidarietà e Amicizia” di Vibo Valentia, nel pomeriggio di domenica 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, non è stato un mero contenitore di parole e buoni propositi. Proprio no! Promosso dalla Sezione Territoriale “Giovanni Barberio” dell’UICI e ingemmata dal contributo di autorevoli ospiti e relatori, i quali hanno trattato la tematica con una non comune acribia e una schiettezza non disgiunta da intenti costruttivi, tale seminario ha rappresentato uno dei tanti squarci di chiarore che l’esistenza stessa di quest’Associazione riesce a portare in seno a una società ombrosa, sovente refrattaria a porsi domande e a cercare soluzioni riguardo alla diffusa realtà del disagio e alla conseguente necessità di socializzazione tra le nostre individualità, diverse nell’essenza soggettiva, e, tuttavia, uguali nel diritto a vivere ogni aspetto della vita, gioioso o drammatico che sia, pienamente, con quella intensità e quella dignità connaturate alla nostra condizione umana e, in questo caso, splendidamente affrescate in un prezioso calendario, realizzato dalla sezione Territoriale UICI di Vibo Valentia; un calendario che “parla” di persone non vedenti, le quali, valicando ogni steccato, sono riuscite a rendere i loro talenti visibili a tutti, affermandosi in molteplici ambiti professionali e ad assurgere a figure paradigmatiche di quel proficuo processo d’integrazione verso cui tutti dobbiamo guardare senza alcun dubbio e tendere con ferma determinazione. Già, l’integrazione: un sostantivo che indica sacrificio, cultura, audacia, ovviamente amore. “Non è facile declinare l’integrazione, perché dietro l’integrazione c’è un mondo”, ha evidenziato, in proposito, nella sua appassionata relazione, elaborata sulla base di una riflessione inerente all’approccio al disagio e ai segni d’integrazione, la dottoressa Annamaria Palummo, Consigliere Nazionale dell’UICI; “un mondo – ha proseguito la Dirigente, che ha, nell’occasione, rappresentato la Presidenza Nazionale UICI – di analisi, di sforzi, d’idee, di fatti, a cui dare respiro quotidianamente, soprattutto in una realtà come la Calabria, ove urgente è la necessità di integrare non solo i disabili, ma ogni persona, al cospetto di un’universalità ove le difficoltà nell’affrontare i vari aspetti del quotidiano risultano generalizzati, non affliggenti specifiche categorie. Giornate come queste servono certamente a sensibilizzare le coscienze su tali argomenti, ma vanno articolate nel complesso della nostra attività, di tutela e sostegno, che l’UICI, da quasi cento anni, e altre associazioni di analoga natura hanno posto come essenza della loro presenza nella realtà italiana; una presenza costante di un grande movimento di pensiero, opinioni e azioni chiamato a garantire effettiva applicazione all’importante corpus di regole, di principi, di leggi relative alla disabilità, ad annullare la dicotomia tra quello che è formale e quello che è sostanziale, a cercare di rendere sempre meno marcata l’accezione di limite connotante il disabile; una presenza, che, nel caso dell’Associazione a cui appartengo, ha prodotto una forza rivendicativa tale da ottenere leggi a nostra tutela, come l’integrazione scolastica, il collocamento mirato, i sussidi economici per il titolo della disabilità, come tante altre risultanze che si collocano in un quadro ove, e su questo ritornerò dopo, le spinosità, dovute a un’ancora lacunosa interazione con le istituzioni, tuttora permangono. Ma, innanzitutto, cerchiamo di dare ulteriori elementi nell’esplicitazione dei motivi che chiamano tutti a occuparsi della disabilità. Oggi non siamo qui a definire la disabilità: ognuno di noi, per il vissuto diretto, familiare o amicale, la conosce, sia essa sensoriale, fisica o psichica. Partiamo dal mio caso, inerente alla minorazione sensoriale visiva, che l’Organizzazione mondiale della Sanità definisce come la minorazione peggiore, perché il limite, la privazione della vista impedisce alla persona l’accesso in qualsiasi ambito sociale, se non correttamente supportata e attrezzata, quindi guidata a un apprendimento diverso, a un’esplorazione diversa, a una conoscenza diversa della società e dello spazio circostante. Il discorso della diversità viene fuori a questo punto e diventa negativo nel momento in cui il contesto sociale non è attrezzato a ottimizzare tale limite, a far funzionare, questo è il termine esatto, le peculiarità che