Direttrice responsabile: Susanna Guarino
Registrazione Tribunale di
Siena n. 3 del 5/8/2014.
Con il contributo di: ESTRA
Sezione Cavaliere Attilio Borelli
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Il nostro arcobaleno
La settimana dei campi solari dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Siena
La settimana dei campi solari dell’Unione ciechi e ipovedenti di Siena è stata soprattutto una settimana piena di allegria. Giornate in cui è stato ancora più tangibile il senso del nome dell’associazione, si sono infatti ritrovate persone con percorsi di vita totalmente diversi tra loro, ma uniti dal buio. Chi è nato cieco, chi lo è diventato per una malattia, chi è ipovedente.
Questo intrecciarsi di strade diverse si è incrociato poi con quelle degli operatori della sezione e della sede ospitante della fattoria sociale La mattonaia, creando colori in un mondo sfuocato o addirittura invisibile. Perché per questa settimana al buio non ci può essere parola più indicata di “arcobaleno”. Pittori di questa tela ideale tutti coloro che hanno partecipato, grazie a una tavolozza di colori fornita dal presidente della sezione che ha organizzato vari laboratori. Sono così riusciti a esternare la propria caparbietà tramite il l kung fu, ad immaginare personaggi e storie grazie alla scrittura creativa, a esprimere curiosità nell’accarezzare gli animali della fattoria, consapevolezza del proprio corpo tramite lo shiatsu, a gettarsi nei ricordi grazie alla stanza del silenzio delle terme di Chianciano, a impegnarsi tutti insieme nell’attività del coro. Fino ad arrivare al momento in cui, tutti in cerchio, sono stati invitati a ringraziare loro stessi per qualcosa, rendendo i colori di quell’arcobaleno ancora più accesi e vivaci, come Lucia che dice “grazie a me stessa perché so apprezzare le piccole cose della vita” o Salvatore “in questi anni ho trovato dentro di me una forza che non credevo di avere, o di Alessandro per l’impegno che mette in tutto ciò che fa mentre persegue il sogno di diventare Avvocato, o di Pia “perché so essere comprensiva con gli altri e con me stessa”. Ecco perché questa settimana al buio diventata arcobaleno si può riassumere con le parole di Federico, trentenne non vedente dalla nascita “Fede, tu perché ringrazi te stesso?” “Perché sono felice”.
Selene Bisi Fineschi
OPINIONI A CONFRONTO
Il Congresso che vorrei
Come è noto il 23º Congresso Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, per la seconda volta consecutiva, si svolgerà a Chianciano Terme dal 5 al 8 novembre. Questo è sicuramente un segno di riconoscenza da parte del Presidente Nazionale e di tutta l’associazione verso la nostra sezione che in questi ultimi anni, grazie soprattutto al Presidente, si è distinta per le innumerevoli iniziative e per i risultati conseguiti. La cosa ci gratifica enormemente e nello stesso tempo ci stimola a fare ancora di più e meglio. Purtroppo, da quanto mi risulta, nel corso dell’assemblee sezionali, salve qualche eccezioni, si è parlato poco di progetti sul futuro dell’associazione, da portare in discussione nell’assise congressuale. Tuttavia, ad oggi, esiste il documento approvato dalla Commissione nazionale per le modifiche allo statuto sociale che costituisce un punto di riferimento da perfezionare nell’assemblea congressuale e si è tenuto un convegno a Napoli, sui problemi del lavoro dal quale dovrebbe uscire un documento da approfondire nel Congresso. Da qui al Congresso, a mio parere, sarebbero opportune altre iniziative sull’istruzione e la formazione professionale, sulle barriere architettoniche, sull’assistenza sanitaria e sociale ecc.
Per quanto riguarda le iniziative già programmate e auspicate mi riservo di intervenire prossimamente; intanto vorrei dire qualche cosa sulle proposte di modifica allo statuto. Per quanto riguarda le modalità di elezione dei presidenti sezionali, non mi sembra che attualmente questi non rappresentino adeguatamente a tutti gli effetti le sezioni. Inoltre, l’elezione da parte dell’assemblea potrebbe comportare, nel corso di dimissioni del presidente, lunghi periodi di vuoto amministrativo rispetto ad oggi. Se si aggiunge che ogni candidato presidente deve presentare una propria lista, questo potrebbe acuire le divergenze e le rivalità personali già esistenti in molte sezioni.
