Il Tiflologo, chi è costui?, di Luciano Paschetta e Gianluca Rapisarda

Autore: Luciano Paschetta e Gianluca Rapisarda

La recente riunione del “coordinamento degli Enti “ collegati all’U.I.C.I. ha messo al centro del proprio dibattito la necessità di dar vita ad una “autority” delle scienze tiflologiche, che si configuri come un vero e proprio “network” a supporto dell’inclusione dei non vedenti e degli ipovedenti. Una necessità questa segnalata da tempo, ma che solo ora, grazie all’impegno dell’attuale Presidenza Nazionale dell’Unione ciechi, ha trovato il motore propulsore per la sua concreta attivazione.
Strettamente legata a questo nuovo corso della tiflologia è la definizione di chi sia il “tiflologo. Una figura questa, di cui tutti parlano, spesso invocata come “deus ex machina” per la risoluzione dei problemi connessi all’educazione ed all’istruzione dei disabili visivi, ma sulla quale manca una attenta riflessione su quale debbano essere il profilo professionale, il suo percorso formativo ed il suo ruolo nel processo di crescita ed emancipazione del minorato della vista.
Vogliamo qui soffermarci per dare il nostro contributo a tale riflessione e per fare un po’ di chiarezza sull’argomento.
La cosa non risulta assolutamente semplice , in quanto ogni volta che abbiamo provato a definire il ruolo professionale del tiflologo, ci risuonava nella mente una domanda: “Il tiflologo, chi è costui?”
La questione non è capziosa e la domanda non è banale : infatti, non è casuale se tale figura non compare in nessuna delle classificazioni internazionali riferite agli operatori che si occupano dell’educazione e dell’istruzione dei privi della vista.
Definire il tiflologo è come osservare un quadro impressionista: visto da lontano, le figure in esso rappresentate sembrano ben definite e stagliarsi nettamente sullo sfondo, ma, via via che ci si avvicina, esse diventano sempre più confuse fino a scomporsi in macchie di colore, confondendosi con lo sfondo e perdendo l’iniziale unicità delle forme.
Allo stesso modo i non “addetti ai lavori” che hanno una conoscenza “lontana” della psicologia dell’età evolutiva, della psicopedagogia e della didattica, spesso tendono a pensare al tiflologo come il “tuttologo” o l’”onnisciente”, cioè come colui che “solo” risolve tutti i problemi dello sviluppo e dell’educazione dei disabili visivi di tutte le età. “Guardato da vicino “ da chi di educazione e di formazione si occupa, questa unicità si frammenta: il tiflologo, a seconda della situazione in cui si trova ad operare, dovrebbe essere : uno psicologo dell’età evolutiva od un operatore di nido d’infanzia, quando interviene su un bambino dagli zero ai tre anni; maestro di scuola materna, quando opera con bambini dai 3 ai 6 anni; competente di didattica di scuola primaria ed educatore di orientamento e mobilità e autonomia personale, quando si occupa di educazione di bambini a partire dai 6 anni in poi; ed in seguito sarà informatico, orientatore scolastico e professionale e così via.
Questo evidenzia come il tiflologo, se non definito nel suo ruolo, può essere immaginato e, spesso lo è stato, come l’educatore unico dei disabili visivi, mentre è proprio questa l’illusione dalla quale occorre uscire.
La definizione utilizzata a livello internazionale di “esperto nelle scienze tiflologiche” ci aiuta in tal senso, chiarendo che il suo ruolo non può essere: né quello dell’insegnante o dell’educatore, né quello dell’esperto di informatica o dell’operatore di orientamento e mobilità, né quello dell’esperto di orientamento scolastico o professionale; meno che mai egli potrà sostituirsi allo psicologo o al neuropsichiatra infantile, ed allora ecco tornare la domanda: “Il tiflologo, chi è costui?”
Egli è, appunto, un esperto nelle scienze tiflologiche e, come tale, saprà: indicare gli aspetti critici dello sviluppo psicomotorio in assenza della vista e come si faccia a superarli con successo; chiarire gli aspetti specifici della percezione della realtà in mancanza della vista; valutare la funzionalità del residuo visivo in relazione al lavoro didattico e/o professionale; insegnare come si educa un minorato della vista alla “lettura” delle rappresentazioni grafiche bidimensionali (grafici, piantine toponomastiche e cartine, ecc); sapere quando è indispensabile l’insegnamento del metodo Braille, piuttosto che quali siano i sussidi per gli ipovedenti per rendere autonomo il bambino con disabilità visiva nella letto-scrittura; illustrare quali