Il centralino telefonico e i non vedenti, di Immacolata Di Fiore
Lo scopo di questo articolo è quello di porre all’attenzione del lettore più attento alle problematiche della disabilità un argomento che, con il passare degli anni si è fatto sempre più pressante e riguarda la categoria dei centralinisti telefonici non vedenti, spesso poco considerata o non considerata affatto. Categoria che, se valorizzata per quello che possono e sanno dare i lavoratori che vi operano, è efficiente e produttiva tanto quanto quelle in cui sono impiegati i lavoratori cosiddetti normodotati.
Com’è noto, la normativa vigente (legge 113/85), fa obbligo a tutti i datori di lavoro, sia pubblici che privati, i cui uffici siano dotati di un centralino telefonico, di assumere a tempo indeterminato e senza alcuna discriminazione, personale cieco in possesso di regolare diploma di centralinista telefonico e conseguente iscrizione ad un apposito albo professionale regionale istituito con Legge 14 luglio 1957, n. 594.
A volte questa norma viene disattesa, perché l’assunzione di un centralinista cieco non consente al datore di lavoro di impiegarlo anche in altra attività, ma soprattutto perché la Società italiana per l’esercizio telefonico-SIP (ora TELECOM ITALIA) a cui la legge aveva demandato il compito di comunicare all’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione l’elenco dei datori di lavoro, presso i quali erano istallati centralini telefonici che comportino l’obbligo di assunzione, essendo nel frattempo intervenuta la legge sulle liberalizzazioni, non è più l’unico gestore della telefonia, per cui detto obbligo è venuto a cadere.
A volte, invece, non viene prestata la necessaria attenzione all’ubicazione del centralino telefonico, collocando o nelle portinerie, o nei corridoi, o in locali angusti senza una sufficiente areazione e luminosità, non tenendo conto che l’operato del centralinista telefonico, oltre a costituire nell’immaginario di colui che chiama il biglietto da visita dell’ufficio o dell’azienda, è estremamente delicato e comporta alcuni elementi di riservatezza che andrebbero tenuti in debita considerazione e non certo sbandierati ai quattro venti.
Purtroppo il lavoro del centralinista è un lavoro non facilmente quantificabile, per questo molti datori di lavoro, sia pubblici che privati, tendono ad escluderne gli addetti dai premi incentivanti ed altre indennità, con conseguenze gravi che pongono l’operatore in una oggettiva condizione d’inferiorità rispetto ai lavoratori di altre categorie più facilmente monitorabili. Un tale atteggiamento chiaramente discriminatorio crea negli addetti un senso di frustrazione con gravi conseguenze sia a livello professionale che psicologico.
Per risolvere il problema alla radice sarebbe sufficiente che i responsabili del servizio si convincessero che, prestare attenzione alle loro esigenze personali e alla loro postazione di lavoro, potrebbe rendere più visibili le capacità ed ottimizzare il servizio.
In passato la postazione di lavoro prevedeva solamente la dotazione di un centralino (posto operatore), adattato alle esigenze dei non vedenti, una tavoletta braille con relativo punteruolo e dei fogli di carta per prendere appunti o per trascrivere in braille gli elenchi del personale, ma, con il passare degli anni la tecnologia ha subito una rapida evoluzione per cui si è avvertita forte la necessità di dotarla anche di un computer facendola così diventare una postazione multimediale. Tale strumentazione, insieme agli ausili assistivi esistenti, ha comportato anche un’ evoluzione della professione del centralinista minorato della vista e ne ha aumentato le opportunità di inclusione dei processi lavorativi così come prevedono anche la legge 68/99 ( Norme per il diritto al lavoro dei disabili) ed il decreto ministeriale 10 gennaio 2000 detto anche “decreto Salvi” che prevede l’individuazione di qualifiche equipollenti al centralinista telefonico.
La categoria dei non vedenti comprende sostanzialmente due sottocategorie: gli ipovedenti ed i non vedenti. Tale distinzione si rende necessaria perché i problemi di accesso al computer sono profondamente diversi l’un l’altro: gli ipovedenti, infatti, nell’uso del computer hanno la necessità di servirsi di un monitor come dispositivo di uscita delle informazioni, sfruttando accorgimenti particolari quali software di ingrandimento generale dello schermo, l’aumento della dimensione del font usato o l’impostazione di colori particolari che mettono in risalto quanto appare sul monitor.
I non vedenti invece hanno bisogno di ricorrere a dispositivi diversi dal monitor, quali screen reader che consentono la lettura dello schermo tramite sintetizzatori vocali, o di barre Braille che permettono di leggere con il tatto ciò che appare a schermo.
Per tanto, la postazione di un lavoratore minorato della vista comprende:
1. Un posto operatore adattato con segnalatori tattili o barra braille;
2. Un computer standard;
3. Una tastiera con caratteri ingranditi al fine di consentire all’ipovedente una rapida individuazione delle lettere e dei simboli in essa implementati;
4. Un magnifier (ingranditore), ossia un software capace di ingrandire porzioni dello schermo in modo da adeguarle alle capacità di percezione di un ipovedente;
5. Un ingranditore ottico, che consente all’ipovedente di leggere una lettera, consultare velocemente la pagina di un libro, di un giornale ecc…
6. Uno screen reader, capace di intercettare il tasto sullo schermo, inviarlo ad un sintetizzatore vocale che, servendosi dell’audio del computer, lo trasforma in voce.
7. Un programma di riconoscimento ottico di caratteri (OCR Optical Characters Recognizer), da associare ad uno scanner, che, a sua volta, converte l’immagine della pagina in caratteri di testo inviandoli al computer il quale, mediante uno screen reader o ad un magnifier, le rende fruibili;
8. Uno scanner, sul quale collocare un foglio o una pagina di un libro allo scopo di ottenerne un’immagine digitale che l’OCR intercetta e trasferisce, mediante il computer, alla sintesi o al magnifier per la lettura.
Immacolata Di Fiore