Un’ altra osservazione la vorrei fare anche per quanto riguarda la proposta di portare a cinque il numero di consiglieri nelle sezioni più piccole, capisco le difficoltà a trovare persone disponibili a lavorare, ma riducendo i consiglieri potrebbe diminuire anche la possibilità di avere un ricambio nella gestione futura di queste sezioni. Infine per quanto riguarda la proposta di eleggere consiglieri regionali nell’assemblea regionale costituita dai consiglieri delle sezioni, vorrei ricordare che è stata sperimentata negli anni 90 ma è stata modificata nel congresso successivo, perché di fatto metteva la gestione delle nomine nelle mani dei presidenti delle sezioni e toglieva la centralità dei soci nella scelta dei consiglieri regionali. Capisco la rivendicazione da parte delle sezioni più grandi di avere una rappresentanza più equa rispetto al numero dei soci e per questo propongo che nelle sezioni con più di un certo numero di soci vengano eletti due consiglieri regionali. In questo modo tutte le sezioni sarebbero equamente rappresentate e non si toglierebbe la centralità dei soci nella scelta dei consiglieri regionali. Infine, sempre a proposito della modifica dello statuto, mi permetto di suggerire la proposta, già avanzata tempo fa su questo giornale, di far partecipare alle nostre assemblee, con diritto di voto attivo, anche i ciechi e gli ipovedenti non iscritti in possesso dei requisiti previsti dalla legge 138 del 2001. Questa sì che sarebbe un’ innovazione! dal momento che all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è affidata per legge la tutela degli interessi morali e materiali dei ciechi e degli ipovedenti e che l’Unione, nei limiti della proprie possibilità, fornisce servizi a tutti coloro che sono in possesso dei requisiti sanitari della suddetta legge, non vedo perché chi non è iscritto all’associazione non debba essere coinvolto nelle scelte di politica associativa e nelle elezioni dei consiglieri sezionali, regionali e dei delegati al congresso nazionale fra gli iscritti all’Unione. Sono convinto che attuando la suddetta modifica l’associazione avrebbe da guadagnare sia in democrazia, sia in forza contrattuale in quanto potrebbero aumentare anche gli iscritti. Dallo statuto si possono capire le linee guida dell’associazione ma quello che più conta è la capacità di individuare i problemi e di affrontarli con determinazione.
Per questo ritengo sia importante che da qui al Congresso si costruiscano iniziative su altre tematiche come la prevenzione (la cura e la riabilitazione) delle malattie oftalmiche, l’istruzione, la formazione professionale per fare emergere le potenzialità della persona, le barriere architettoniche che nonostante le leggi esistenti non accennano a diminuire; l’assistenza sanitaria, sociale dignitose ecc. in modo che dal congresso possa uscire una linea chiara e qualitativamente valida, tale da poter stimolare e incalzare le istituzioni della società civile, affinché affrontino con determinazione le problematiche che ci riguardano. Ecco il Congresso che vorrei!
Pierino Bianchini
IMMAGINI E PAROLE
Anna Karenina – un amore fatale
Le scene del film “Anna Karenina”, realizzato dal regista Joe Wright e uscito nelle sale cinematografiche nel 2012, scorrono velocemente l’una dopo l’altra, quasi rincorrendosi, rivelate da un vero e proprio sipario che si apre davanti agli occhi dello spettatore e, dipanandosi come atti teatrali che si intrecciano su un palcoscenico, ci raccontano la storia di Anna, la protagonista dell’omonimo romanzo di Lev Tolstoj, pubblicato nella sua prima completa edizione nel 1887.