esso, invece, schiude. Come osserva, in proposito l’OMS, mentre la minorazione è qualcosa che va a incidere sulla persona, l’handicap è, piuttosto, qualcosa che la persona riceve. Io, noi, quindi, veniamo definiti handicappati quando, nel contesto sociale, non siamo dotati di quegli strumenti funzionali al superamento del nostro limite. Questo è il punto nodale della questione concernente l’approccio alla realtà della disabilità, a cui dare sbocco attraverso specifici processi d’integrazione, per dare a ognuno di noi la possibilità di agire autonomamente nella società, per poter studiare, lavorare, vivere, dare forma al nostro progetto di vita. Qui è intervenuta l’ONU, che ha anche istituito nel 1981 la Giornata Internazionale delle persone con disabilità, a pronunciarsi su tale questione, che è prima di tutto morale, affinché tutte le Nazioni del mondo lavorino sinergicamente, sulla base di un modello unico, sancito nel 2006, per rendere le situazioni sociali idonee a consentire a tutte le donne e a tutti gli uomini di avere pari diritti e opportunità, ossia lo spiegamento della medesima libertà a ogni membro della famiglia umana. Purtroppo, questi principi, in certi ambienti, non si traducono in concreta positività, dando luogo a stantie derive di marginalizzazione, soprattutto quando gli Enti, come i comuni o le Asl, non riescono ad affrontare efficacemente determinate questioni, non essendo in grado di dare quel sostegno costante che le Associazioni, come, nel mio caso, l’UICI, sono, invece, maggiormente preparate a offrire, fungendo, secondo il principio di sussidiarietà, da agenzie esecutive di quel lavoro di tutela che lo Stato non fa. Attività, questa, che, naturalmente, sarà possibile elargire solo fino a quando queste associazioni, riunite nella FAND, riusciranno a trovare i mezzi che permettono loro di lavorare, assestandosi nel rivolgimento normativo che le sta interessando. In questo senso, occorre mettere a fattor comune quei fondi, che lo Stato mette a disposizione di queste associazioni, insieme con quello che noi progettiamo e a tutto ciò che deve essere seguito, anche direttamente, dalle istituzioni. I problemi, e qui mi riallaccio al ragionamento che stavo svolgendo prima, sorgono nel momento in cui alcune azioni poste in essere dalle nostre associazioni devono necessariamente intersecarsi con quelle degli Enti Locali. Nel momento in cui noi abbiamo l’esigenza di integrarci nel nostro contesto quotidiano, per forza di cose appaiono necessarie le relazioni positive che impostiamo con le Asl e gli Enti locali. Faccio un esempio: c’è tanto bisogno di azioni per l’autonomia e la mobilità dei ciechi e degli ipovedenti, un tema forte e a noi molto caro che, però, non è normato a livello nazionale; in pratica la riabilitazione di un cieco non è considerata un’esigenza vitale. Al contrario, in ogni sede locale, in ogni Asl regionale, dovrebbero esistere protocolli d’intesa con la Regione volti allo sviluppo di progetti dedicati al recupero funzionale del disabile visivo, indispensabili alla definizione di efficaci percorsi riabilitativi in cui l’uso di supporti, come il bastone bianco, trovasse simbiotica interazione con quell’atteggiamento di cura e vicinanza che le nostre associazioni, e gli organismi di volontariato, non faranno mai mancare. Tutto questo darebbe un grande impulso al reale affrancamento del disabile dal disagio e sarebbe elemento denotante un elevato grado di civiltà in una prospettiva complessiva, soprattutto dinanzi a contesti cittadini realmente fruibili, privi di barriere architettoniche, e a realtà sociali depurate da quelle convenzioni subculturali veicolanti l’idea della disabilità come elemento di esclusione sociale, in certi casi da nascondere sulla scorta di un illogico concetto di vergogna che le nostre associazioni si trovano ogni giorno a dover combattere e confutare, segnatamente nella nostra regione. Insomma, noi, come Associazioni, dobbiamo far fronte continuamente a problematiche, a lacune vecchie e nuove, di natura strutturale e normativa, morale e culturale, in un sistema ove la riabilitazione finisce con l’essere esclusivamente compito nostro: compito a cui assolviamo con passione, coscienza e competenza; compito che però, da sole, le Associazioni non possono assolvere in maniera capillare su tutti i territori. Questa è una questione veramente seria, che io ho voluto sottolineare in questa sede, perché