Proposte per la definizione degli orientamenti programmatici del XXIII congresso dell’UICI in tema di Anziani e Politiche Intergenerazionali, elaborate nel convegno “Quali idee? Su quali gambe?”(Napoli, 15-16 novembre 2014), promosso dal movimento Uicirinnovamento.
All’elaborazione del presente documento hanno partecipato: Graziella Zuccarato, Franca Secci e Angelo Fiocco.
Che le persone over 60 con deficit visivo costituiscano la maggioranza dei ciechi e degli ipovedenti è noto da tempo, come lo è il fatto che la proporzione è destinata a crescere con l’aumentare dell’aspettativa di vita. Ciò autorizza a formulare tre considerazioni sostanziali:
1. in futuro si renderanno sempre più necessari interventi di ordine socio-assistenziale che, oltre al mantenimento del benessere psicofisico individuale, pongano attenzione alle esigenze connesse alle specificità di questo deficit;
2. poiché, allo stato delle cose, le istituzioni pubbliche faticano a trovare risposte soddisfacenti a dette esigenze, le associazioni e il terzo settore sono e saranno chiamati ad elaborare forme di supporto capaci di integrarsi con quelle eventualmente attuate dai servizi territoriali e di sopperire alle carenze istituzionali laddove esse si riscontrino.
Chi coordina da anni i soggiorni estivi per anziani organizzati dall’U.I.C.I. osserva che, sebbene il maggior numero dei partecipanti risieda in famiglia, essi collocano al primo posto tra i disagi avvertiti il senso di solitudine e di isolamento vissuti nella quotidianità e che il malessere che ne deriva è destinato a condizionare enormemente l’invecchiare di quanti non vedono o vedono male, determinando ricadute negative sull’autostima e, alla lunga, sulle motivazioni a vivere.
Iniziative quali quelle appena menzionate sono indubbiamente lodevoli, perciò vanno a nostro avviso incoraggiate e sostenute secondo criteri di priorità, tuttavia dobbiamo essere consapevoli che esse rappresentano una “goccia” nell’oceano dei bisogni e che occorre inventare dei percorsi di aiuto e di autoaiuto basati sulla continuità, anche avvalendosi della consulenza di specialisti.
La terza considerazione di cui in premessa riguarda le persone a tutt’oggi impegnate da quasi una vita nella dirigenza Associativa: esse non sono immuni dalle limitazioni che l’invecchiamento esercita su tutti gli individui, tra le quali figura il modificarsi più o meno sensibile della percezione del sé in relazione al corpo sociale di appartenenza.
A fronte di tale constatazione e della necessità che l’Unione riacquisisca le energie e l’autorevolezza dei tempi migliori, il riferimento alle politiche intergenerazionali ci pare ragionevole. Certo il tema impone approfondimenti assai più ampi di queste scarne riflessioni, nondimeno l’ipotesi da cui riteniamo si debba partire è che i dirigenti meno giovani, fermo restando il loro diritto-dovere di rendersi utili, comincino a trasmettere nei fatti ai più giovani le tante competenze accumulate durante la militanza nell’Associazione, incoraggino questi ultimi ad assumere in prima persona responsabilità precise e li affianchino con la loro esperienza, continuando così a rendere comunque servizio ai ciechi e agli ipovedenti.