La figura di Anna, una giovane donna aristocratica della Russia dell’Ottocento, viene introdotta dall’autore, e dal regista, solo dopo l’apparizione di altri due personaggi: Stepàn “Stiva” Arkad’ic Oblònskij, un ufficiale civile, e la moglie Dar’ja “Dolly” Aleksandrovna: la crisi del loro matrimonio, causata dai numerosi tradimenti di lui, costituisce infatti il pretesto che porterà lo spettatore a conoscere Anna, sposata a San Pietroburgo con l’ufficiale governativo Aleksej Karenin, e chiamata a venire in visita a Mosca per aiutare il fratello e la cognata a ritrovare la serenità della loro unione. All’arrivo in stazione Anna incontra il conte Aleksej Kirillovic Vronsky, un affascinante ufficiale dell’esercito che aspettava la madre in viaggio sul suo stesso treno. I due si ritrovano la sera stessa ad un ricevimento dell’alta società moscovita e Anna, sorpresa e al contempo turbata dalla reazione che il corteggiamento del giovane provoca in lei, decide di ripartire già il giorno seguente per San Pietroburgo. Vronsky però la segue sullo stesso treno continuando a corteggiarla e a tentarla nel lasciarsi andare a quella passione proibita, persuadendola ad infrangere i propri doveri di moglie in un matrimonio comunque, a detta di lei, infelice, e portandola dunque a sfidare in tal modo ogni convenzione sociale. Anna si rende conto di non poter resistere alla forza travolgente del sentimento che irrompe dentro di lei e inizia così fra i due una relazione segreta che la porterà a rimanere incinta. La Karenina in società non riesce a nascondere la devozione e l’amore che nutre nei confronti di Vronsky, tanto che il marito, oltre ad essersi accorto e a tentare di coprire tutto per evitare lo scandalo, le ordina di chiudere la relazione con il conte e tornare ad essere una moglie fedele. Ma lei non riesce a rinnegare i propri sentimenti e a domare i propri desideri e, al contrario di Dar’jaAleksandrovna, decide di andare fino in fondo, abbandonando il marito e, addolorata, il figlio. La convivenza con Vronsky però non si rivela facile come ella si aspettava: serie difficoltà al momento del parto la portano quasi a perdere la vita e le malelingue e i pettegolezzi dei nobili suoi conoscenti continuano a gettare veleno sul suo conto. Anna cade in un vortice di paranoia e dolore: inizia a sentirsi trascurata dall’amato compagno, a notare la sua assenza nei suoi confronti e a sospettare tradimenti; sente inoltre forte nostalgia del figlio e si rende amaramente conto di non nutrire lo stesso sconfinato amore per la figlia avuta da quella relazione clandestina. Alla storia di Anna si intersecano le vicende di altri personaggi appartenenti alla società aristocratica russa. Il regista narra di loro, dei loro sentimenti, e delle loro passioni, spesso rinnegati e non vissuti, dei loro dolori soffocati e del coraggio che non dimostrano né a se stessi né agli altri, senza però tralasciare l’esperienza di personaggi come Kitty, sorella minore di Dar’ja Aleksandrovna, la cui vita sembra imboccare la strada della serenità in un amore ritrovato, e rimanere salva dal destino di infelicità che travolge quelle degli altri personaggi.
L’autore e il regista, in questo modo, sembrano voler raccontare non solo il contesto dell’alta società russa di fine Ottocento, ma anche e soprattutto l’esistenza umana come esperienza; attraverso il vissuto di Anna infatti Tolstoj tenta di rompere con gli schemi fissi di una classe sociale che già di per se appare rigida e opprimente, negando la libertà all’individuo che vive chiuso in essa. Quello di Anna è un tentativo di emancipazione che si conclude con il tragico fallimento di aspettative deluse, con la sconfitta delle proprie speranze, la perdita della propria dignità. Si sente abbandonata a se stessa, ormai fuori da un mondo che non la vuole più, che non è più in grado di proteggerla ma soltanto di condannarla. È interessante notare infine che alcuni dettagli che arricchiscono le scene e gli avvenimenti narrati sia nel libro che nel film, sembrano farsi presagio della fine tragica, funesta: dettagli ai quali la protagonista assiste e che vedono il proprio destino già segnato.
Martina Medori e Rossella Miccichè
ESPERIENZE DI VITA
“L’unico capolavoro è vivere” Gilbert Cesbron
Palazzo Strozzi come non l’avete mai visto
Questo pezzo che state per leggere è un meraviglioso tuffo nelle emozioni di un’adolescente non vedente dalla nascita.