laddove c’è spazio e possibilità di veicolare questi messaggi forti noi lo facciamo, nella speranza di far giungere i nostri appelli a quegli interlocutori investiti dalla responsabilità di aiutarci ad approcciare adeguatamente ogni disagio e a dare segnali fattuali in tema d’integrazione. Non dobbiamo stancarci mai di riflettere, di discutere, di insistere, di fare, perché il mondo è per tutti, perché la felicità è per tutti, perché la Vita è per tutti”. Insomma, l’impegno, da parte di tutti, società civile e istituzioni, è qualcosa di apicale importanza nel lungo e arduo cammino verso un tempo finalmente mondato dal soffio dell’effettiva assimilazione tra persone, punti di vista, particolarità, emozioni, trovante vigore nell’impetuoso battito d’ali di quella “buona volontà” in cui risiede la nostra umanità. Ma sperare è possibile, se facciamo tesoro delle testimonianze di altruismo e di servizio che a volte, come domenica 3 dicembre, rischiarano il grigiore della rassegnazione, splendendo nel firmamento dei nostri pensieri come Astri di Solidarietà, di Impegno, di Vita, di “buona volontà”, appunto. Sì, sperare è possibile, soprattutto se consideriamo coloro i quali di questa “buona volontà” sono indefessi alfieri, avendo votato una parte della loro esistenza all’assistenza, all’aiuto, al sostegno degli altri, di quel prossimo che gran parte di noi, sovente, fa finta di non vedere; stiamo parlando di quei giovani, donne e uomini, il cui appellativo è già indicativo della loro vocazione, o meglio, della loro missione nel dare concreta testimonianza di “buona volontà”: essi sono i volontari, i quali, come ha evidenziato, nella sua relazione sulla strutturazione del volontariato tra attualità e prospettive, Roberto Garzelli, presidente del Centro Servizi per il Volontariato di Vibo Valentia, “sono quelle sentinelle, che sospingono la società, gli Enti a rendere meno gravose le difficoltà cagionate da quelle barriere che condizionano negativamente la vita di tutti, non solo dei disabili. Una funzione, quella del volontariato che recentemente è stata oggetto di un intervento di riforma; in relazione a ciò, pur sottolineando la positività insita nel Codice del Terzo Settore, che ha regolamentato il complesso panorama del servizio volontario, va francamente posto l’accento anche sui limiti di questa legge, che, avendo provocato un po’ di confusione su quello che è un caposaldo del volontariato, cioè la gratuità, rischia di stritolare le piccole associazioni. Ecco perché occorre studiare a fondo questo nuova normativa, facendo, nel frattempo, rete: solo così – ha concluso Garzulli – potremo garantire efficacia ai nostri sforzi, alle nostre idee, ai nostri progetti, ai nostri valori; solo così, solo lavorando insieme, potremo fare qualcosa di veramente bello per tutti”. E se il giornalista e sociologo Maurizio Bonanno, moderatore dell’incontro, ha visto, nella “partecipazione dei rappresentanti di tante associazioni, un passo giusto in direzione dell’appello lanciato dal Consigliere Palummo e dal presidente Garzulli”, Rocco Deluca, presidente della sezione territoriale UICI di Vibo Valentia, ha osservato come “l’attenzione degli altri può veramente rendere la vita migliore e la società più bella. Nella nostra individualità – ha proseguito Deluca – siamo resi uguali dalle nostre anime e dall’Amore che esse possono esprimere. Quell’Amore che permette d’affrontare ogni difficoltà, come le barriere che ogni giorno ostacolano il nostro cammino; quell’amore in grado di liberarci dal disagio, il medesimo a cui non dobbiamo arrenderci solo per il fatto di essere stati un po’ meno fortunati degli altri; è con l’amore che si potrà trovare la luce e condividere la gioia”. E’ su tali premesse che è nato il Calendario 2018 “Senza Barriere, Insieme per un Mondo senza Limiti – Esperienze di Vita che abbattono il buio”, un toccante spaccato di quella sensibilità, di quell’ingegno, di quell’indole, di quella forza che ha permesso a sei persone di andare oltre ogni ostacolo, trovando la propria strada e coronandola col successo. Un calendario con i crismi di un raffinato almanacco, che, a prescindere dalle foto e dalle testimonianze dei protagonisti, in esso contenute, è estremamente espressivo, contestualmente all’auspicabile evoluzione dei nostri giorni verso una società sempre più integrata, giacché le esperienze, su cui lo scorrere dei mesi pone l’attenzione, ci