Presentazione candidatura nella lista di Mario Barbuto di Annamaria Palummo
Parlare in ordine alla propria individualità nell’aulico contesto del XXIV Congresso Nazionale della nostra amata e centenaria Associazione, è arduo e, allo stesso tempo, eccezionale: in primis, perché il racconto è chiamato ad assumere i connotati della coerenza, dell’efficacia e della linearità; e, poi, perché inerentemente alla celebrazione del congresso e alla definizione del programma per il prossimo quinquennio, nonché relativamente allo spirito di squadra, di più, al legame morale e solidaristico, in cui l’Unione trova la propria forza e la propria unicità, la mia persona e le mie aspirazioni si devono coniugare, integrare, fondere con la mission rappresentativa e rivendicativa in cui si sostanzia la nostra centenaria vicenda associativa; aspirazioni, che, per quanto mi riguarda, devono trovare quale sbocco naturale l’impegno e il servizio, attraverso cui mettere a frutto i tratti propositivi che mi inducono a offrire il mio contributo all’opera del nostro sodalizio e che, sinteticamente, è possibile evincere da queste poche righe.
Aver ricoperto ruoli dirigenziali a ogni livello, come Consigliere della sezione di Cosenza, come Consigliere e Presidente dell’UICI calabrese e, nell’ultimo quinquennio, come Consigliere nazionale, mi ha fornito gli strumenti per comprendere bene e a fondo l’organizzazione, nonché la possibilità di acquisire conoscenze e competenze utili allo sviluppo di dinamiche positive nelle relazioni con i soci e con le istituzioni e nella definizione delle posizioni del gruppo dirigente emerse nelle varie occasioni di confronto e incontro a cui, di volta in volta, ho partecipato.
Invero, l’appartenenza, la realtà dell’appartenenza, è un capitolo centrale della mia storia individuale: intendo, ovviamente, l’appartenenza al mondo dei disabili visivi, che mi ha permesso di sviluppare una sensibilità e una specificità marcate, rispetto alla volontà di addivenire alla conoscenza dell’altro, inteso come persona presentante esigenze speciali; una conoscenza mirata alla comprensione delle esigenze specifiche e, quindi, all’aiuto, traente linfa nelle competenze e nelle conoscenze che ho acquisito nel tempo; competenze e conoscenze che io voglio adoperare sul campo, volgendo il lavoro verso proposte risolutive e indicative, in merito a possibili percorsi orientati alla soluzione, o quantomeno ad una prospettiva risolutiva, delle criticità connesse alla disabilità visiva. Semplificando, credo che l’azione motivata verso gli altri sia frutto di un amore smisurato verso la vita e il rispetto di essa, in ogni circostanza.
Il livello motivazionale è la base per programmare la nostra azione sociale. Io, nel piccolo del mio percorso, ho cercato sempre di mettere al centro la responsabilità, relativamente al ruolo assunto, tanto che, nella sequenza delle azioni svolte singolarmente o collegialmente, ho costantemente seguito la stella polare del già citato spirito di servizio, delle aspettative altrui; la stella illuminante il bisogno interiore che mi agita e, nel contempo, rasserena, è quella di confermare attenzione e disponibilità verso le categorie potenzialmente svantaggiate.
Come coordinatore della commissione nazionale servizio civile e servizi ai soci, ho avuto l’opportunità di conoscere le aspettative e le necessità, inerenti alla summenzionata sfera di riferimento, riguardanti tutto il territorio nazionale, non solo la mia Calabria, riuscendo ad avere riscontro delle criticità legate ai progetti locali e alle tensioni naturalmente scaturite dalle relazioni volontari/soci. Di fronte a me e ai colleghi della commissione si è configurata una sfida: entrare nelle varie dinamiche critiche, spesso di natura burocratica, con attenzione, competenza, collaborazione, dando, laddove possibile, indirizzo e sostegno all’ufficio nazionale e ai responsabili di progetto. È stato un banco di prova difficile ma stimolante, con i nostri associati e i giovani volontari che sono entrati in sintonia rispetto al nostro orientamento operativo e dove il lavoro dirigenziale ha avuto come risultato quello di migliorare, di chiarire il piano di azione futura; almeno per me è stato così. In questa area di intervento un appuntamento che ci ha resi protagonisti è stato il premio BRAILLE, che ho avuto l’onore di consegnare ai giovani volontari nel dicembre del 2018, sul proscenio dell’Auditorium della Conciliazione, a Roma.