Ci muoveremo insieme a lei nei corridoi di palazzo Strozzi a Firenze e ci stupiremo per come si può vivere un’esperienza piena e soddisfacente anche chiudendo gli occhi. La vista mostra sfumature, ombreggiature, chiaroscuri che si impongono davanti a noi in modo direi quasi violento. L’ascolto e il tatto invece vanno scelti, cercati, ci fanno fermare, dobbiamo prestarci attenzione come si fa con le cose preziose. Per questo motivo sono felice di dare spazio alle parole di Soemi, che ci racconta la sua gita nel palazzo fiorentino.
Venerdì 17 aprile ho aderito all’esperienza a Palazzo Strozzi promossa dall’insegnante di storia dell’arte.
Prima di partire ero un po’ agitata, e avevo paura di non trovare una guida disposta a farmi apprezzare in pieno tutto ciò che il museo offriva; quando sono arrivata lì, invece, tutto mi è sembrato più semplice e le mie preoccupazioni si sono alleggerite, fino a svanire completamente.
Per prima cosa ho messo l’auricolare, per poter sentire la guida che ci forniva spiegazioni durante il percorso; poi mi è stato chiesto di mettere i guanti per evitare che le statue si rovinassero.
In quel momento mi sono sentita un po’ a disagio perché con i guanti non riuscivo bene a capire i particolari, quali materiale, superficie liscia o ruvida eccetera. Fortunatamente ho avuto il
coraggio di riferire le mie sensazioni alla guida, che è stata così gentile da permettermi di toccare le statue senza l’uso dei guanti appositi, anche se non era concesso.
Della prima statua, essendo molto alta, ho potuto toccare solo i piedi: erano freddi al tatto, e apparivano a tratti lisci e a tratti ruvidi, poiché la figura indossava degli stivali piuttosto alti, più o meno fino al ginocchio. Ho capito che gli stivali erano alti fino al ginocchio, perché la guida mi ha permesso di salire su una specie di gradino situato davanti alla statua, ma anche quello in realtà non era concesso. Poi mi sono soffermata a toccare una statua che raffigurava una testa di cavallo. Era anch’essa in bronzo, quindi fredda al tatto. Successivamente sono entrata in una sala, in cui, attraverso statue divari materiali, veniva mostrato il processo di lavorazione del bronzo.
Le statue che erano in quella sala raffiguravano la stessa persona, ma erano comunque differenti l’una dall’altra. La prima era in cera, liscia e morbida e non molto fredda; la seconda era in bronzo e intorno ad essa c’erano delle asticelle dette sfiatatoi. Non mi è piaciuta molto quella statua, poiché la presenza degli sfiatatoi mi impediva di apprezzarla in tutta la sua bellezza. L’ultima statua che ho toccato in quella sala, è stata per me la più bella, senza nulla togliere alle altre. Era la statua che rappresentava il bronzo completamente lavorato: essa era infatti molto liscia, piacevole da toccare a tal punto che non volevo più andar via da lì. In seguito ho visitato una sala completamente dedicata alla dea Minerva, all’interno della quale c’erano cinque o sei riproduzioni della stessa figura, di materiale e dimensioni differenti, dal bronzo a materiali plastici piuttosto ruvidi. La cosa che mi ha colpito di più di quelle statue era il fatto che ognuna metteva in evidenza un diverso particolare: l’elmo, la corazza eccetera. Ricordo tutto come se fosse ieri, dato che per me è stata un’esperienza entusiasmante e indimenticabile, forse la più bella ed emozionante fino ad oggi. Spero di ripetere presto un’esperienza simile, e di ritrovare una guida tanto disponibile come quella che mi ha accompagnata in questa splendida avventura.