siano gli accorgimenti ed i sussidi per rendere efficace la didattica in presenza di un cieco assoluto e/o di un ipovedente grave; sapere insegnare l’uso del PC con le periferiche assistive (screen reader, display Braille, software ingrandenti, ecc.); conoscere i giochi idonei al bambino con gravi problemi di vista; indicare quali siano le opportunità di accesso all’informazione (quotidiani e riviste on line accessibili, biblioteche digitali, audiolibri , ecc.); suggerire come si “adatta” un testo di scuola primaria od un testo letterario o scientifico affinché il privo della vista o l’ipovedente lo possano utilizzare appieno; spiegare quali siano le possibilità di orientamento, mobilità e di autonomia personale raggiungibili alle diverse età e nelle diverse situazioni da chi ha problemi di vista; valutare l’idoneità di una situazione di lavoro e la sua adattabilità al cieco o all’ipovedente. Questo solo per esemplificare gli ambiti delle sue principali competenze, competenze che egli potrà trasmettere, quale formatore, in percorsi formativi specifici rivolti alle diverse figure professionali che intervengono alle diverse età e situazioni nel processo di istruzione e formazione dei giovani e degli adulti con disabilità visiva.
Al riguardo ricordiamo, quale esempio di eccellenza, come questo sia l’obiettivo dell’accordo sottoscritto recentemente dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti con l’ordine degli psicologi ai quali l’I.Ri.Fo.R. si appresta a fornire la formazione specifica. Non meno rilevante e lungimirante ci sembra il recente avvio del master in Typhlology Skilled Educator (“esperto nelle scienze tiflologiche”), voluto fortemente dal Presidente Nazionale dell’U.I.C.I. Mario Barbuto e dal componente la Direzione Nazionale della stessa Unione Marco Condidorio e realizzato grazie alla fattiva e sinergica collaborazione tra l’Unimol e l’I.Ri.Fo.R. Il nostro auspicio è che da tale master universitario, oggi esperienza sperimentale pilota nel Molise, possa nascere il modello formativo di riferimento che, recepito come “buona pratica” dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca , possa essere disseminato in tutta Italia.
Ritornando alle competenze dell’esperto nelle scienze tiflologiche, secondo noi, egli potrà, altresì, operare sul campo, affiancandosi in alcuni momenti di programmazione (GLH, consiglio di classe, ecc.) e di azione (didattica del Braille, predisposizione del materiale didattico, presentazione delle periferiche assistive per l’informatica, ecc.) a chi sta operando con il minorato della vista (insegnante, educatore, assistente,ecc.). In tutti i casi con la finalità di trasmettere le conoscenze e le competenze loro necessarie a renderli “capaci” di esercitare il proprio ruolo nei confronti del disabile visivo come con i compagni e di definirne correttamente gli obiettivi educativi , scolastici e di autonomia personale, così da sviluppare un “progetto di vita“ finalizzato alla sua inclusione socio-lavorativa.
Questa integrazione tra esperti nelle scienze tiflologiche e studiosi di scienze umane, grazie al sopraccitato nascente “network per l’inclusione”, dovrebbe realizzarsi anche nell’ambito della ricerca psicopedagogica, così che il progresso nella tiflologia proceda parallelamente all’evoluzione scientifica delle scienze affini.
Queste, a nostro avviso, le linee guida che dovrebbero orientare l’azione del costituendo “network per l’inclusione” od “autority” delle scienze tiflologiche nella proposta di iniziative di ricerca, nella definizione del ruolo e del profilo professionale dei futuri “esperti nelle scienze tiflologiche”, , nell’organizzarne il relativo percorso formativo e nel predisporre le iniziative di formazione per le diverse figure professionali che si trovano ad operare con i privi della vista.
Solo con un progetto di sistema, guidato da quelle realtà che negli ultimi cento anni si sono occupati di educazione, istruzione, formazione ed inserimento lavorativo dei disabili visivi (UICI, Federazione Pro Ciechi, Biblioteca per i ciechi, I.Ri.Fo.R. ecc.), ma sviluppato in modo integrato con il MIUR e con l’intero contesto della formazione e dell’istruzione, il “tiflologo”, uscendo dal limbo e dall’”indefinito” che oggi lo caratterizzano e diventando l’“esperto nelle scienze tiflologiche”, potrà aspirare ad avere un ruolo riconosciuto dall’intera comunità scientifica .

Luciano Paschetta
Direttore centrale IRIFOR

Gianluca Rapisarda
Direttore junior IRIFOR