Recentemente, presso la prestigiosa sede romana della Fondazione Besso, si è tenuta la presentazione del libro edito da Erickson, intitolato “Storie di scuola”.
Alla predetta iniziativa, organizzata dal CTS di Roma “Edmondo De Amicis”, tra i cui operatori, figurano molti degli autori del libro di cui sopra, chi scrive ha avuto l’onore di essere invitato insieme ad altri esperti di inclusione.
Innanzitutto, con il presente contributo, lo scrivente vuol congratularsi con gli autori per l’ottima fattura del libro, rammaricandosi tuttavia di non averlo potuto leggere autonomamente, in quanto l’opera manca di formato accessibile. Al riguardo, durante la manifestazione, chi scrive ha colto l’occasione per offrire agli autori la propria disponibilità a coinvolgere le Istituzioni Pro ciechi perché trascodifichino il loro pregevole libro in braille, in nero-braille ed in formato elettronico, al fine di renderlo “inclusivo” a 360° e farlo conoscere all’intero mondo della disabilità.
Nel corso del mio intervento, ho sottolineato che diverse pagine di tale significativo testo dimostrano come insistere soltanto sulla centralità del docente per il sostegno non basta e non giova al processo di inclusione scolastica, poiché la deriva verso la delega al solo insegnante specializzato (tra l’altro troppo spesso desolatamente impreparato od inadeguatamente formato) dell’alunno con disabilità rappresenta una delle principali “distorsioni” del nostro attuale sistema educativo.
Il Miur, abbandonando finalmente posizioni “conservative”, dovrebbe invece ritrovare i principi autentici ed originari della “scuola per tutti e per ciascuno, dell’UDL, (Universal design of learning), dell’individualizzazione e della personalizzazione degli insegnamenti-apprendimenti e del “sostegno diffuso” in tutto il contesto, sanciti dall’ICF dell’OMS del 2000, da tutta la nostra legislazione inclusiva e dall’art 24 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
In quest’ottica, come dimostrato d’altra parte dal libro in questione, non si riesce a comprendere come mai un “tesoro inestimabile” di professionalità, di qualità e di “rete” tra il mondo della scuola, le famiglie e le associazioni dei disabili, quale quello dei Centri Territoriali di Supporto (CTS), possa essere stato dimenticato tout court dal Ministero dell’Istruzione e relegato ad “ectoplasmatiche” Scuole Polo dal recente Decreto attuativo della Buona Scuola sull’inclusione.
L’auspicio è che il Miur cambi rotta ed assuma una volta per tutte una visione “strategica” e non solo “emergenziale” sull’inclusione scolastica, rendendo organica al sistema di istruzione e formazione l’azione dei CTS, attraverso ulteriori investimenti in termini di risorse umane e strumentali e la creazione, al loro interno, di sportelli dedicati alle singole disabilità.
Solo l’attenzione alle differenze individuali di tutti gli alunni da parte di tutto il contesto, non considerando più la didattica inclusiva esclusivamente appannaggio del docente per il sostegno e dello studente con disabilità, potrà garantire al sistema scolastico del nostro Paese quel “cambio di paradigma”, raccomandatoci dalla Commissione delle Nazioni Unite il 25 agosto 2016, in occasione dell’esame dello stato di applicazione da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Non abbandoniamo il Centri Territoriali di Supporto, di Gianluca Rapisarda
Autore: Gianluca Rapisarda