Pluridisabilità, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

Proposte per la definizione degli orientamenti programmatici del XXIII congresso dell’UICI in tema di Pluridisabilità , elaborate nel convegno “Quali idee? Su quali gambe?”(Napoli, 15-16 novembre 2014), promosso dal movimento Uicirinnovamento.

Premessa.
Quello della Pluridisabilità è un tema molto complesso da trattare e spesso, di fronte a situazioni particolarmente drammatiche, ci si sente fortemente impotenti: questa ritengo sia la principale spiegazione del fatto che nessuno ha aderito all’invito, fatto in fase di preparazione del convegno di Napoli dello scorso novembre, di aderire al gruppo di lavoro su tale tematica. Il presente documento è quindi il frutto delle sole riflessioni della scrivente, riflessioni conseguenti al confronto, avuto nel corso degli anni, con persone che si occupano a vario titolo di pluriminorazione.
Data la complessità dell’argomento, non dovendo essere questo un saggio sulla pluridisabilità (che per altro necessiterebbe di pagine e pagine, di una competenza specifica basata su anni di esperienza diretta e, soprattutto, non sarebbe conforme all’obiettivo di questo documento), ho dovuto necessariamente scegliere quale delle tante sfaccettature del problema esaminare.
Come per tutti i disabili visivi, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha la tutela e la rappresentanza di coloro che hanno delle minorazioni aggiuntive al disturbo visivo ed ha quindi il dovere di dare risposta alle loro esigenze e a quelle delle loro famiglie…il punto è capire come fare. Ho quindi deciso di concentrarmi su questo aspetto, facendo un’ipotesi di organizzazione dell’attività dell’associazione in questo campo; organizzazione che, da un lato, riesca a fornire alle persone con pluridisabilità e alle loro famiglie delle risposte sufficientemente esaurienti e supportive e, dall’altro, fornisca un aiuto a coloro che all’interno delle sezioni hanno il compito di occuparsi di queste situazioni (dirigenti, soci e volontari).
I lettore non troverà in questo documento alcun cenno all’aspetto clinico e riabilitativo della pluridisabilità e ciò non solo per la ragione appena esposta, ma anche perché ritengo che l’U.I.C.I. non possa e non debba farsene carico (al di là di quanto già fa attraverso gli utilissimi ed assolutamente irrinunciabili campi scuola dell’I.RI.FO.R.): l’assistenza da un punto di vista clinico e riabilitativo di coloro che, oltre al disturbo visivo, hanno delle minorazioni aggiuntive più o meno gravi necessita di competenze altamente specialistiche che l’Unione non ha e che, al contrario, hanno numerose altre strutture sul territorio italiano, con le quali è fondamentale lavorare in sinergia.

PLURIDISABILITA’

Introduzione.
I genitori dei bambini/ragazzi non e ipovedenti con pluriminorazione vivono quotidianamente il dolore di avere un figlio con disabilità grave e spesso non sono in grado di affrontare da soli questa dolorosa e complessa problematica. In alcuni casi, non avendo gli strumenti necessari per dare delle chiare risposte ai bisogni educativi e riabilitativi dei propri figli, mettono in atto degli atteggiamenti di iperprotezione o di negazione.
Nasce così l’esigenza di offrire a queste famiglie uno spazio di riflessione e confronto dove possano ricevere informazioni e assistenza.
L’U.I.C.I. può raggiungere questo obiettivo generale mediante il lavoro, ben pianificato e programmato, delle proprie Commissioni Pluridisabili (nazionale, regionali e provinciali.

La Commissione Nazionale dovrebbe:
1. organizzare seminari formativi-informativi sul tema (in continuità con quanto si sta facendo in questi mesi);
2. creare una rete di collaborazione a livello nazionale con le altre grandi realtà che si occupano di pluridisabilità (ad es. Lega del Filo d’Oro);
3. monitorare e, ove necessario, supportare l’attività delle Commissioni Regionali).

Le Commissioni Regionali dovrebbero:
1. avere una mappa aggiornata delle strutture che, a vario titolo, si occupano di pluriminorazione sul territorio regionale;
2. creare una rete di collaborazione con le realtà individuate mediante la mappatura di cui al punto precedente;
3. organizzare incontri con i referenti provinciali e con i componenti dei gruppi di lavoro eventualmente operanti nelle sezioni, al fine di:
a. scambiarsi riflessioni ed esperienze;
b. raccogliere problemi e difficoltà incontrati da coloro che hanno il contatto diretto con le famiglie, al fine di cercare, per quanto possibile, di superarli;
c. avere un’occasione di dialogo aa vivo tra il personale U.I.C.I. e gli operatori impiegati nelle altre realtà che costituiscono la rete.
Per implementare interventi veramente utili ed efficaci è di fondamentale importanza realizzare una buona analisi della domanda, che consenta di ottenere una descrizione quanto più approfondita e rispondente alla realtà della regione di riferimento. Per fare ciò, il primo passo non può che essere il dialogo con chi, su quel dato territorio, si occupa quotidianamente di queste situazioni; è importante farlo a livello regionale perché il territorio italiano è vasto ed eterogeneo e ciò che costituisce un problema da affrontare in una area geografica potrebbe non esserlo in un’altra e viceversa.
L’organizzazione regionale, inoltre, rende più facilmente risolvibili i problemi logistico-economici e questo permette di pianificare incontri più frequenti ed il lavoro risulterebbe più continuativo nel tempo e, quindi, di migliore qualità.
L’iniziativa dei seminari per macro aree è sicuramente lodevole e da ripetere, ma, per arrivare davvero al cuore dei problemi, è necessario lavorare in maniera più capillare e, quindi, ad un livello più basso (per l’appunto regionale e non per macro aree); un altro vantaggio derivante da questo tipo di programmazione del lavoro è quello di riuscire a dare spazio anche alle realtà più piccole (cosa che, per ovvi motivi, non si riesce a fare a livelli più alti).

Le Commissioni/I referenti provinciali dovrebbero:
1. collaborare, per quanto di propria competenza, alla mappatura del territorio svolta dalla Commissione Regionale;
2. accogliere e mantenere i contatti con le famiglie (sia con quelle che si sono rivolte direttamente alla sezione, sia con quelle di cui si è venuti a conoscenza grazie al proficuo e costante rapporto con i centri/le cooperative/le associazioni che sul territorio si occupano di assistere le persone con pluridisabilità) al fine di raccogliere le loro necessità, indirizzarle presso le persone e/o i servizi che possano dare loro delle risposte e assisterle, se necessario, nei rapporti con gli enti locali e le istituzioni sanitarie e scolastiche;
3. promuovere incontri periodici tra le famiglie, favorendo momenti ricreativi come occasioni di crescita personale.