Incontro con Daniele Regolo, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Commissione NAL (nuove attività lavorative) Coordinatore dott. Valter Calò

Abbiamo programmato una serie di incontri tra i componenti della commissione NAL e personaggi che possano essere presi da esempio o che stimolino tutti noi in quella ricerca di miglioramento personale che ci possa dare del valore aggiunto nella vita di tutti i giorni.
Non vogliamo considerarli e non sono supereroi, ma persone che nonostante una disabilità sono riusciti ugualmente ad emergere fuori da stereotipi e preconcetti comuni.
Iniziamo con il dott. Daniele Regolo, fondatore di un sito già a molti conosciuto, ma non a tutti, www.jobmetoo.com.
Buona lettura
Valter

Jobmetoo: la nuova frontiera dell’e-recruiting per le persone con disabilità
(Intervista a Daniele Regolo, di Eleonora Ballocchi)
Dedichiamo questo spazio ad un progetto imprenditoriale, unico nel suo genere, che riteniamo debba avere quanta più visibilità possibile: Jobmetoo – Disabili e lavoro, il recruiting per Categorie Protette!

Jobmetoo è un’agenzia di ricerca e selezione, riconosciuta dal Ministero del Lavoro, che utilizza una piattaforma web sulla quale viene facilitato l’incontro tra candidati appartenenti alle categorie protette, tra cui vi sono le persone con disabilità, con il mondo del lavoro e delle imprese.
La piattaforma web si struttura su due frangenti: lato candidati e lato aziende. Ai candidati è data l’opportunità di creare gratis un profilo, raccontarsi e descrivere competenze, abilità ed ambizioni, quindi ricevere tutte le offerte di lavoro compatibili. Lato aziende, Jobmetoo si prefigge di trasformare gli obblighi occupazionali di legge in opportunità di crescita e produttività, oltre a rappresentare una vetrina su valori aziendali e mission a finalità sociale.
Una società quindi di e-recruiting, ossia di collocamento attuato attraverso servizi online. Jobmetoo è molto di più… e chi meglio del Presidente e fondatore, Daniele Regolo, poteva spiegarci tutto di questa realtà di successo?

Prima di passare all’intervista, permettetemi una nota personale. Daniele, oltre che un imprenditore tenace ed un esperto delle tematiche relative all’inserimento occupazionale delle persone con disabilità, è per me soprattutto un amico e lo ringrazio di aver accettato l’invito per questa intervista.

***

E – Jobmetoo nasce nel 2012 dalla tua caparbietà e spirito d’iniziativa: puoi ripercorrere con noi le tappe principali che ti hanno portato a costruire una realtà di successo com’è senza dubbio quella di Jobmetoo oggi?

D – Per dirla con una frase semplice e chiara, Jobmetoo è quel portale di cui io avrei avuto bisogno nella ricerca di un lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche conseguita a Macerata, ho conosciuto quindici anni di esperienze lavorative poco organiche, fino all’assunzione a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione in seguito ad un concorso pubblico. Purtroppo, la mansione che mi venne affidata era assai poco compatibile con la mia sordità profonda: addetto allo sportello di front office. Dopo anni duri e logoranti dovuti ad una collocazione impropria (basti pensare alla fatica di leggere labialmente i dati personali degli utenti e inserirli al pc), ho preso la prima vera decisione adulta della mia vita e mi sono dimesso da un impiego a tempo indeterminato per fondare Jobmetoo. Ho iniziato da solo, poi siamo cresciuti fino a diventare la realtà di oggi, realtà che deve percorrere ancora molta strada.

E – In una recente intervista che hai rilasciato a Superando.it, è emerso che, quando vi vengono affidate selezioni di personale, ben l’86% di queste ha esito positivo. Quindi, il mondo del lavoro non è così chiuso come viene dipinto. Ovviamente tali possibilità, riprendendo sempre la tua intervista, sono più elevate per i candidati istruiti e specializzati. Alla luce di questi dati ed in base alla tua esperienza, com’è cambiato negli ultimi anni il rapporto tra aziende e lavoratori con disabilità?

