Sono ancora molte le problematiche che le persone con disabilità visiva devono affrontare, una di queste i falsi miti da sfatare.
Per parlare realmente di inclusione, ecco un vademecum sui temi positivi che non si conoscono sulla cecità, dall’amore allo sport al lavoro
Roma, 12 dicembre 2017 – Meglio chiamarli ciechi o non vedenti? Possono praticare sport? Falso cieco mandava SMS… Sono domande che ancora ci facciamo e titoli di giornali che ancora leggiamo, perché nell’immaginario collettivo il binomio cieco – vita autonoma è difficile da immaginare in un ambito scolastico, lavorativo, sportivo, ma anche in quello affettivo.
Sono oltre 300 mila i ciechi e circa 1 milione e mezzo gli ipovedenti che oggi in Italia vivono la loro esistenza incontrando ancora molte difficoltà. Per questo la ricorrenza di mercoledì prossimo, la Giornata Nazionale del Cieco rappresenta per l’UICI un’occasione per promuovere la diffusione della cultura dell’accessibilità e dell’inclusione sociale, nonché per fare chiarezza su alcuni luoghi comuni che accompagnano le persone cieche e ipovedenti. A partire dall’espressione con cui definirle.
Il linguaggio: cieco o non vedente o privo della vista?
Dire non vedente invece di cieco non cambia la realtà di chi vive una situazione di minorazione sensoriale, né contribuisce a ridurre lo svantaggio potenziale dovuto alla minorazione. È per questo che l’associazione da sempre si chiama Unione Italiana Ciechi (e ipovedenti). Più che ricorrere ai giri di parole è fondamentale garantire a tutti uguali diritti e pari opportunità.
A scuola: studenti non geni
Capita ancora oggi di leggere la celebrazione del successo di una studentessa non vedente che si è laureata. La laurea di una persona non vedente fa ancora notizia? Uno studente con disabilità visiva, se messo nelle condizioni giuste, può seguire un normale iter scolastico senza per questo essere un fenomeno.
Tecnologia: falso cieco mandava SMS
Le nuove tecnologie hanno decisamente migliorato la vita delle persone con disabilità visiva. Un cieco può facilmente leggere e inviare un sms, scrivere una mail, navigare su internet, e molto altro. E lo può fare in totale autonomia grazie all’utilizzo di software accessibili che permettono per esempio, la riproduzione vocale dello schermo. Se il criterio per individuare un falso cieco è l’uso di uno smartphone, non ci siamo.
Mobilità: accompagnati, ma anche no!
Autonomia, tra le molte cose, vuol dire poter uscire di casa da soli, con l’ausilio del bastone bianco o del cane guida, prendere un autobus per andare al lavoro o al cinema (sempre che nelle città ci siano gli indicatori sonori alle fermate e ai semafori), e non sempre e solo farsi accompagnare. E’ necessario ovviamente essere dotati di un buon senso dell’orientamento e per questo si possono frequentare corsi specifici.
Lavoro: non solo centralinisti
Il lavoro come diritto e come opportunità è l’unica strada da percorrere per una vera emancipazione civile e per un’effettiva indipendenza delle persone con disabilità visiva. Ma oggi in Italia per i ciechi e gli ipovedenti il lavoro è diventato un’emergenza assoluta: sono oltre il 75% le persone con disabilità visiva disoccupate o in cerca di occupazione, una percentuale che aumenta ulteriormente se si parla di giovani. Le professioni che i ciechi possono praticare non sono solo quelle di centralinista o massofisioterapista, ma se un lavoratore con disabilità visiva ha a disposizione gli strumenti necessari, può svolgere molte più professioni qualificate di quelle che ci si immagina.
Sport: anche il tiro con l’arco
L’attività sportiva è ancora più importante per una persona con disabilità visiva. E’ fondamentale per accrescere l’autostima e le relazioni sociali, per orientarsi e muoversi nello spazio. Oltre agli sport dedicati (torball, calcio a 5, .), i ciechi praticano molte altre attività fisiche: atletica leggera, judo, nuoto, sci di fondo e talvolta anche alpino, tiro con l’arco, potendo annoverare anche atleti paralimpici in alcune di queste discipline.
Affettività: santi o badanti
Se l’uomo che sposa una non vedente è un santo, la donna che sposa un cieco è la sua badante. Passerà la sua vita nuziale nella paziente cura del marito non vedente. Di fronte a questi matrimoni, il gossip è alimentato dalla domanda: ma perché avrà sposato proprio un non vedente? Si amano. Quest’affermazione non è ancora fra le risposte.
Casa: falsa cieca stendeva i panni sul balcone
Una persona non vedente può anche occuparsi, pressoché in autonomia, della cura delle persone e della casa, dei figli seguendoli nei compiti e nei giochi, cucinare e svolgere molte altre attività tra le mura domestiche. Non diciamo nulla di nuovo quando ricordiamo l’episodio di una persona non vedente che è stata tacciata come falsa invalida perché “sorpresa” a stendere i panni sul balcone. Non è un falso cieco chi tira fuori la chiave e apre la porta di casa, come non lo è chi pianta un ombrellone sulla spiaggia o stende i panni sul balcone.
“Per chi non ha contatti con persone cieche o ipovedenti risulta ancora difficile pensare a loro come soggetti che lavorano, vanno al cinema e a teatro, hanno famiglia, accudiscono casa, sottolinea Mario Barbuto, Presidente UICI. “In questa ricorrenza diventa importante sottolineare che i diritti dei ciechi sono uguali a quelli di tutti, cambiano solo le modalità con cui vengono esercitate, come per esempio nello studio, che necessita della presenza di determinati ausili affinché questo diritto sia praticabile. Lo stile di vita delle persone cieche e ipovedenti è cambiato significativamente negli ultimi anni soprattutto grazie allo sviluppo della tecnologia, ma questo non è sufficiente a garantire la loro inclusione sociale; per questo è necessaria una trasformazione culturale, che renda la nostra società davvero accessibile a tutti”, conclude Barbuto.