Elena Ferroni, Soemi Alberigo
CONSIGLI DI LETTURA
“La giostra degli scambi” di Andrea Camilleri
La Giostra degli Scambi, l’ultimo libro con protagonista il commissario Montalbano dato alle stampe nell’Aprile 2015. Comincia con una mosca che infastidisce il commissario impedendogli di riprendere sonno, dopo essersi svegliato di buon ora. Quando riesce a schiacciarla si accorge che un’altra mosca gira indisturbata sul suo letto. Il poliziotto si sente in colpa: “E se non fosse lei quella che mi ha disturbato impedendomi di dormire?” pensa. Da questo primo scambio prende il via il romanzo che potremmo definire una “commedia degli scambi”. Infatti, poco dopo, i carabinieri prendono Montalbano per l’autore di una rissa e lo arrestano. Appena torna a casa scopre che la cameriera ha preso a padellate un gentiluomo scambiandolo per un ladro.
In commissariato, un uomo chiede di essere ricevuto dal commissario e non ci riesce, perché il suo appuntamento viene rinviato in continuazione. Il giallo vero e proprio riguarda una ragazza che viene narcotizzata ma quando si risveglia non le è stato fatto alcun male e non le è stato rubato niente. “Non sarà mica stato uno scambio di persona?” è quello che viene in mente ai poliziotti che avviano l’indagine. Poco dopo Salvo viene a sapere di un’altra giovane che ha subito lo stesso trattamento. Pensa subito che la situazione sfuggirà di mano al malvivente, infatti, il giorno dopo un’altra donna, che lavora in banca, come le altre malcapitate, viene ritrovata però oltre ad essere stata addormentata è stata ferita lievemente su tutto il corpo con dei piccoli tagli. Poi capita che un negozio di elettrodomestici venga dato alle fiamme, i primi sospetti si indirizzano sulla mafia, e il cadavere di un uomo viene ritrovato avvolto nel cellofan. “Ma la mafia non avvolge le vittime nel cellofan”. E per finire il corpo di una donna uccisa a calci e pugni viene rinvenuto in una discarica. In mezzo a tutto questo marasma, che comprende anche auto rubate e date, successivamente, alle fiamme; con un testimone che vede l’uomo che ha dato fuoco al mezzo con il volto nascosto da una coppola occhiali da sole ed una sciarpa sulla bocca, in mezzo a tutto questo, dicevamo, il poliziotto tenta di trovare il classico “bandolo della matassa”. Aiutato, anzi direi, con la complicità, degli uomini del commissariato di Vigata; dopo che anche una testimone chiave si è lasciata tradire da uno scambio di persona, riesce a mettere le mani sul vero assassino. Anche questo con un vero e proprio colpo di teatro, di quelli caratteristici di tutti i romanzi riguardanti Salvo Montalbano. Questo libro è molto gradevole, consiglio a tutti la lettura anche per le numerose battute e situazioni divertenti che contiene, a differenza dei classici gialli dove a tenere desta l’attenzione del lettore è la tensione che gli autori riescono a mantenere alta fino alla conclusione. A me non piacciono molto i continui riferimenti all’età che avanza nel protagonista procurandogli alcuni fastidi, però fa tutto parte del (teatrino) creato da Camilleri.
Nei libri dell’autore siciliano le situazioni divertenti, alcune volte, prendono il sopravvento sui fatti di cronaca nera, strappando letteralmente una risata ai lettori. Non inganni neppure il fatto che alcune parole sono scritte in dialetto siculo, perché la lettura risulta ugualmente molto gradevole, e comunque comprensibile, anche per chi non è originario della bellissima isola, porta meridionale d’Europa. Per scoprire il colpevole non vi resta che leggere questo libro!
Antonio Garosi
Dona un’ora del tuo tempo per il volontariato a favore dei disabili visivi. Per farlo chiama il numero 0577 46181
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SPENNELLATE DI CUCINA
Cari lettori,
Durante questo nuovo percorso della mia vita, ho incontrato e conosciuto l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Siena ed il suo presidente Massimo Vita. Da subito è stata sintonia, ci siamo compresi! Da questa “mia nuova visione“ e stimolato dal presidente, è nato il desiderio, di essere parte della stessa, e allo stesso tempo, rendere partecipe, di alcune mie esperienze i membri dell’associazione e chi ci leggerà.
Non ci dimentichiamo che tutti noi siamo apprendisti e insegnanti insieme, con queste spennellate di cucina spero di farvi e far assaporare….. una parte di quello che è stato il mio mondo da chef.