D – Da “ex figlio della Legge 68” devo essere sincero: le aziende mi venivano descritte come alieni insensibili ai problemi dei disabili. Nel ruolo ricoperto oggi, devo dire che non è esattamente così. Le aziende sono composte da persone, e la maggior parte di queste è molto sensibile al tema della disabilità e della diversità in generale. Quello che manca sono gli strumenti e riferimenti adeguati per ottenere le migliori soluzioni. Confermo che per chi è istruito e specializzato è più facile entrare nel mondo del lavoro, ma è anche vero che persone con disabilità pesanti possono essere ben collocate, come sta a dimostrare la significativa esperienza dell’Hotel a Sei stelle. Sempre sul versante sindrome di Down, come Jobmetoo abbiamo seguito la selezione di personale per le farmacie di Milano, insieme al network WoW! Wonderful Work, Fondazione Adecco e Fondazione Guido Muralti.

E – Nella pagina youtube di Jobmetoo, è stato pubblicato un video molto carino nel quale parli del tuo supereroe preferito: Paperinik, affermando che ciò che ti è sempre piaciuto è il fatto che il personaggio che sta dietro questo supereroe è Paperino, il papero più sfortunato (e simpatico) della banda Disney. Una bella frase, quasi un monito, che hai detto è che “…il supereroe è una persona che costruisce il proprio successo a partire dalle sue debolezze”. Colgo l’occasione per chiederti: quali consigli ti senti di dare a tutte quelle persone con disabilità che si affacciano sul mondo del lavoro, affinché riescano a trasformare la loro disabilità, qualcosa che di primo acchito può essere visto come una debolezza, in un’opportunità… Ovviamente, oltre ad iscriversi subito a Jobmetoo… 🙂

D – Prima di tutto occorre dire che una adeguata autostima è un buon punto di partenza. Ho incontrato persone con fior di curricula ma poco fiduciose nei propri mezzi e possibilità. Questo non va bene. E non è giusto. Più nello specifico, il mio suggerimento è di evitare la teoria secondo la quale “ogni lavoro va bene”. Bisogna mettere l’azienda nelle condizioni di valutarci per ciò che vogliamo e sappiamo fare, anche perché è molto più facile dire che si vuol fare un lavoro e trovarlo piuttosto che aprirsi ad ogni possibilità in modo irrealistico. Questi sono i presupposti, il resto viene da sé.

E -tra gli obiettivi della Commissione NAL (Nuove Attività Lavorative) dell’UICI vi è quello di individuare nuove professioni che spostino il baricentro occupazionale delle persone con minorazione visiva dai due capisaldi lavorativi del centralinista e del masso fisioterapista. Quali possono essere, secondo te, ambiti sui quali puntare e, perciò, che possono essere presi in considerazione già dalla scelta dei percorsi formativi dei giovani con problematiche visive?

D – Jobmetoo si propone come una novità anche per la composizione del suo team: persone senza disabilità, persone con disabilità e persone con disabilità in famiglia. Abbiamo avuto per diversi mesi una tirocinante non vedente, di supporto al servizio recruiting. La ragazza in questione esaminava i curricula, faceva interviste telefoniche, smistava le richieste degli utenti, pubblicava annunci e molto altro ancora. Ora lavora in un’agenzia che si occupa di customer care. Insomma, ho citato un solo esempio per dire che i casi possono essere molteplici.

E – Un altro degli obiettivi principali della Commissione NAL è quello legato a riconoscere la possibilità di carriera anche per le persone con disabilità. Pensi che le realtà aziendali siano pronte a questo? Cosa si può concretamente fare per rendere fisiologico l’avanzamento di carriera anche per i lavoratori con disabilità, ovviamente meritevoli, sfondando quella sorta di “soffitto di cristallo” che impedisce oggi come oggi il percorso di crescita a questi professionisti?

D – Domanda centrata e difficile. È vero, ci concentriamo tutti molto sul momento dell’assunzione, e poi, quasi con un sospiro di sollievo, ci lasciamo tutto alle spalle. Ma, come dici tu, se è impedita la possibilità di fare carriera in modo meritato, prima o poi i problemi vengono a galla, non solo per il candidato ma anche per l’azienda. L’unica soluzione sta nel costruire, quotidianamente e faticosamente, in modo appassionato, una cultura globale sulla e della persona con disabilità, cercando di evitare ogni possibile discriminazione. La stessa Convenzione ONU sottolinea l’importanza di avere possibilità di carriera come tutti gli altri.

