L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti riunisce gli “stati generali” e rilancia il tema del lavoro
Finalmente il tema del lavoro di nuovo al centro dell’attenzione!
Il lavoro che è “luce che ritorna”.
Il lavoro che cambia il senso dell’esistenza dei ciechi e di tutte le persone con disabilità.
Il lavoro che, prima ancora di essere fonte di reddito, è sempre stato ed è per noi strumento di riscatto personale.
Quel lavoro e quel Diritto al lavoro, unica, vera risorsa in grado di restituire alle persone con disabilità la propria indipendenza personale, la propria dignità di donne, di uomini, di cittadini, desiderosi di essere uguali tra gli uguali, pari tra i pari.
Noi ciechi non siamo qui a chiedere elemosine e privilegi.
Il tempo delle elemosine e della carità è tramontato da un pezzo.
Oggi è il tempo del lavoro da conquistare come Diritto umano basilare e come strumento di emancipazione civile.
Al Parlamento, al Governo, allo Stato, chiediamo interventi incentivanti a sostegno delle persone con disabilità, per favorirne in ogni modo il collocamento al lavoro.
Al mondo imprenditoriale pubblico e privato, chiediamo azioni significative, improntate al coraggio e alla responsabilità.
Il coraggio di considerare le persone con disabilità non più come un peso, come un fastidio del quale liberarsi al più presto, ma finalmente come una risorsa, come portatori di una forza morale e di una ricchezza interiore che, unite a una competenza professionale indiscussa, sono in grado di contribuire al rilancio dell’economia del nostro Paese, su basi nuove e in forme finalmente degne di una società davvero civile.
Alle organizzazioni sindacali chiediamo attenzione e sostegno perché i luoghi di lavoro siano adeguati e le condizioni lavorative confacenti. Perché innanzitutto i colleghi sappiano accogliere i lavoratori con disabilità senza pregiudizi e senza prevaricazioni.
Ai nostri fratelli delle federazioni rappresentative delle persone con disabilità chiediamo uno sforzo collettivo unitario, basato su vincoli e princìpi di reciproca solidarietà e di mutua considerazione.
Non sarà, infatti, togliendo ai pochi che si affermerà il diritto sacrosanto dei tanti.
Solo la saldatura di un grande fronte della solidarietà sociale al quale tutte le associazioni aderiscano con convinzione e in seno al quale tutti possano ritrovare dignità e rappresentatività, ci consentirà di essere interlocutori credibili e affidabili dello Stato, del Governo, del Parlamento, delle forze economiche, della società civile.
Il lavoro oggi è un’emergenza, tanto maggiore quando si parla di persone con disabilità, rispetto alle quali esso rappresenta una vera e propria questione sociale. Una questione sulla quale va tenuta viva l’attenzione generale, va sollecitata la responsabilità politica a ogni livello, per creare quei nuovi sbocchi occupazionali, per restituire la dignità e il senso del vivere a centinaia e centinaia di migliaia di persone con disabilità.
Ai presidenti nazionali di FAND e FISH lancio dunque una proposta e un appello:
troviamo e coltiviamo forme unitarie di azione comune, che sappiano vedere oltre le inutili gelosie corporative, i particolari interessi della piccola bottega, le penose prevaricazioni personalistiche.
Facciamo del tema del Diritto al Lavoro la base di un processo unitario che potrà portare solo frutti positivi.
Da quando sono presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, quasi tutti i giorni mi domando per quale ragione esistono e agiscono due grandi federazioni rappresentative delle persone con disabilità.
Personalmente non sono ancora riuscito a trovare una sola ragione convincente di questa separazione.
Personalmente desidero coltivare il sogno di una sola, grande Federazione che, un giorno non lontano, possa riunire tutte le persone con disabilità e tutte le loro associazioni sotto l’unica bandiera della solidarietà sociale.
Accanto alla parola chiave
“mai più su di noi, senza di noi!”,
proviamo ad aggiungerne un’altra, tutta nostra:
“mai più tra di noi senza unità!”.
Mario Barbuto
Il lavoro fa per me! Napoli – 11-12 giugno 2015, di Mario Barbuto
Autore: Mario Barbuto