Buona lettura e buon appetito.
La cucina italiana è variegata di mille ricette tra queste ho deciso di parlarvi di un tubero per la sua semplicità e naturalezza e la versatilità delle preparazioni.
La patata
Il tubero non è appariscente, non risalta con colori forti o profumi intensi come quelli di altri ortaggi. L’intensa carriera della patata inizia negli altopiani andini di Perù, Bolivia, Ecuador e Cile. Vennero portata in Europa intorno alla fine del 1500 dagli spagnoli e poi si diffuse lentamente in tutto il mondo e in particolare modo in Cina, Giappone e nei paesi islamici.
In Europa la diffusione della coltivazione di patate per scopi alimentari avvenne lentamente a causa della diffidenza per ciò che nasce sotto terra e per dei casi di intossicazione. Le patate divennero un cibo consumato dalla popolazione in seguito alla povertà causata dalle guerre e dalle carestie del XVII e XVIII secolo.
In Russia e in Polonia le patate, insieme ad altri cereali, sono utilizzate per produrre una bevanda superalcolica tradizionale: la vodka.
Le patate fanno bene perché contengono: molte vitamine C, B1, B2, B3, B6 e minerali come potassio, ferro, magnesio e fosforo.
Un basso contenuto proteico e di grassi.
Dal punto di vista dietologico, pur essendo ricche di amido, contengono meno calorie del pane e della pasta.
La classificazione delle varietà di patate è fatta in base alla caratteristica della polpa: soda in quelle a pasta gialla e per questo più adatte per insalate, fritture e cotture in cui il tubero sia intero o a pezzi; farinosa in quelle a pasta bianca e per questo più adatta in tutte quelle preparazioni dove viene sfarinata durante o dopo la cottura come purè e crocchette.
Per molti di noi la patata fin dalla prima infanzia significa solo patatine fritte, purea e patate lesse. Ma la patata può rappresentare un appello alla fantasia del cuoco al dono dell’improvvisazione. Oltre che nei modi comuni la patata può essere preparata nelle modalità più disparate fino ad arrivare ad raffinatissimi piatti con caviale, salmone orate ecc.
FETTINE DI ARISTA ALLA GRIGLIA CON PATATE ALLE ERBE
4 fette di arista alte circa 2 cm, 4 patate medie
rosmarino, salvia, timo, sale, pepe.
Fate un trito delle spezie. Lavate le patate farle a fette alte come l’arista.
Insaporite con il tritato salare scaldare bene la griglia e cuocere.
INSALATA DI PATATE CON FETA E OLIVE NERE.
1 kg di patate, 1 cipolla bianca, rosmarino, pomodori, 200 g feta, 100 g olive, olio, sale, pepe, aceto, 1 tuorlo d’uovo
Lessare le patate pelarle tagliarle a cubetti e così anche i pomodori. In padella rosolare la cipolla con olio finemente tritata. Sbattete il tuorlo dell’uovo aggiungendovi poco alla volta olio e aceto creare una maionese aggiungere alle patate insieme al resto degli ingredienti
ORATA CON PATATE AL FORNO
un orata di circa 500 g, patate, aglio, rosmarino, salvia, sale, pepe, olio.
In una teglia mettete l’orata con le patate tagliate a piccoli spicchi condite con olio e tutti gli aromi preriscaldate il forno. Infornate a 180 per 20 minuti.
PATATE ALLA PROVENZALE
1 kg e mezzo di patate novelle, 6 cucchiai di olio d’oliva, 50 g di burro, 3 rametti salvia, 3 rametti maggiorana, 2 cucchiaini zucchero, sale.
Se possibile non sbucciarle ma lavarle in acqua corrente asciugarle. Riscaldare l’olio in tegame e rosolare le patate, aggiungete il burro le spezie e il sale portate a cottura mettere lo zucchero caramellare e servire.
Fabrizio Mazzieri
SPORT PER TUTTI
I campioni italiani dell’U. I. C.I. di Siena
La nostra socia Maria Salaris ha vinto la medaglia d’argento nella categoria Assoluti Visually Impaired femminile, partecipando alla XXVIII edizione dei Campionati Italiani Targa Para-Archery che si sono tenuti l’11 e il 12 luglio a Padova presso l’impianti sportivi Comunali “Filippo Raciti”.