E – Uno sguardo alla situazione normativa italiana attuale: nel dicembre 2014, in un’interessante intervista che hai rilasciato ad Access Emotion, affermavi testualmente che: “Le categorie “protette” sono talmente protette che non hanno chiare possibilità di ingresso nel mondo del lavoro!”. Era un’affermazione ovviamente ironica, tuttavia, non possiamo nascondere che la norma italiana, per quanto molto avanzata se confrontata con le discipline in vigore in molti altri Paesi, abbia indubbiamente delle pecche. Alla luce dei buoni propositi enunciati nel Job Act (L. n. 183/2014) ed il suo recepimento nei decreti attuativi (in particolare, D.Lgs. n. 151/2015), a tuo parere, quali opportunità di miglioramento sono state colte e, viceversa, quali aspetti importanti sono stati tralasciati?

D – Il Jobs Act ha un forte impatto sulla Legge 68. Sicuramente andare a modificare e migliorare le impalcature legislative che riguardano la disabilità in generale è veramente difficile, ma un cambio era necessario dopo le delusioni che la Legge 68 ha portato. Vorrei essere chiaro: che il Jobs Act abbia lasciato insoddisfatte molte sigle associazionistiche a causa della spinta sulla chiamata nominativa, è un dato di fatto che non si può negare. D’altra parte abbiamo, finalmente, la revisione integrale degli incentivi, insieme ad altri accorgimenti relativi all’aumento della base di computo e alla previsione di un responsabile per l’inserimento mirato. La mia risposta finale quindi è: dobbiamo aspettare qualche anno, inutile tirare le somme troppo presto. Ora abbiamo queste norme, cerchiamo di conoscerle, diffonderle e applicarle. Di sicuro la Legge 68 aveva bisogno di una scossa.

E – Concludiamo con uno sguardo al futuro: il lavoro, come affermato da te in un’intervista alla Fondazione Marco Vigorelli, è la chiave principale per cambiare il modo di pensare la disabilità perché “… decreta la completa autonomia della persona e il suo ruolo nella società.”. Jobmetoo è sicuramente un ottimo strumento con molteplici sfaccettature: una piattaforma di e-recruiting e matching domanda-offerta di lavoro, un blog che parla di disabilità e sociale, uno spazio (People) di raccolta delle testimonianze di persone e aziende che si sono incontrate grazie al portale, una pagina Facebook aggiornata… Quali altre novità avete in cantiere?

D – In effetti con Jobmetoo People, col blog e la pagina Facebook vogliamo portare una visione moderna della disabilità, leggera, se così si può dire. Una visione che si ispira alla Convenzione delle Nazioni Unite, che splendidamente illumina tutti noi – disabili e non – con un nuovo paradigma. Stiamo lavorando perché il sito sia sempre più funzionale e accessibile, con annunci attinenti e mirati, affinché il candidato con disabilità sia sempre maggiormente considerato un lavoratore come tutti gli altri. Manteniamo molto elevata l’attenzione al match, considerando anche le reali compatibilità tra caratteristiche del candidato e mansione richiesta dall’azienda, così come, laddove necessario, lavoriamo sulla cultura aziendale. In generale, vogliamo evolvere muovendo i passi giusti, e questo richiede un continuo scambio con gli utenti: rispondiamo sempre alle loro domande e alle loro osservazioni sia sul social che per posta elettronica.

E –Il mercato del lavoro è sempre più flessibile e votato all’internazionalità. Ad oggi, Jobmetoo è perlopiù legato al contesto italiano, seppur siano presenti varie offerte di lavoro di aziende multinazionali. Guardando al domani: un Jobmetoo oltre i confini nazionali ti piacerebbe?

D – E’ uno dei nostri obiettivi. E quando pensiamo se non sia eccessivo, subito mi viene in mente il mio amico Antonino che, non vedente, gira l’Europa con bastone e smartphone.