narrano segmenti d’esistenza in cui le difficoltà affrontate e brillantemente superate non sono state solo quelle legate all’handicap, ma anche altre, relative, ad esempio, anche alla complessità del territorio ove si sono mossi i primi passi di certi percorsi, in altre parole a questa terra di Calabria, di cui, come già accennato, ha parlato, proprio in tali termini, Annamaria Palummo nel suo intervento, di cui è opportuno reiterare uno stralcio, allorché ha riaffermato come “è da questa terra di Calabria che dobbiamo percorrere queste tappe d’integrazione, perché qui c’è bisogno di rendere realmente e pienamente parte attiva del consesso umano non solo coloro i quali sono portatori di una qualche forma di disabilità. Da quello che conosciamo, da quello che tutti quanti viviamo ogni giorno, dalle criticità che tocchiamo appare cristallino come sia necessario, da parte nostra, integrare proprio il cittadino calabrese nel mondo: nel mondo del lavoro, nella scuola, nella cultura, nella sanità, in ogni ambito, insomma, della socialità. Il disagio che viviamo come calabresi, si aggrega, quindi, precisamente al nostro disagio come portatori di handicap”. E, in questo senso, il summenzionato calendario, introdotto, durante i lavori, da un emozionante filmato, costituisce un possente segnale, soprattutto se consideriamo che tra le sei esperienze proposte ve n’è una riguardante un vedente, il quale, nello specifico, è soprattutto un giovane, un atleta olimpionico calabrese, cosentino, rispondente al nome, decisamente noto, di Giovanni Tocci, talentuoso tuffatore del Centro Sportivo dell’Esercito e dell’ A.S.D. “Cosenza Nuoto”, rappresentato, nel corso del simposio di Vibo Valentia, dalla pallanuotista Giulia Gorlero, portiere del Cosenza e della Nazionale, e da Marco Capanna allenatore della squadra femminile del Cosenza. Un’esperienza, quella di Tocci, che, nel calendario, si integra, è il caso di scriverlo, alla perfezione con quelle di altri cinque professionisti, i seguenti: Alessandro Macedonio, prolifico scrittore; la già citata Annamaria Palummo, la quale, oltre che nella vita associativa e nel lavoro quotidiano, durante gli anni è stata attiva anche come docente, alquanto apprezzata, nei Corsi di Tiflopedagogia presso l’Università della Calabria; Simone Gentile, appassionato docente di Chitarra; Anna Barbaro, poliedrica e solare sportiva; Giuseppe Pastafiglia, stimato psicologo del lavoro. Cinque persone, cinque cittadini esemplari, capaci di infrangere con passione e caparbietà l’oscurità in cui i loro occhi e una società, quella sì, veramente cieca sembravano averli perennemente relegati. Loro cinque e Giovanni Tocci: sei personalità forti, sei passioni, sei dimostrazioni di perseveranza, sei incitamenti a non rinunciare, in nessun caso, ai propri sogni. Importanti, al riguardo, le parole pronunciate da Annamaria Palummo, in merito al suo percorso esperienziale, alla stregua delle altre vite presentate nel calendario, le quali, o di persona o attraverso contributi audio e video, hanno portato il loro saluto al numeroso pubblico che ha assistito al convegno: “Sacrificio e impegno della felicità sono il segno: queste parole – ha spiegato la Dirigente Nazionale dell’UICI – rendono perfettamente, meglio di tante altre elaborazioni verbali, la dimensione precipuamente caratterizzante non solo la mia attività accademica e associativa, bensì la mia vita, che trova la sua strada attraverso i percorsi quotidiani, sovente increspati dai piccoli e grandi ostacoli cagionati dalla mia ipovisione, a lungo fonte di sofferenza e amarezza. Eppure, la mia condizione, filtrata dall’incedere del tempo, da debolezza s’è trasfigurata in forza, nella mia forza: la forza di trovare uno scopo in ogni giorno; la forza di trovare Amore nella comprensione degli altri e con gli altri; la forza di trovare linfa vitale nell’aiutare le sorelle e i fratelli chiamati, come me, a scorgere, in qualche modo, la luce nelle aurore che non si vedono; la forza di ottimizzare le competenze, acquisite nella caparbietà dello studio e affinate nella ricerca e sul campo dell’esistenza, insegnando, anzi, indicando, da una cattedra universitaria, che, durante le lezioni, lascio sempre accessibile alla presenza e alle esperienze del mondo che ci circonda, a tante ragazze e a tanti ragazzi la bellezza di essere utili ai bisognosi, ai più deboli, a coloro i quali rischiano di finire ai margini di questa rutilante società contemporanea; la forza di trovare in tutto questo una fonte di speranza, un orizzonte di vita; soprattutto, la Forza di vedere, comunque, brillare in ogni momento quella Luce che dona calore a ogni battito del nostro Cuore. Coraggio – ha concluso la dottoressa Palummo –, la strada è lunga: andiamo Avanti!”