Maria è una cieca ventesimista che pratica il tiro con l’arco da 3 anni allenandosi nella Mens Sana – Arcieri Senesi grazie alla realizzazione, qualche anno fa, di un importante progetto sociale che ha permesso anche ad altri soci di allenarsi e raggiungere buoni risultati.
Vi state chiedendo come sia possibile che un disabile visivo pratichi uno sport di mira come il tiro con l’arco?
In realtà questa è un attività fisica che può essere praticata a qualsiasi età, che non richiede particolari doti fisiche in quanto è l’attrezzo sportivo (l’arco) ad essere calibrato sulla base delle caratteristiche fisiche dell’atleta e adatta anche a persone con disabilità fisiche e sensoriali.
I non vedenti possono praticare il tiro con l’arco in quanto la mira, dunque la vista, da sola non garantisce di centrare il bersaglio; determinanti sono anche la corretta esecuzione della sequenza di tiro e l’allineamento scheletrico. Un buon tiro con l’arco ha bisogno di: coordinazione, equilibrio, di controllo dei segmenti scheletrici e capacità di concentrazione. Partendo da questa ottica si può ribaltare la prospettiva in cui siamo abituati a ragionare, venendo meno la vista, bisogna sviluppare gli altri elementi e per farlo ci vorranno sicuramente dei tempi di apprendimento più lunghi.
In Italia ci sono molte scuole di tiro con l’arco per non vedenti e ognuna di essa ha adottato delle tecniche diverse che si differenziano per il numero ed il tipo di “ausili” da utilizzare per l’esecuzione del tiro.
Fotografia
Nella fotografia Maria Salaris mentre viene premiata dal Presidente Nazionale della Federazione Italiana Tiro con l’Arco Mario Scarzella.
Anche quest’anno gli atleti della società sportiva “Se mi aiuti ballo anch’io” si sono fatti onore ai recenti “Campionati Italiani di danza sportiva 2015” che si sono tenuti a Rimini dal 6 al 12 luglio. Ecco i risultati:
BALLO DA SALA (valzer lento, tango, fox trot e mazurca) – Categoria minorati della vista
1° – Scheila Soprani e Roberto Erodiani,
2° – Borghi Mario e Iliana Belfiori
3° – Rosanna Zanchi e Falsetti Ermelindo
4° – Maria Pia Chechi e Petreni Maurizio
5° – Luciana Massari e Fabio Zeppi.
COMBIMATA NAZIONALE (mazurca e fox trot) – categoria minorati della vista
1° – Francesca D’amico e Marco Urciolo
2° – Mario Borghi e Iliana Belfiori
3° – Scheila Soprani e Roberto Erodiani
4° – Rosanna Zanchi e Ermelindo Falsetti
5° – Maria Pia Chechi e Maurizio Petreni
6° – Luciana Massari e Fabio Zeppi.
L’associazione “Se mi aiuti ballo anch’io” è nata a Siena nel 2008 da un idea di Roberto Girolami, Tecnico Federale e Responsabile dei non vedenti per la Federazione Italiana Danza Sportiva (FIDS), ipovedente e campione regionale e nazionale di danze latino-americane e danze standard. L’associazione ha svolto la sua attività presso gli impianti sportivi della Mens Sana e i locali del Circolo A.r.c.i. di Fontebecci.
Il gruppo è guidato da un insegnante di ballo e ogni coppia è formata da un non vedente o diversamente abile e un tutor. Questo ruolo è ricoperto da dei volontari, ballerini professionisti abilitati. Il suo scopo è quello di divulgare la cultura della danza sportiva nel mondo dei non vedenti e dei diversamente abili. La danza, da sempre, oltre ad essere portatrice di benessere fisico e psichico, è anche un mezzo per socializzare e fare amicizie.
Ringraziamo questi atleti che onorano la città di Siena e la sezione U.I.C.I. per averci dimostrano che con l’impegno e la determinazione si possono ottenere grandi risultati.