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Jobmetoo: la nuova frontiera dell’e-recruiting per le persone con disabilità
(Intervista a Daniele Regolo, di Eleonora Ballocchi)

Dedichiamo questo post ad un progetto imprenditoriale, unico nel suo genere, che riteniamo debba avere quanta più visibilità possibile: Jobmetoo – Disabili e lavoro, il recruiting per Categorie Protette!

Jobmetoo è un’agenzia di ricerca e selezione, riconosciuta dal Ministero del Lavoro, che utilizza una piattaforma web sulla quale viene facilitato l’incontro tra candidati appartenenti alle categorie protette, tra cui vi sono le persone con disabilità, con il mondo del lavoro e delle imprese.
La piattaforma web si struttura su due frangenti: lato candidati e lato aziende. Ai candidati è data l’opportunità di creare gratis un profilo, raccontarsi e descrivere competenze, abilità ed ambizioni, quindi ricevere tutte le offerte di lavoro compatibili. Lato aziende, Jobmetoo si prefigge di trasformare gli obblighi occupazionali di legge in opportunità di crescita e produttività, oltre a rappresentare una vetrina su valori aziendali e mission a finalità sociale.
Una società quindi di e-recruiting, ossia di collocamento attuato attraverso servizi online. Jobmetoo è molto di più… e chi meglio del Presidente e fondatore, Daniele Regolo, poteva spiegarci tutto di questa realtà di successo?

Prima di passare all’intervista, permettetemi una nota personale. Daniele, oltre che un imprenditore tenace ed un esperto delle tematiche relative all’inserimento occupazionale delle persone con disabilità, è per me soprattutto un amico e lo ringrazio di aver accettato l’invito per questa intervista.

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E – Jobmetoo nasce nel 2012 dalla tua caparbietà e spirito d’iniziativa: puoi ripercorrere con noi le tappe principali che ti hanno portato a costruire una realtà di successo com’è senza dubbio quella di Jobmetoo oggi?

D – Per dirla con una frase semplice e chiara, Jobmetoo è quel portale di cui io avrei avuto bisogno nella ricerca di un lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche conseguita a Macerata, ho conosciuto quindici anni di esperienze lavorative poco organiche, fino all’assunzione a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione in seguito ad un concorso pubblico. Purtroppo, la mansione che mi venne affidata era assai poco compatibile con la mia sordità profonda: addetto allo sportello di front office. Dopo anni duri e logoranti dovuti ad una collocazione impropria (basti pensare alla fatica di leggere labialmente i dati personali degli utenti e inserirli al pc), ho preso la prima vera decisione adulta della mia vita e mi sono dimesso da un impiego a tempo indeterminato per fondare Jobmetoo. Ho iniziato da solo, poi siamo cresciuti fino a diventare la realtà di oggi, realtà che deve percorrere ancora molta strada.

E – In una recente intervista che hai rilasciato a Superando.it, è emerso che, quando vi vengono affidate selezioni di personale, ben l’86% di queste ha esito positivo. Quindi, il mondo del lavoro non è così chiuso come viene dipinto. Ovviamente tali possibilità, riprendendo sempre la tua intervista, sono più elevate per i candidati istruiti e specializzati. Alla luce di questi dati ed in base alla tua esperienza, com’è cambiato negli ultimi anni il rapporto tra aziende e lavoratori con disabilità?

D – Da “ex figlio della Legge 68” devo essere sincero: le aziende mi venivano descritte come alieni insensibili ai problemi dei disabili. Nel ruolo ricoperto oggi, devo dire che non è esattamente così. Le aziende sono composte da persone, e la maggior parte di queste è molto sensibile al tema della disabilità e della diversità in generale. Quello che manca sono gli strumenti e riferimenti adeguati per ottenere le migliori soluzioni. Confermo che per chi è istruito e specializzato è più facile entrare nel mondo del lavoro, ma è anche vero che persone con disabilità pesanti possono essere ben collocate, come sta a dimostrare la significativa esperienza dell’Hotel a Sei stelle. Sempre sul versante sindrome di Down, come Jobmetoo abbiamo seguito la selezione di personale per le farmacie di Milano, insieme al network WoW! Wonderful Work, Fondazione Adecco e Fondazione Guido Muralti.