. Una strada che la Sezione territoriale di Vibo sta percorrendo da tempo, anche attraverso questo strumento del Calendario: “Grazie alle testimonianze contenute nel Calendario 2016 e in quello 2017 – ha argomentato Rocco Deluca – , abbiamo posto all’attenzione di tutti il tema delle barriere architettoniche e mentali, queste ultime spesso più resistenti delle prime ma certamente non insuperabili. Abbiamo dimostrato ciò attraverso foto di persone non vedenti impegnate nelle varie attività da noi organizzate. Abbiamo divulgato immagini divenute segni indelebili di abbattimento di ogni erronea concezione della diversità. Questa terza edizione del Calendario intende proseguire sulla strada di una nuova cultura, percorso mai abbastanza agevole, poiché caratterizzato da insidie vecchie e nuove. Per fare ciò, dopo aver reso visibile l’Io posso nel contesto di attività associative e di gruppo, entriamo nella vita quotidiana di quanti, nel lavoro, nell’arte, nello sport, nelle piccole grandi azioni contaminate da ostacoli, sono vincenti: sì, perché ogni semplice passo può divenire un’impresa. Un’impresa da dover compiere solo con la propria determinazione. Così, ogni foto del calendario, frutto prezioso di vita intensamente vissuta, potrà infondere forza e coraggio a quanti si sentono deboli dinanzi alle difficoltà di ogni giorno. Ogni foto, ogni attimo carpito potrà rappresentare una piccola fiammella per illuminare il cammino di ciascuno di noi, particolarmente dei più giovani”. Un cammino che la Sezione UICI vibonese intende continuare speditamente, con l’attività quotidiana a favore degli associati e dei non vedenti in genere, con le tante campagne di prevenzione, con momenti di riflessione, divulgazione e studio, quale la tavola rotonda e il calendario in oggetto, e anche con manifestazioni più “leggere”, quali quelle previste in occasione delle imminenti Festività Natalizie, con un cartellone ove spicca la “Tumbulata Calabrisi”, la cui XIX edizione, programmata per il prossimo 5 gennaio, Vigilia dell’Epifania, alle ore 16.00, presso l’Auditorium dello Spirito Santo, è stata annunciata, a margine dell’incontro, dal Segretario Territoriale dell’UICI Paolo Massaria. Attività, queste, che, unitamente a quelle animate dalle altre associazioni, dal Servizio volontario, dalla “buona volontà” di tante donne e tanti uomini, donano linfa al Cuore, ritemprano lo spirito, inducono, come s’è già scritto, a sperare: a sperare che la contemporaneità riesca ad affrancarsi dall’ottenebrante velo della “disabilità morale”, quella tipologia di disabilità generalizzata, endemica, simile a una forma d’insalubre senso comune, che spesso impedisce a tanti cosiddetti “normali” di “vedere”, perfino di sfuggita, con gli occhi della sensibilità coloro i quali, sono, invece, loro malgrado impossibilitati a vedere i nostri volti e, tuttavia, perfettamente in grado di “sentire” la freddezza dell’indifferenza, conseguente alla “inabilità morale” di cui si diceva poc’anzi, o, viceversa, il calore di un sentimento, d’affetto o d’amore che sia, capace di spazzare via ogni velo e di far volare lo sguardo del nostro animo lontano, lontanissimo, fino ad abbracciare tutto il mondo, fino a planare sul dolce mare della solidarietà e dell’altruismo; quel mare ove tuffarsi, senza paura, con coraggio, consci delle problematiche da affrontare ma con la serena certezza di fare la cosa giusta, colorando di sole la volta della nostra Umanità. Non è sempre facile, non sarà sempre facile, però è doveroso, anzi è vitale: d’altronde, adoperando la stessa immagine metaforica che Giovanni Tocci ha affidato al Calendario, “ tuffarsi è sempre un rischio, ma fa superare le barriere e può far vincere… nello sport e nella vita”. E noi, con la forza della buona volontà, della cultura, del senso civico, la nostra sfida quotidiana dobbiamo vincerla. Per sempre!
Pierfrancesco Greco
Vibo Valentia – Volontariato, integrazione, cultura: a Vibo Valentia un Convegno, un Calendario e tante testimonianze d’altruismo e di vita, di Pierfrancesco Greco
Autore: Pierfrancesco Greco