“Un insegnante per essere tale deve avere l’abilitazione in qualche cosa che occorre “insegnare”. Ci troveremo quindi in classe con un insegnante vero… e un insegnante di sostegno che non è un insegnante perché non è abilitato all’insegnamento di nulla. Per agire bene in classe occorre invece rispettare e favorire ciò che la 104 afferma: l’insegnante di sostegno assume la contitolarità”. Come può accadere questo se l’insegnante di sostegno non è… un insegnante?”.
È questa una delle critiche del mondo accademico alla proposta di legge FAND/FISH che noi respingiamo.
L’esperienza di questi 40 anni di integrazione ci ha dimostrato che questo ragionamento può valere per la scuola primaria, ma non regge per la secondaria.
Nella secondaria il docente di sostegno può avere l’abilitazione per una classe di concorso, ma si trova ad essere “contitolare” con docenti di discipline diverse dalla sua ed allora in che cosa si può concretizzare la sua “contitolarità”? Non certo in riferimento alle competenze disciplinari, ma unicamente in relazione alla sua specializzazione nei confronti della disabilità. La difficoltà nell’esercizio della “contitolarità” aumenta quando si passa dalla secondaria di primo a quella di secondo grado, dove gli apprendimenti disciplinari diventano sempre più specifici, ed allora, nella difficoltà di sviluppare un percorso inclusivo, si assiste alla crescente delega dell’alunno disabile al docente di sostegno ed al suo progressivo isolamento dal contesto della classe che, sempre più spesso, si concretizza nelle attività svolte nell'”aula di sostegno”.
Questo avviene ora e non è, come sostiene il prof. Ianez, che la costituzione di uno specifico ruolo per il sostegno rappresenti una “prospettiva separante e sbagliata, fondamentalmente perché consolida e rende strutturale la divisione tra “insegnante normale” e “insegnante speciale”, favorendo meccanismi di delega, ma viceversa, come vedremo, la nostra PDL li elimina.
Siamo tutti d’accordo che per una scuola inclusiva occorre una maggior specializzazione dei docenti, ma lo siamo altrettanto, nel pensare che non è possibile una specifica specializzazione di tutti i docenti e la conseguente eliminazione del docente di sostegno.
Da queste considerazione muove la nostra proposta di legge mirata a fornire ai docenti titolari delle discipline una formazione, di base e continua, che li formi ad un corretto approccio educativo-relazionale con l’alunno disabile che li faccia capaci di farsene responsabili dell’insegnamento disciplinare con il supporto sul piano metodologico del docente di sostegno, prevedendo per questi ultimi una specifica specializzazione.
Specializzazione questa che non può essere solo “generale”, ma deve far riferimento a conoscenze didattiche e competenze tecnico-metodologiche efficaci in riferimento alle specifiche disabilità, solo così la “contitolarità” potrà essere reale.
Il ruolo di questo docente, esperto in “metamodelli inclusivi” non è quello dell’educatore, come sostengono i critici della proposta, ma quello di docente specializzato, progettista ed attuatore di percorsi formativi, sviluppati e realizzati in contitolarità con i colleghi titolari delle discipline, ma può anche essere quello di “figura obiettivo” e di mediatore didattico per l’inclusione capace di contribuire allo sviluppo di un POF inclusivo.
La funzione docente per essere efficace ha bisogno di due competenze: quella disciplinare e quella metodologico-didattica, quando, in presenza di “complessità educative”, il suo esercizio richiede la contitolarità di due docenti affinché tale contitolarità sia reale, è necessario che i due insegnanti siano portatori di specifiche competenze complementari.
Queste le riflessioni che ci hanno portato a valutare la necessità di una classe di concorso che prescindesse dal disciplinare, ma si fondasse sulle competenze metodologiche e didattiche capaci di garantire un insegnamento inclusivo.
In tal modo, contrariamente a quanto sostenuto da molti, viene meno la possibilità della delega: chiarito che gli insegnamenti disciplinari sono di esclusiva competenza del docente di classe, egli non può più delegare la sua funzione di insegnante nei confronti dell’alunno disabile, sua resta anche la responsabilità dell’apprendimento e della valutazione nei suoi confronti, così come per tutti gli altri.
Allo stesso modo affermare che la figura di uno specializzato esperto in metamodelli inclusivi di apprendimento, didattica, metodologie e tecniche per l’insegnamento non possa essere considerato un vero docente, è difficile da sostenere che proprio lui supporti la classe e l’intera scuola, nelle capacità di fornire insegnamenti inclusivi.
Respingiamo anche la tesi secondo la quale la nostra proposta sarebbe dettata dai bisogni delle famiglie e non terrebbe conto delle necessità dei docenti: la formazione di tutti i docenti sulle tematiche dell’inclusione, la specializzazione dei docenti per il sostegno (che personalmente tornerei a chiamare specializzati) e la creazione della specifica classe di concorso, definendo con chiarezza i compiti e le competenze, metteranno l’alunno alla pari con i compagni nel rapporto con i docenti e daranno una nuova dignità al ruolo di sostegno mettendolo al servizio della classe e della scuola per lo sviluppo di un sistema scolastico veramente inclusivo e non al “servizio” del ragazzo con disabilità sostituendosi ai docenti di classe.
Istruzione: I mezzi da noi proposti non sono sbagliati, di Luciano Paschetta
Autore: Luciano Paschetta