E – Nella pagina youtube di Jobmetoo, è stato pubblicato un video molto carino nel quale parli del tuo supereroe preferito: Paperinik, affermando che ciò che ti è sempre piaciuto è il fatto che il personaggio che sta dietro questo supereroe è Paperino, il papero più sfortunato (e simpatico) della banda Disney. Una bella frase, quasi un monito, che hai detto è che “…il supereroe è una persona che costruisce il proprio successo a partire dalle sue debolezze”. Colgo l’occasione per chiederti: quali consigli ti senti di dare a tutte quelle persone con disabilità che si affacciano sul mondo del lavoro, affinché riescano a trasformare la loro disabilità, qualcosa che di primo acchito può essere visto come una debolezza, in un’opportunità… Ovviamente, oltre ad iscriversi subito a Jobmetoo… 🙂

D – Prima di tutto occorre dire che una adeguata autostima è un buon punto di partenza. Ho incontrato persone con fior di curricula ma poco fiduciose nei propri mezzi e possibilità. Questo non va bene. E non è giusto. Più nello specifico, il mio suggerimento è di evitare la teoria secondo la quale “ogni lavoro va bene”. Bisogna mettere l’azienda nelle condizioni di valutarci per ciò che vogliamo e sappiamo fare, anche perché è molto più facile dire che si vuol fare un lavoro e trovarlo piuttosto che aprirsi ad ogni possibilità in modo irrealistico. Questi sono i presupposti, il resto viene da sé.

E -tra gli obiettivi della Commissione NAL (Nuove Attività Lavorative) dell’UICI vi è quello di individuare nuove professioni che spostino il baricentro occupazionale delle persone con minorazione visiva dai due capisaldi lavorativi del centralinista e del masso fisioterapista. Quali possono essere, secondo te, ambiti sui quali puntare e, perciò, che possono essere presi in considerazione già dalla scelta dei percorsi formativi dei giovani con problematiche visive?

D – Jobmetoo si propone come una novità anche per la composizione del suo team: persone senza disabilità, persone con disabilità e persone con disabilità in famiglia. Abbiamo avuto per diversi mesi una tirocinante non vedente, di supporto al servizio recruiting. La ragazza in questione esaminava i curricula, faceva interviste telefoniche, smistava le richieste degli utenti, pubblicava annunci e molto altro ancora. Ora lavora in un’agenzia che si occupa di customer care. Insomma, ho citato un solo esempio per dire che i casi possono essere molteplici.

E – Un altro degli obiettivi principali della Commissione NAL è quello legato a riconoscere la possibilità di carriera anche per le persone con disabilità. Pensi che le realtà aziendali siano pronte a questo? Cosa si può concretamente fare per rendere fisiologico l’avanzamento di carriera anche per i lavoratori con disabilità, ovviamente meritevoli, sfondando quella sorta di “soffitto di cristallo” che impedisce oggi come oggi il percorso di crescita a questi professionisti?

D – Domanda centrata e difficile. È vero, ci concentriamo tutti molto sul momento dell’assunzione, e poi, quasi con un sospiro di sollievo, ci lasciamo tutto alle spalle. Ma, come dici tu, se è impedita la possibilità di fare carriera in modo meritato, prima o poi i problemi vengono a galla, non solo per il candidato ma anche per l’azienda. L’unica soluzione sta nel costruire, quotidianamente e faticosamente, in modo appassionato, una cultura globale sulla e della persona con disabilità, cercando di evitare ogni possibile discriminazione. La stessa Convenzione ONU sottolinea l’importanza di avere possibilità di carriera come tutti gli altri.

E – Uno sguardo alla situazione normativa italiana attuale: nel dicembre 2014, in un’interessante intervista che hai rilasciato ad Access Emotion, affermavi testualmente che: “Le categorie “protette” sono talmente protette che non hanno chiare possibilità di ingresso nel mondo del lavoro!”. Era un’affermazione ovviamente ironica, tuttavia, non possiamo nascondere che la norma italiana, per quanto molto avanzata se confrontata con le discipline in vigore in molti altri Paesi, abbia indubbiamente delle pecche. Alla luce dei buoni propositi enunciati nel Job Act (L. n. 183/2014) ed il suo recepimento nei decreti attuativi (in particolare, D.Lgs. n. 151/2015), a tuo parere, quali opportunità di miglioramento sono state colte e, viceversa, quali aspetti importanti sono stati tralasciati?