Per il resto, ci sono ancora da risolvere i problemi legati a una progettazione rispondente in forma più incisiva alle necessità dei nostri soci e al recepimento, da parte del dipartimento delle politiche giovanili, di tale basilare esigenza, in quanto a livello periferico il servizio civile spesso è considerato uno dei servizi di aiuto essenziale.
A questo punto è opportuno focalizzare l’attenzione su di me, in particolare su come si è coniugata la mia vita professionale con l’Unione: questo è il secondo capitolo da narrare, partendo dalla formazione universitaria, indirizzata verso le Scienze Economiche e Sociali, costituente il substrato di partenza. L’esigenza di dimostrare l’interesse per gli studi e le dinamiche sociali mi ha portato fin da giovane a impegnarmi in politica ricoprendo, dall’età di 26 anni, per quasi un lustro, il ruolo di Assessore alle politiche sociali nel mio piccolo comune di residenza, Cerisano; inoltre, nell’azienda in cui sono stata assunta, tramite il collocamento mirato, sono riuscita a fare carriera utilizzando tutti gli ausili assistivi necessari alla mia ipovisione, arrivando a svolgere il ruolo di consulente specialistico di front office, nonché il ruolo di dirigente sindacale e di rappresentante per la sicurezza. Insomma, tante esperienze, tante mansioni, che svolgo tuttora e che, in 20 anni, mi hanno dato l’opportunità di conoscere ogni ambito e ogni aspetto di natura relazionale con l’azienda e con i lavoratori, sia in termini contrattuali, sia sotto l’aspetto della conciliazione e delle politiche attive per l’inserimento. Il costante aggiornamento sui temi della sicurezza e della contrattazione mi ha reso forte e intraprendente nelle dinamiche relazionali con diverse istituzioni, fornendomi, anche all’interno della nostra Associazione, chiavi di lettura di tutti i processi sociali e politici dirimenti. Una dimensione lavorativa intensa e soddisfacente, in cui trova posto anche l’insegnamento, prestato in seno ai Corsi specialistici in tiflopedagogia, riservati agli aspiranti insegnanti di sostegno, curati dall’Università della Calabria e che tanta soddisfazione mi riservano rispetto alla mia voglia di sensibilizzare il mio prossimo sulla bellezza del dare a tutti la possibilità di una vita appagante in ogni ambito esistenziale.
Questo è il compendio di ciò che sono… Sono certa che insieme potremo continuare a lavorare bene, anzi, potremo fare sempre meglio: del resto, l’esperienza polivalente acquisita con i ruoli e con la curiosità intrinseca alla mia formazione e alla mia crescita personale, resa più fervida dal legame sentimentale con una persona eccezionale, qual è mio marito Pierfrancesco, che, in virtù di una non comune sensibilità non disgiunta da una cultura vastissima, ha totalmente abbracciato la mia condizione e il mio impegno associativo, possa intersecarsi proficuamente con il programma del Presidente Mario Barbuto e con l’esigenza di mettere la nostra associazione al centro delle dinamiche istituzionali nazionali ed europee. L’UICI deve aprire il nuovo centenario con la prospettiva di sedimentare le conquiste e con la convinzione di aprirne di nuove verso gli ipovedenti, che fanno parte del nostro acronimo ma anche della mappa dei nostri bisogni, e verso i pluriminorati che hanno esigenze multiple, verso le quali va attivata tutta la nostra energia e la nostra passione.
Ovviamente, i grandi temi legati all’inclusione, quale autonomia, scuola e lavoro, ci devono rendere tutti, candidati al consiglio nazionale e dirigenti territoriali e regionali, uniti e appassionati nel declinare le nuove esigenze, oltre che attrezzati ad affrontare le nuove sfide: in ultima analisi, alla fine, o meglio, all’inizio di ogni nostra battaglia, a partire da quelle per la vita intraprese dai nostri predecessori e padri fondatori, deve spiccare la voglia di essere protagonisti di una Storia che è fatta da ognuno di noi, dai bisogni comuni, dal sogno dell’autonomia e dell’indipendenza valicante il limite, tenendo sempre presente che, come sottolineo spesso, sacrificio e impegno della felicità sono il segno, sono la strada per trovare, con forza, la luce nelle aurore che non si vedono ma che, in ogni caso, ci spingono verso orizzonti nuovi, verso altri cento anni di futuro.
Cerisano 15/10/20
Dott.ssa Annamaria Palummo