Maria Grazia Marchi
Sogni, speranze e idee: pensieri in libertà ad alta voce
Esprimere i propri pensieri in libertà e ad alta voce, non è né facile né scontato ma se si riesce a compiere questo difficile esercizio intellettuale ci si sente davvero liberi. Io spesso ci provo e non so se ci riesco ma il giudizio in merito spetta a chi mi conosce e giudica. Sono spesso definito difensore delle pubbliche amministrazioni e da queste sono definito rompi scatole e polemico ma forse la verità, come al solito, sta nel mezzo.
Sento sia giusto difendere i diritti delle persone più deboli e dare voce a chi voce non ha anche se questo spesso risulta esercizio molto pericoloso.
La polemica che ho posto in essere rispetto alla iniziativa della fondazione MPS, ad alcuni è sembrata eccessiva, ad altri fuori luogo e ci sono stati assordanti silenzi. Rispetto le posizioni diverse dalla mia ma non sopporto il silenzio di chi in quella situazione era certamente più danneggiato di me e della categoria che rappresento. Comunque anche questa polemica è passata quasi inosservata perché nella nostra società vi è poco spazio per il dibattito sui diritti. Questa volta non si può dire che la stampa non abbia prestato ascolto ma era legittimo attendersi una presa di posizione di chi si occupa di sociale e di chi spesso specula politicamente su questi temi. Forse non si deve disturbare “Mamma Fondazione”.
Un altro tema che stimola i sogni, le speranze e le riflessioni ad alta voce, è il dibattito sulla riforma del sistema scolastico. Ancora una volta ci siamo divisi tra bianchi e neri e questo ci ha impedito di sviluppare un vero dibattito sui contenuti della riforma e sulle questioni più rilevanti.
Io mi soffermo sulla questione dell’integrazione scolastica per esprimere la mia delusione rispetto a una riforma che non porta significative novità e che, soprattutto, non compie una riflessione seria su quanto è accaduto in questo paese in materia di integrazione scolastica. Non si è detta tutta la verità; non abbiamo avuto il coraggio di affermare che la scuola e il sistema paese ha fallito sull’educazione e la formazione dei disabili.
Abbiamo voluto scolarizzare ogni tipo di disabile e questo ha portato all’impoverimento culturale dei disabili. Anche in questa materia sono considerato un retrogrado perché mi si inquadra tra coloro che vogliono aprire nuovamente gli istituti o le classi differenziali. In realtà, essendo vissuto per sei anni in istituto, so cosa sono e quali errori hanno compiuto. Io vorrei un sistema sostenibile sul piano didattico e sul piano economico che sapesse guardare in faccia alla realtà per il bene dei disabili. In conclusione faccio appello a chi legge affinché coltiviate sempre la cultura della libertà intellettuale guardando i problemi dal didentro. Se questo avverrà potremo realizzare il sogno di una società più vera, più libera e più solidale.
Massimo Vita
LAUREA
Il 29 aprile 2015 la nostra socia Rachele Duchini, ha conseguito la laurea in fisioterapia presso la Facoltà di Scienze della salute umana dell’Università degli Studi di Firenze con il massimo dei voti, discutendo una tesi dal titolo: “il kinesiotaping applicato in flessione o in estensione è in grado di influenzare la precisione e la regolarità del movimento isocrono ripetitivo?”
Rachele, con la sua tesi, ha partecipato e vinto il bando di concorso emesso dall’Università degli Studi di Siena per l’attribuzione di due premi di laurea intitolati a “Erica Angelini” per laureati con disabilità presso gli Atenei toscani.
Hai in mente di lasciare una parte del tuo patrimonio in beneficenza?
Considera l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – ONLUS di Siena.
Noi ci occupiamo di chi non vede o vede male e lo facciamo con serietà e qualità perché siamo ciechi e ipovedenti.
Per donare alla nostra associazione basta visitare il sito www.uicisiena.org oppure recarsi da un notaio e indicare nelle proprie volontà testamentarie la nostra associazione curandovi di precisare il nostro nome per intero e la via.
Per donazioni in denaro fai un bonifico su: IBAN IT 95 X 08351 14201 000 000 091 880