D – Il Jobs Act ha un forte impatto sulla Legge 68. Sicuramente andare a modificare e migliorare le impalcature legislative che riguardano la disabilità in generale è veramente difficile, ma un cambio era necessario dopo le delusioni che la Legge 68 ha portato. Vorrei essere chiaro: che il Jobs Act abbia lasciato insoddisfatte molte sigle associazionistiche a causa della spinta sulla chiamata nominativa, è un dato di fatto che non si può negare. D’altra parte abbiamo, finalmente, la revisione integrale degli incentivi, insieme ad altri accorgimenti relativi all’aumento della base di computo e alla previsione di un responsabile per l’inserimento mirato. La mia risposta finale quindi è: dobbiamo aspettare qualche anno, inutile tirare le somme troppo presto. Ora abbiamo queste norme, cerchiamo di conoscerle, diffonderle e applicarle. Di sicuro la Legge 68 aveva bisogno di una scossa.

E – Concludiamo con uno sguardo al futuro: il lavoro, come affermato da te in un’intervista alla Fondazione Marco Vigorelli, è la chiave principale per cambiare il modo di pensare la disabilità perché “… decreta la completa autonomia della persona e il suo ruolo nella società.”. Jobmetoo è sicuramente un ottimo strumento con molteplici sfaccettature: una piattaforma di e-recruiting e matching domanda-offerta di lavoro, un blog che parla di disabilità e sociale, uno spazio (People) di raccolta delle testimonianze di persone e aziende che si sono incontrate grazie al portale, una pagina Facebook aggiornata… Quali altre novità avete in cantiere?

D – In effetti con Jobmetoo People, col blog e la pagina Facebook vogliamo portare una visione moderna della disabilità, leggera, se così si può dire. Una visione che si ispira alla Convenzione delle Nazioni Unite, che splendidamente illumina tutti noi – disabili e non – con un nuovo paradigma. Stiamo lavorando perché il sito sia sempre più funzionale e accessibile, con annunci attinenti e mirati, affinché il candidato con disabilità sia sempre maggiormente considerato un lavoratore come tutti gli altri. Manteniamo molto elevata l’attenzione al match, considerando anche le reali compatibilità tra caratteristiche del candidato e mansione richiesta dall’azienda, così come, laddove necessario, lavoriamo sulla cultura aziendale. In generale, vogliamo evolvere muovendo i passi giusti, e questo richiede un continuo scambio con gli utenti: rispondiamo sempre alle loro domande e alle loro osservazioni sia sul social che per posta elettronica.

E –Il mercato del lavoro è sempre più flessibile e votato all’internazionalità. Ad oggi, Jobmetoo è perlopiù legato al contesto italiano, seppur siano presenti varie offerte di lavoro di aziende multinazionali. Guardando al domani: un Jobmetoo oltre i confini nazionali ti piacerebbe?

D – E’ uno dei nostri obiettivi. E quando pensiamo se non sia eccessivo, subito mi viene in mente il mio amico Antonino che, non vedente, gira l’Europa con bastone e smartphone.

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Mi auguro che questa sia stata una bella chiacchierata utile a far conoscere una realtà imprenditoriale interessante, un servizio utile ed una vera e propria opportunità per quanti vogliano davvero mettersi in gioco.

Grazie infinite a Daniele, per la disponibilità ed il tempo che ci ha dedicato ed un grande “in bocca al lupo” per l’importante lavoro che porta avanti con il suo team e per tutte le sfide future che gli auguriamo di vincere.

Mi auguro che questa sia stata una bella chiacchierata utile a far conoscere una realtà imprenditoriale interessante, un servizio utile ed una vera e propria opportunità per quanti vogliano davvero mettersi in gioco.

Grazie infinite a Daniele, per la disponibilità ed il tempo che ci ha dedicato ed un grande “in bocca al lupo” per l’importante lavoro che porta avanti con il suo team e per tutte le sfide future che gli auguriamo di vincere.